Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16081 del 28/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 16081 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: CIANFROCCA PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
Aratari Arnaldo, nato a Gloria Dei Marsi il 15.8.1958,
contro l’ordinanza del Tribunale di Salerno del 7.12.2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Pierluigi Cianfrocca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’Avv. Dario Visconti, in difesa dell’indagato, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con provvedimento del 7.12.2017 il Tribunale de L’Aquila respingeva il
ricorso per riesame proposto nell’interesse di Arnaldo Aratari e confermava il
decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Avezzano
del 13.11.2017 avente ad oggetto una serie di beni per il valore equivalente
all’ingiusto profitto (Euro 205.006,54) del delitto di truffa aggravata contestata
all’odierno ricorrente (“perché, con artifizi e raggiri, consistiti nel simulare una
situazione di rinofariginte cronica … ipertensione arteriosa in trattamento …
sindrome depressiva con disturbi d’ansia e somatizzazione di organo in
trattamento … ernia discale L4-L5-S1 con segni di sofferenza neurogena, L4-L5
più marcata … limitazione articolare di moderata entità”, induceva in errore la
Commissione Medica di Verifica de L’Aquila, che lo riconosceva non idoneo alla
specifica attività di docente di scienze motorie e sportive in modo assoluto e
permanente, così procurandosi un ingiusto profitto consistente nell’incasso della

Data Udienza: 28/03/2018

pensione privilegiata da parte dell’Inps, con suo danno, pari ad importo lordo di
circa Euro 22.345,99″);
2. ricorre per Cassazione, tramite

il

difensore, Arnaldo Aratari,

lamentando, con un unico articolato motivo, violazione di legge e vizio di
motivazione; rileva che l’imputazione provvisoria elevata a carico dell’indagato
riguarda il delitto di cui all’art. 640 comma 2 n. 1 cod. pen. per avere egli
simulato le patologie riportate nella provvisoria incolpazione così inducendo in
errore la C.M.V. de L’Aquila che, in data 22.8.2007, lo aveva riconosciuto

e permanente, così procurandosi l’ingiusto profitto consistente nell’aver
incassato, da quella data in poi, la pensione privilegiata erogatagli dall’INPS;
richiama, quindi, stralci della relazione del CT nominato dal PM sulla scorta della
quale, unitamente alle risultanze della indagine della GdF, la Procura della
Repubblica aveva chiesto il sequestro preventivo per equivalente che, tuttavia,
con provvedimento del 5.7.2017, il GIP aveva respinto; aggiunge che la nuova
richiesta, avente ad oggetto l’illecito profitto quantificato nella misura di Euro
205.006,54, ed il relativo accoglimento, erano stati fondati su ulteriori ma a suo
avviso del tutto inadeguati elementi quali gli esiti di un servizio di OPC e
documentazione fotografica che, secondo la prospettazione accusatoria,
avrebbero evidenziato lo svolgimento di attività incompatibili con la condizione
patologica fondante il riconoscimento della pensione privilegiata; richiama quindi
il provvedimento del Tribunale adito con ricorso nel quale, in particolare, la
difesa si era soffermata sulla differenza tra la incapacità lavorativa generica e
specifica insistendo, in questa sede, sull’esito degli accertamenti medico legali
effettuati dalle Commissioni Mediche sulla scorta di documentazione medica
rilasciata da strutture pubbliche; segnala come il Tribunale abbia fatto
riferimento, quale elemento di sospetto, all’episodio documentato dalla GdF (che
aveva notato l’Aratari trasportare, senza sforzo apparente, un mobile del peso di
13,4 chilogrammi sulle spalle), con condotta giudicata non compatibile con la
patologia del radiche lombosacrale che, tuttavia, lo stesso GIP, sulla scorta della
consulenza del PM, aveva riconosciuto essere strumentalmente riscontrata, oltre
che incompatibile con la gonartrosi, patologia quest’ultima nemmeno menzionata
tra quelle di cui al capo di incolpazione provvisoria e, comunque, non
diagnosticata dalla Commissione Medica; ribadisce, inoltre, l’esistenza di riscontri
documentali alla patologia ipertensiva e la irrilevanza delle considerazioni svolte
dal Tribunale in ordine alla assenza di elementi che testimoniassero un
trattamento farmacologico in atto; in definitiva, denuncia il carattere incoerente,
irragionevole e meramente induttivo sulla scorta di elementi inidonei a
contrastare dati documentali e strumentali acquisiti.

