Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16105 del 18/03/2016
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16105 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: VILLONI ORLANDO
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli
avverso la sentenza n. 115/14 della Corte d’Appello di Napoli del 09/01/2014
nel procedimento contro Di Somma Angelo
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, dott. Orlando Villoni;
sentito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., dr. E. Delehaye, che
ha concluso per il rigetto
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Napoli ha confermato
quella emessa il 27/06/2012 dal Tribunale di Torre Annunziata con cui Angelo Di
Data Udienza: 18/03/2016
Somma era stato assolto dall’accusa di esercizio arbitrario continuato delle proprie ragioni con minaccia alle persone (artt. 81, 393 cod. pen.).
Rigettando l’appello proposto dal PM e confermando le valutazioni del giudice
di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto che, pur persistendo incertezza
nella definizione del quadro complessivo dei rapporti esistenti tra imputato e
parti lese, difettasse nella condotta ascritta al Di Somma e consistita nella pronunzia della frase
cedente atteggiamento.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte territoriale, il quale deduce insufficienza della motivazione
riguardo alle dichiarazioni rese da due parti lese (Ardito Sandra e Papa Loredana), acquisite a sostegno dell’assunto accusatorio della sussistenza di un comportamento dell’imputato connotato da ingiurie e minacce, connesso alle contese
giudiziali variamente collegate alla compravendita dell’abitazione di proprietà.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su di un motivo direttamente
riferito al merito del giudizio (art. 606, comma 3 cod. proc. pen.) e che postula
una rivalutazione del materiale probatorio, esulante dalle attribuzioni del giudice
di legittimità.
La Corte territoriale ha, infatti, congruamente argomentato nel senso che
l’espressione verbale oggetto di addebito, riassumibile nell’intento di voler far
passare un guaio ai destinatari evi inguaio’), non solo appare generica ma è
stata in seguito contraddetta da comportamenti concludenti dell’imputato di
segno contrario all’animosità di cui quelle parole costituivano manifestazione.
Trattasi di valutazione del tutto plausibile rispetto al dato probatorio ed esposta in termini immuni da censure di ordine logico, talché l’impugnazione della
parte pubblica mira di fatto a provocarne la completa sostituzione nel merito,
operazione come anzidetto non consentita alla Corte di Cassazione.
2. Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione non consegue l’imposizione delle spese e della sanzione pecuniaria di cui all’art. 616 cod. proc. pen.,
emersi comportamenti successivi dell’imputato costituenti smentita del suo pre-
attesa la qualifica di parte pubblica del ricorrente (art. 592, comma 1 cod. proc.
pen.).
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Il consiglier e t nsore
Il Presidente
Giacomo Paoloni
Roma, 18/0 /2016