Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16114 del 26/01/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 16114 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: TORNESI DANIELA RITA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
EL HAMADI MOHAMED HASSAN nato il 07/05/1980 parte offesa nel
procedimento
c/
AURIOSO ENRICO nato il 22/07/1984 a REGGIO EMILIA

avverso il decreto del 10/09/2015 del GIP TRIBUNALE di RAGUSA
sentita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA RITA TORNESI;
letteísie conclusioni del PG 44 .

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Data Udienza: 26/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto emesso in data 10 settembre 2015 il giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Ragusa disponeva

de plano

l’archiviazione del

procedimento penale iscritto nei confronti di Enrico Aurioso per il reato di cui
all’art. 590 cod. pen. in danno di Mohamed Hassan El Hamadi.

2. Mohamed Hassan El Hannadi propone ricorso per cassazione, a mezzo del

difensore di fiducia, avverso il provvedimento impugnato deducendo il vizio di
violazione di legge per inosservanza di norme processuali, segnatamente degli
artt. 408, comma 3 bis, 127, comma 5, e 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
In particolare il ricorrente eccepisce la nullità del decreto per non essere stato
tempestivamente avvisato, ai sensi dell’art. 408, comma 3 bis, cod. proc. pen.,
della richiesta di archiviazione depositata dal Pubblico Ministero, con conseguente
violazione del diritto al contraddittorio.
Conclude chiedendo la cassazione del predetto provvedimento e la
restituzione nel termine per proporre opposizione alla richiesta di archiviazione.

3. Il Sostituto Procuratore Generale in sede, dott. S. Perelli, ha depositato
requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso con la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre ad una somma in favore
della cassa delle ammende.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. E’ pacifico che la persona offesa Mohamed Hassan EI Hamadi non ha
formulato alcuna istanza di essere informato, ai sensi dell’art. 408, comma 2, cod.
proc. pen. ed invoca l’applicabilità, nel caso in esame, della disposizione di cui al
comma 3 bis della medesima norma.

3. Giova premettere, per i profili di interesse, che il comma 3 bis è stato
aggiunto all’art. 408 cod. proc. pen. dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 che ha
convertito, con modificazioni, l’art. 2, comma 1, lett. g) del d.l. 14 agosto 2013,
n.93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della
violenza di genere.

4

Come è noto tale intervento normativo ha inteso rafforzare, sotto vari profili,
il regime dei diritti e delle facoltà che l’ordinamento riserva alla persona offesa,
anche in adempimento degli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica della
Convenzione di Instanbul del Consiglio d’Europa dell’Il maggio 2011 che descrive
le tipologie della violenza nei confronti delle donne, la violenza domestica e la
violenza di genere e dalla direttiva 2012/29 UE in materia di diritti, assistenza e
protezione della vittima di reato.
Nel descritto contesto il legislatore ha prescritto obblighi informativi rafforzati

dell’avviso della richiesta di archiviazione, a cura del pubblico ministero,
indipendentemente dalla richiesta che, di norma, deve essere fatta nella notizia di
reato o successivamente alla sua presentazione. E’ stato inoltre stabilito un
termine più elevato rispetto a quello ordinario per la presentazione
dell’ opposizione che attualmente, per effetto delle ulteriori modifiche apportate
dall’art. 1, comma 31, lett. b), della legge 23 giugno 2017, n. 103, è di giorni
trenta.

4. Nella prassi applicativa si è posto il problema della individuazione dei delitti
evocati dalla disposizione in esame.
4.1. La Suprema Corte (Sez. Un. n. 10959, del 29/01/2016, Rv. 265893) ha
chiarito che la locuzione «delitti commessi con violenza alla persona» inserita dal
legislatore in sede di conversione del d.l. n. 93 del 2013 in luogo dell’originario
richiamo al solo reato di maltrattamenti in famiglia previsto nella decretazione di
urgenza, deve essere intesa alla luce del concetto di violenza di genere, quale
risulta dalle pertinenti disposizioni di diritto internazionale recepite e di diritto
comunitario e ricomprende, pertanto, i delitti che si estrinsecano in atti di violenza
morale, tali da cagionare una sofferenza piscologica ed emotiva e che si realizzano
con minacce e con atti persecutori.
4.2. Nel percorso interpretativo tracciato dalle Sezioni Unite si pone la
successiva giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, 28/02/2017, n. 11897,
Rv. 269135) che, in base ad una esegesi teleologicamente orientata, ritiene che la
norma trovi applicazione per i soli delitti che si inscrivono in un contesto di
pregresse relazioni tra autore del reato e persona offesa o, comunque,
caratterizzato dall’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità di
quest’ultima.
4.3. Il parametro di riferimento per una corretta interpretazione ermeneutica
dell’ambito applicativo dell’ art. 408, comma 3 bis, cod. proc. pen. si rinviene nella
direttiva 2012/29/UE (cfr. Sez. 2, n. 36167 del 03/05/2017, Rv. 270689 con
riferimento all’art. 299, comma 2 bis, cod. proc. pen.).
2

a tutela delle vittime di reati violenti, con la previsione dell’obbligo di notifica

In particolare la direttiva – al considerando n. 17 – fornisce la nozione di
violenza di genere, definendola come «la violenza diretta contro una persona a
causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere
o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere»; tale
forma di violenza può avere provocato «un danno fisico, sessuale o psicologico, o
una perdita economica alla vittima» ed è considerata «una forma di
discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vittima e
comprende la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale, la tratta di

mutilazione genetica femminile e i cosiddetti reati d’onore».
Il successivo – considerando n. 18) – chiarisce che per violenza nelle relazioni
strette va intesa «quella commessa da una persona che è l’attuale o l’ex coniuge
o partner della vittima ovvero da un altro membro della sua famiglia, a prescindere
dal fatto che l’autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima».
Il tratto comune che unifica tali persone offese è costituito dal fatto che esse
risultano esposte a un concreto pericolo di vittimizzazione secondaria e ripetuta,
di intimidazione e di ritorsioni.

5. Da tale complessiva lettura ermeneutica, coerente con la ratio legís sottesa
alla novella, ne discende che gli atti di violenza alla persona, sia fisica che morale,
devono essere necessariamente intenzionali.
I reati colposi restano, pertanto, esclusi dall’area applicativa dell’art. 408,
comma 3 bis, cod. pen. ( Sez. 4, n. 23137 del 30/01/2017, Rv. 270183).

6. E’ opportuno precisare che l’enunciato principio non si pone in contrasto
con la sentenza di questa sezione n. 40765 del 19/04/2017 ove è stata affermata,
in via del tutto incidentale e senza alcuna effettiva relazione causale con il decisum,
che l’art. 589 bis cod. pen. rientra nell’ambito della disciplina prevista dall’art. 408,
comma 3 bis, cod. proc. pen.
Si tratta chiaramente di un mero obiter dictum in quanto nel predetto caso è
stato disposto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato perché
emesso in violazione dell’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., risultando disattesa
la formale richiesta della persona offesa di essere avvisata della richiesta di
archiviazione.

7. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

3

esseri umani, la schiavitù e varie forme dannose, quali i matrimoni forzati, la

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26 gennaio 2018

Il Consigliere estensore
Da la Rita Tornesi

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Il Presidente

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