Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16091 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 16091 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERTOCCHI LISA N. IL 06/07/1975
avverso la sentenza n. 3641/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
21/11/2016
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/02/2018 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRO RANALDI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. riA ■- c- i o
che ha concluso per
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Udito, per la part ivile, l’Avv
Uditi dife or Avv.

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Data Udienza: 15/02/2018

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 21.11.2016 la Corte di appello di Genova, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, ha qualificato i fatti contestati a Lisa
Bertocchi come reati di furto aggravato e minaccia, e ha determinato la pena nei
suoi confronti in mesi sei di reclusione e C 154 di multa per il furto e in C 50 di

La Corte di merito ha ritenuto che la minaccia attuata dall’imputata
brandendo una chiave inglese nei confronti di Andrea Ratti, dopo il furto di beni
da costei appena commesso all’interno dell’autovettura del Ratti, non era
finalizzata a procurarsi l’impunità per l’impossessamento di beni, ma era
espressione del risentimento che la donna nutriva nei confronti dell’uomo – il
quale il giorno prima si era allontanato dall’abitazione dove entrambi
convivevano – perché convinta che costui le avesse in precedenza sottratto il
telefono cellulare. Da qui la riqualificazione del fatto da rapina impropria a furto
aggravato e minaccia.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata,
lamentando quanto segue.
I) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Costituzione.
Deduce che in primo grado il difensore di ufficio prestava il consenso
all’acquisizione dell’intero fascicolo del PM agli atti del dibattimento,
compromettendo il suo diritto di difesa.
II) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 521 cod. proc. pen.
Deduce la illegittimità della riqualificazione giuridica del fatto operata dal
giudice di appello, senza previa comunicazione all’imputata in tempo utile per
esercitare in modo concreto ed efficace i suoi diritti di difesa, come stabilito dalla
Corte Edu ai sensi dell’art. 6, comma 3, lett. a) della CEDU.
III) Violazione di legge in relazione agli artt. 624, 625 e 612 cod. pen.
Deduce che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità
della prevenuta per i reati di furto e minaccia, posto che la minaccia della
ricorrente è stata attuata al solo scopo di ottenere indietro quanto di sua
proprietà e non vi è prova dell’impossessamento dei beni.

3. I motivi dedotti sono, quanto ai primi due, manifestamente infondati e,
quanto al terzo, non consentito in sede di legittimità, pertanto il ricorso va
dichiarato inammissibile.

2

multa per la minaccia, confermando nel resto.

3.1. Con riferimento al primo motivo, nessuna lesione del diritto di difesa
appare rinvenibile nel caso che occupa, posto che gli atti di indagine sono stati
legittimamente acquisiti al fascicolo del dibattimento, ai sensi dell’art. 493,
comma 3, cod. proc. pen., e il ricorrente non dimostra, né allega, in ossequio al
principio di autosufficienza del ricorso, che si tratti di atti affetti da inutilizzabilità
patologica (cfr. Sez. 6, n. 48949 del 07/10/2016, Guarnieri, Rv. 26821301).
3.2. Quanto al secondo motivo di doglianza, si osserva che nel caso non si
riscontra alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza,

che una rapina impropria possa essere derubricata in furto e minaccia, né il
ricorrente allega o dimostra in alcun modo una concreta lesione del diritto di
difesa (cfr. Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 26443801; Sez. 6, n.
11956 del 15/02/2017, B, Rv. 26965501)
3.3. Il terzo motivo esula dal numerus clausus delle censure deducibili in
sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione
del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al
riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione
congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal
giudicante e delle ragioni del

decisum.

In tema di sindacato del vizio di

motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di
sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in
ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi
abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una
corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle
deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica
nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 dep. 1996, Clarke, Rv. 20342801).
Nel caso di specie, la Corte d’appello, richiamando la deposizione del Ratti,
ha accertato che l’imputata lo minacciò brandendo la chiave inglese con la quale
aveva infranto il vetro della sua autovettura, e ciò fece in via autonoma rispetto
al furto che aveva appena commesso. Si tratta di una plausibile ricostruzione dei
fatti, in alcun modo sindacabile in sede di legittimità.

4. Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n.
186/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali
consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in
dispositivo.

3

non trattandosi di una riqualificazione “a sorpresa”, essendo del tutto prevedibile

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 15 febbraio 2018

Al ss4ndro Ranaldi

Il Presidente
Pr

Il Consi iere estensore

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