Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16112 del 23/01/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 16112 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MICUNOVIC DUSKO nato il 13/02/1951

avverso l’ordinanza del 30/01/2017 della CORTE APPELLO di BARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere SALVATORE DOVERE;
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Data Udienza: 23/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Micunovic Dusko, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata
la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal 26 marzo 2010
al 18 luglio 2011, in relazione al delitto di cui all’art. 74 T.U. Stup., per il quale
era stato prosciolto con sentenza passata in giudicato.
La Corte territoriale ha ravvisato l’insussistenza dei presupposti del diritto alla
riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., in quanto il

custodia cautelare, individuando gli estremi della colpa grave, preclusiva al
riconoscimento dell’indennizzo richiesto. E ciò in quanto, per la stessa sentenza
di assoluzione (per non aver commesso il fatto), il Muconivic aveva avuto un
perdurante ed intenso rapporto, sostenuto da finalità patrimoniali, con tale
Alijevic Nenad, soggetto dedito ad attività di intermediazione nel traffico di
stupefacenti tra Serbia ed Italia; nonché rapporti con Naviglio Cosimo, aventi ad
oggetto una partita di droga. Inoltre, premesso che tali relazioni erano emerse
da una pluralità di conversazioni oggetto di captazione da parte degli inquirenti,
la Corte di Appello ha posto in rilievo il ricorso ad un linguaggio criptico; ed un
aggiuntivo profilo di colpa è stato individuato dalla Corte di Appello anche nel
silenzio serbato dal Micunovic in occasione dell’interrogatorio di garanzia.

2. Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione
degli artt. 314, 127, co. 7, 546 lett. e), 646, co. 3 e 643 cod. proc. pen., nonché
dell’art. 125 cod. proc. pen. e per vizio della motivazione, rilevando che la Corte
di Appello ha omesso di motivare in ordine alla consapevolezza dell’istante circa
il coinvolgimento dei soggetti con i quali si sarebbe interfacciato in traffici di
sostanze stupefacenti, così non considerando che lo stesso Alijevic era stato
assolto in via definitiva dal reato di cui all’art. 74 T.U. Stup.; che egli era stato
presente nella città di Bari in poche occasioni e per breve tempo; che i
verbalizzanti esclusero che egli avesse introdotto droga in Italia; che anche il
Naviglio è stato assolto dal reato associativo, mentre la condanna riportata per il
reato di cui all’art. 73 T.U. Stup. ha ad oggetto fatti commessi nel settembre
2005, ovvero in periodo nel quale non risultano suoi contatti telefonici.

3. L’Avvocatura dello Stato ha depositato ‘Memoria’ nell’interesse del Ministero
dell’Economia e delle Finanze con la quale ha chiesto che il ricorso venga
dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.

comportamento del Micunovic aveva concorso a dare vita all’ordinanza di

4.1. Non erra il ricorrente rimarcando che il rinvenimento di un profilo di colpa
nella frequentazione di soggetti pregiudicati o dediti a traffici illeciti presuppone
ed implica che di tali condizioni il soggetto che richiede l’indennizzo previsto
dall’art. 314 cod. proc. pen. sia consapevole della qualità dei suoi interlocutori.
Data tale consapevolezza, le frequentazioni ambigue – ossia quelle che si
prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità quando non sono giustificate da rapporti di parentela e sono poste in essere con
la consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, possono dare

riparazione stessa (Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013 – dep. 14/01/2014, Calo’, Rv.
258610).
4.2. Tuttavia non coglie il segno, il ricorrente, quando ascrive alla Corte di
Appello di non aver motivato in merito all’esistenza di una simile consapevolezza.
Infatti, citando passi della sentenza di primo grado – già di assoluzione
dell’imputato – la corte territoriale ha posto in evidenza come il rapporto tra il
Micunovic e l’Alijevic fosse un rapporto gerarchico nel quale il primo disponeva
del secondo; come tale rapporto avesse ad oggetto il recupero di somme di
denaro, che quel giudice affermò essere connesse “probabilmente … (ad) una
precedente fornitura di droga”. Inoltre, trattando della relazione tra il Micunovic
e il Naviglio, nuovamente la Corte di Appello ha richiamato le affermazioni della
sentenza di assoluzione, per la quale i rapporti tra i due avevano avuto
“chiaramente ad oggetto una partita di droga …”.
Sicché, nella vicenda che occupa non viene in evidenza tanto la frequentazione
da parte del Micunovic di soggetti dei quali non si conoscono le illecite attività
compiute, non coinvolgenti direttamente l’odierno ricorrente; piuttosto vi è, da
parte di questi la frequentazione di alcuni soggetti per affari illeciti o
ragionevolmente valutabili di natura illecita. In altri termini, dalla descrizione
delle emergenze probatorie convalidate dalle sentenze di assoluzione per il
delitto associativo viene il tratteggio di frequentazioni del Micunovic aventi causa
illecita; con il che è dimostrato che i soggetti con i quali egli si era “interfacciato”
erano coinvolti in traffici di sostanze stupefacenti. Né ciò contrasta con
l’assoluzione dello Alijevic e del Naviglio dal delitto associativo, perché essa non
implica la negazione dell’esistenza e del coinvolgimento in quei traffici; e che il
Naviglio sia stato condannato per un reato commesso in un torno di tempo nel
quale non risultano conversazioni con il Micunovic non appare circostanza che
inficia quanto si è appena esposto.
Ne consegue, tornando al nucleo della censura che anima il ricorso in esame, che
la Corte di Appello ha dato compiuta indicazione di circostanze che, per il diretto
coinvolgimento del Micunovic in

traffici connessi a sostanze stupefacenti,

luogo ad un comportamento gravemente colposo idoneo ad escludere la

esprimono la sua consapevolezza circa il carattere illecito o comunque ambiguo
di essi; dal che deriva la ragionevolezza del giudizio espresso dalla corte
territoriale della ricorrenza di una condotta gravemente colposa dell’istante.

5. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e alla rifusione al Ministero resistente delle spese di giudizio,
che si liquidano in mille euro.
P.Q.M.

processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente in
questo giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23/1/2018.
Il Consigli re estensore
Salva

Dovere

Il Presidente
PaT- 1

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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