Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16055 del 28/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 16055 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: CIANFROCCA PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
De Bari Tommaso, nato a Molfetta il 26.8.1990,
contro la sentenza della Corte di Appello di Bari del 28.8.2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Pierluigi Cianfrocca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’Avv. Alba Rosa Cantatore, in difesa del ricorrente, che ha concluso
riportandosi ai motivi ed insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del GUP presso il Tribunale di Trani del 27.3.2015,
Tommaso De Bari era stato ritenuto responsabile del delitto di rapina aggravata
commessa in danno di Michelina Lanzolla nonché del reato di cui all’art. 75,
comma 2, del D. Lg.vo n. 159 del 2011 per aver violato le regole imposte con la
misura della sorveglianza speciale di P.S. applicatagli con provvedimento del
Tribunale di Bari e, pertanto, ritenuto tra le diverse violazioni il vincolo della
continuazione e riconosciutegli le circostanze attenuanti generiche equivalenti
alla aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., con la diminuente per la scelta
del rito, era stato condannato alla pena finale di anni 4 e mesi 4 di reclusione ed
Euro 1.200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; il GUP aveva
quindi applicato la pena accessorie di legge ed ordinato la confisca della somma
in giudiziale sequestro;

Data Udienza: 28/03/2018

2. con sentenza dell’8.2.2016, la Corte di Appello di Bari, in accoglimento
del motivo di gravame e della stessa sollecitazione operata sul punto specifico
dal Procuratore Generale, riduceva la pena sopra indicata portandola ad anni 4 di
reclusione ed Euro 1.200 di multa, confermando nel resto la sentenza
impugnata;
3.

ricorre per Cassazione, tramite il difensore, Tommaso De Bari,

lamentando violazione di legge con riferimento all’art. 99 cod. pen.; richiamato il
motivo di appello articolato sul punto, rileva infatti che, con la sentenza n. 185

dell’art. 99 cod. pen. nella parte in cui era prevista l’obbligatorietà dell’aumento
per la recidiva aggiungendo che le circostanze attenuanti generiche oltre a quella
di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., non ritenuta ancorché sollecitata, avrebbero
potuto, con la riduzione della pena base, ed annullando l’aumento di un terzo
operato dal giudice di primo grado, portare ad una ulteriore riduzione della pena
finale irrogata in primo grado.
4. Il ricorso è inammissibile.
Esso, infatti, è formulato in termini assolutamente generici, ovvero in
modo tale da non tener conto e da non confrontarsi minimamente con la
motivazione della sentenza impugnata risultando quindi privo dei requisiti
prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. non avendo in alcun
modo considerato la motivazione della sentenza impugnata che ha dato conto
delle ragioni per le quali l’appello non poteva essere accolto né in punto di
affermazione della responsabilità né, tantomeno, sulla quantificazione della pena
che la Corte territoriale ha ridotto ribadendo, tuttavia, il giudizio di equivalenza
tra le attenuanti e la recidiva.
Come emerge persino dal suo tenore letterale (cfr., pag. 5), il ricorso è
infatti sostanzialmente rivolto contro la sentenza di primo grado e non già contro
quella di appello che, infatti, aveva chiarito come il giudizio di bilanciamento era
stato correttamente operato dal giudice di primo grado che si era limitato ad una
valutazione (al più) di equivalenza della recidiva (e dell’aggravante di cui all’art.
61 n. 5 cod. pen.) con le circostanze attenuanti generiche, aggiungendo che il
riferimento normativo del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla
recidiva di cui al quarto comma dell’art. 99 cod. pen. era da rinvenirsi nell’art. 69
comma 4 cod. pen. per il quale non era stata sollevata alcuna questione di
legittimità costituzionale.
Questa Corte ha comunque già avuto modo di chiarire che è
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per
violazione degli artt. 3, 25 e 27 Cost., dell’art. 69, comma quarto, cod. pen.,

2

del 2015, la Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimo il quinto comma

nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti
generiche rispetto alla recidiva reiterata ex art. 99, comma quarto, cod. pen., in
quanto tale deroga alla ordinaria disciplina del bilanciamento si riferisce ad una
circostanza attenuante comune e la sua applicazione, quindi, non determina una
manifesta sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma si limita a valorizzare,
in misura contenuta, la componente soggettiva del reato, qualificata dalla
plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente
sanzionati (cfr., Cass. Pen., 6, 23.3.2017 n. 16.487, Giordano).

all’art. 75 del D. Lg.vo 159 del 2011 sicché la inammissibilità del ricorso, ed il
conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata, importa che ogni
questione relativa alla eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della
norma incriminatrice (questione sollevata da questa stessa sezione con
ordinanza del 25.10.2017 n. 49.194) deve essere devoluta alla cognizione del
giudice dell’esecuzione.
5. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della
somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi
ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2018.
Sentenza a motivazione semplificata.

Il Consigliere estensore
Pierlui tLrocca

Il Presidente
Pierca illo Davigo

5. Il ricorso, invece, non aveva in alcun modo investito il delitto di cui

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