Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1607 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1607 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ATTANASIO ALESSIO N. IL 16/07/1970
avverso l’ordinanza n. 3429/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
16/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 20/11/2012

Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Catania, con provvedimento emesso il 16 dicembre 2011,
decidendo sull’Istanza di ricusazione proposta – il 10 novembre 2011 – da Attanasio
Alessio – nei confronti di un componente del collegio giudicante del procedimento n.
3477/2004, in corso di svolgimento dinanzi a quella stessa Corte territoriale, ne dichiarava de plano l’inammissibilità, ritenendo la stessa del tutto generica, in quanto
l’istante, a sostegno della dichiarazione di ricusazione, si era limitato ad indicare sol-

razione della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti in data 27 luglio 2011,
rinviando, per ogni ulteriore e più specifica indicazione delle ragioni della ricusazione, al contenuto di altra sua precedente istanza (in data 5 novembre 2011), che non
provvedeva tuttavia ad allegare, con ciò impedendo al collegio di valutare l’effettiva
fondatezza della dichiarazione di ricusazione.

2. Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’Attanasio,
personalmente, deducendone l’illegittimità per manifesta illogicità.

Nel ricorso l’Attanasio, dopo aver premesso che nel procedimento n. 3477/2004 nell’ambito del quale era stata proposta la dichiarazione di ricusazione, egli risulta imputato, unitamente a Calabrese Giuseppe, per il tentato omicidio commesso in Siracusa nel 1995 in danno di Francesco Messina, asseritamente riconducibile ad una
«guerra» di mafia insorta tra il clan Bottaro-Attanasio e quello avversario di «Santa
Panagia», deduce:
– che il 5 novembre 2011, egli aveva proposto una prima istanza di ricusazione nei
confronti di altro componente del collegio giudicante, la dottoressa Elisabetta Messina, in quanto componente del collegio giudicante che aveva deliberato la sentenza
di condanna emessa nel suoi confronti in data 27 luglio 2011, e ciò a ragione della
circostanza che in quella sentenza si faceva riferimento alla guerra di mafia del 1995
e si riportavano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Lombardo,
poi ascoltato nel procedimento n. 3477/2004, ritenute complessivamente attendibili;
– che solo in data 9 novembre 2011 egli aveva scoperto che del collegio giudicante
del procedimento n. 3477/2004 faceva parte, oltre alla dottoressa Messina (che secondo il ricorrente dopo l’istanza di ricusazione si sarebbe «defilata, confermando la
bontà della stessa) anche il dottor Tigano, altro membro del collegio giudicante che
aveva deliberato la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti in data 27 luglio
2011, sicché una volta appresa tale circostanza, il giorno successivo (10 novembre

tanto che Il giudice ricusato, il dottor Giuseppe Tigano, aveva partecipato alla delibe-

2011) aveva presentato altra istanza «integrativa» della prima diretta alla medesima Corte di Appello, sostenendo che quanto dedotto con riferimento alla dottoressa
Messina, doveva valere ovviamente anche per il dottor Tigano;
– che la decisione impugnata, in quanto basata sulla mancata allegazione della precedente istanza già in possesso della Corte di Appello, doveva ritenersi fiscale ed
Incongrua, anche perché nella dichiarazione di ricusazione, si faceva comunque riferimento alla sentenza di condanna emessa nei suoi confronti in data 27 luglio 2011,
nella quale si affermava, tra l’altro, che esso Attanasio dal 1995 era partecipe ad

ne, divenendone elemento di spicco già dicembre 2000, allorquando venne scarcerato insieme a tale Calabrese Giuseppe.
In data 21 agosto 2012 l’interessato ha fatto pervenire ulteriore memoria con la
quale ribadiva le proprie tesi e richieste di cui al ricorso principale, contestando In
particolare l’assolta manifesta infondatezza delle stesse.

Considerato in diritto
1. L’impugnazione è inammissibile.
A prescindere infatti dalla fondatezza o meno della valutazione d’incompletezza e
genericità dell’istanza di ricusazione proposta dall’Attanasio – che del tutto incongruamente definisce come integrazione di una sua precedente istanza, un’autonoma
dichiarazione di ricusazione di altro magistrato – risulta preliminare ed assorbente
la considerazione che le ragioni di merito addotte dal ricorrente a sostegno della sua
Istanza si appalesano manifestamente Infondate, dovendo anche nel presente giudizio riaffermarsi la validità del principio, già espresso da questa Corte, secondo cui
«non dà luogo ad una ipotesi di ricusazione, ai sensi dell’art. 37 cod. proc. pen. come risultante a seguito della parziale dichiarazione di illegittimità di cui alla sentenza
n. 283 del 2000 della Corte costituzionale, la circostanza che lo stesso magistrato
abbia già preso parte a un giudizio a carico dello stesso imputato per fatti diversi
(nella specie omicidi differenti) per la pretesa identità delle fonti probatorie valutate
e da valutare, atteso che una stessa fonte probatoria, considerata importante ed
attendibile in un processo, potrebbe non esserlo altrettanto in un altro» (Sez. 1, n.
25526 del 12/04/2001 – dep. 21/06/2001, Persano R, Rv. 219360).

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000)

attività delittuose di non marginale importanza in nome e per conto dell’associazio-

- al versamento alla Cassa delle ammende di una somma congruamente determinabile in C 1000,00.
P.

Q.

M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012
Il Przir

Il consLJlere estensore

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