Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 161 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 161 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Lops Giuseppe avverso il decreto 2.5.11 del GIP del
Tribunale di Parma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in Camera di consiglio la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
lette le conclusioni del Procuratore Generale nella persona del dott. Aldo
Policastro, che ha chiesto l’annullamento del decreto;
osserva:
1- con decreto del 2.5.11 il GIP del Tribunale di Parma disponeva de piano,
nonostante la tempestiva opposizione del denunciante-querelante alla richiesta di
archiviazione da parte del PM, l’archiviazione del procedimento nei confronti di
Marina Bracaglia instaurato a seguito di denuncia-querela proposta da Giuseppe
Lops per il reato di truffa,.
Il Lops ricorreva contro detto decreto lamentandone la nullità per violazione
dell’art. 410 co. 3 0 c.p.p. per omessa fissazione dell’udienza camerale, ascrivibile
al fatto che l’opposizione alla richiesta di archiviazione, pervenuta al PM il
29.4.11, era stata tardivamente trasmessa al GIP, che l’aveva ricevuta quando
ormai aveva già provveduto — il 2.5.11 – ad emettere il decreto di archiviazione.
2- Il ricorso è inammissibile.

Data Udienza: 27/11/2012

Risulta che l’opposizione fu depositata il 20.4.11 non presso la Procura della
Repubblica o il Tribunale di Parma, bensì presso il Tribunale di Roma, dal quale
venne trasmessa alla Procura della Repubblica di Parma, dove pervenne il 29.4.11
e, infine, al Tribunale della stessa città, dove giunse il 12.5.11, cioè dopo che il
GT aveva emesso il decreto di archiviazione.
Orbene, se è vero che, secondo la giurisprudenza di questa S.C., è illegittimo il
richiesta di archiviazione, dichiari l’inammissibilità dell’opposizione proposta
dalla persona offesa per violazione del termine di dieci giorni di cui all’art. 408
co. 3 0 c.p.p., termine da considerarsi ordinatorio e non perentorio (cfr., da ultimo,
Cass. Sez. 11 n. 33882 del 16.6.10, dep. 17.9.10), nondimeno nel caso di specie
deve constatarsi che la richiesta è pervenuta al GIP dopo l’emanazione del decreto
di archiviazione, senza che il GIP medesimo ne fosse stato reso edotto e senza che
egli potesse, ovviamente, revocare il decreto ormai emesso.
Invero, in tanto il GIP è obbligato a tenere conto dell’opposizione in quanto non
abbia già, senza sua colpa, provveduto all’archiviazione.
Nel caso in esame la tardiva presentazione dell’opposizione è ascrivibile alla
condotta dell’odierno ricorrente, che l’ha depositata non presso il GIP
competente, bensì presso il Tribunale di Roma, nonostante l’inapplicabilità – al
deposito dell’opposizione alla richiesta di archiviazione – del cpv. dell’art. 582
c.p.p., che consente alle parti private e ai loro difensori di depositare l’atto di
impugnazione presso la cancelleria del giudice di pace o del tribunale del luogo in
cui si trovano, ovvero presso un agente consolare all’estero.
Ciò deriva dal rilievo che l’opposizione ex art. 410 c.p.p. non ha natura di
impugnazione, essendo diretta non contro un provvedimento giurisdizionale, ma
contro una richiesta presentata da organo non giurisdizionale (cfr. Cass. Sez. IV n.
661 del 4.11.03, dep. 14.1.04; Cass. Sez. VI n. 38944 del 18.9.03, dep. 14.10.03;
Cass. Sez. V n. 1623 del 12.4.99, dep. 18.6.99), il che impedisce – a monte l’applicazione dell’art. 582 cpv. c.p.p.
L’opposizione ex art. 410 c.p.p. costituisce, invece, peculiare forma di esercizio
del contraddittorio, rientrante nella generale facoltà delle parti di presentare (v.
art. 121 co. 1° c.p.p.) memorie o richieste scritte “mediante deposito in
cancelleria”, vale a dire innanzi al giudice che procede.

provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito della

È, quindi, onere dell’interessato presentare tempestivamente i propri scritti al
giudice competente e non ad una qualunque autorità giudiziaria.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della
Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in curo
1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 27.11.12.

principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

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