2

inidoneo alla specifica attività di insegnante di educazione fisica in modo assoluto

3. Il ricorso è inammissibile perché proposto per ragioni non consentite.

È noto, infatti, che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in
materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale
nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”,
sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo
posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti
minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (cfr., Cass. Pen., 2,

la Corte ha precisato che costituisce violazione di legge deducibile mediante
ricorso per cassazione soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della
motivazione, ma non anche la sua illogicità manifesta, ai sensi dell’art. 606,
comma primo, lettera e), cod. proc. pen.; Cass. Pen., 3, 18.2.2015 n. 28.241,
P.M. in proc. Baronio).
Né, per altro verso, il vizio di violazione di legge può essere dedotto con
riferimento al disposto di cui all’art. 192 cod. proc. pen. ed in tal modo, con la
violazione di tale norma, denunciarsi una carenza motivazionale in ordine alla
prospettazione di una verità processuale diversa da quella risultante dal
provvedimento impugnato (cfr., Cass. Pen., 1, 21.6.1999 n. 9.148, P.G. in proc.
Riina).
Nel caso che ci occupa, il Tribunale de L’Aquila ha ritenuto, nei limiti
propri della delibazione consentita in quella sede, che la imputazione elevata nei
confronti dell’Aratari non potesse ritenersi arbitraria pur avendo cura di
segnalare che tale valutazione doveva ritenersi “allo stato” e “salvo i doverosi
ulteriori accertamenti che dovranno poi essere posti in essere al fine di avere
una valutazione che vada oltre il semplice funnus” (cfr., pag. 2 dell’ordinanza del
7.12.2017).
Giudicava inoltre irrilevante il fatto (notato dagli operanti nel corso del
servizio di OCP) dell’essere stato l’Aratari in grado di entrare in auto senza sforzo
apparente ovvero l’ottimo tono di voce e lo svolgimento di attività di “tutor”;
ribadiva che, ai fini del sequestro preventivo, è sufficiente il “funnus” ovvero la
mera “plausibilità” e non arbitrarietà della imputazione che giudicava nel caso di
specie desumibile da: l’episodio documentato dalle foto della GdF in cui l’Aratari
era stato immortalato nell’atto di trasportare sulle spalle del mobile di 13,4
chilogrammi; il fatto che, pur essendo stata diagnosticata una ipertensione
arteriosa (patologia che richiederebbe un trattamento farmacologico continuativo

3

14.3.2017 n. 18.951, Napoli; Cass. Pen., 2, 18.1.2017 n. 5.807, Zaharia, in cui

e costante), in realtà un siffatto trattamento farmacologico non risulta mai
essere stato assunto.
Dovendosi ribadire, in questa sede, i limiti alla valutazione del “fumus”
ma, anche, della esistenza di una diagnosi “allo stato degli atti” certamente
necessitante, nel caso di specie, di ulteriori approfondimenti, si deve prendere
atto che le censure articolate nell’interesse del ricorrente esulano dal novero dei
rilievi e dei vizi denunziabili in questa sede, risolvendosi in contestazioni relative
alla (in)adeguatezza degli elementi posti a fondamento della ipotesi d’accusa

prospettare una realtà fattuale alternativa non suscettibile di essere oggetto di
verifica in questa sede di legittimità.
4. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della
somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi
ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 9 marzo 2018
Sentenza a motivazione semplificata.

Il Presidente
Piercamillo Davigo

provvisoriamente elevata nei confronti dell’Aratari, contestazioni tendenti a

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