Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16052 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 16052 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di Nardin Daniele, n. a Venezia il 13/10/1952,
rappresentato ed assistito dall’avv. Roberto Moroni, d’ufficio, avverso la sentenza
emessa dalla Corte di appello di Venezia, prima sezione penale, n. 2399/2013, in
data 12/06/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Andrea Pellegrino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta
Marinelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per intervenuta prescrizione;
udito il difensore, avv. Roberto Moroni, che si è associato alle conclusioni del
Procuratore generale.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza in data 12/06/2017,
confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Venezia in data
07/05/2012 nei confronti di Daniele Nardin che era stato condannato alla pena di
mesi quattro di reclusione ed euro 300,00 di multa per il reato di appropriazione
indebita aggravata continuata. Secondo l’accusa il Nardin, di professione

Data Udienza: 20/03/2018

ragioniere, avrebbe trattenuto ed incassato la complessiva somma di euro
488,00 da versarsi, in nome e per conto di Marco Marchiori, al Comune di Mira a
titolo di imposta comunale sugli immobili per gli anni 2007, 2008 e 2009.
2. Nell’interesse di Daniele Nardin viene proposto ricorso per cassazione per
lamentare:
-erronea applicazione della legge penale per carenza di prova dell’elemento
materiale: assenza di prova quanto al reale possesso del denaro di proprietà
della persona offesa in ordine all’espletamento dell’incarico professionale (primo

-erronea applicazione penale e carenza dell’elemento soggettivo del reato in
capo all’imputato (secondo motivo).
2.1. In relazione al primo motivo, si evidenzia come non sia stata raccolta
alcuna prova, salvo delle ricevute generiche che non permettono di
circostanziare il fatto, in ordine all’avvenuta consegna di denaro di proprietà del
Marchiori all’imputato, né che quest’ultimo abbia mai avuto il legittimo possesso
delle suddette somme di denaro.
2.2. In relazione al secondo motivo, si evidenzia l’assenza in dolo in capo
all’imputato, dovendosi escludere che lo stesso abbia avuto coscienza e volontà
di appropriarsi del denaro del Marchiori.
3. Il ricorso è generico e manifestamente infondato e, come tale, risulta
inammissibile.
4. In relazione al primo motivo, si evidenzia come la sentenza – con
motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici – dia atto del fatto
che la parte lesa, la cui attendibilità risulta essere stata attentamente valutata,
avesse conferito all’imputato somme di denaro per il pagamento dell’ICI, come
documentato dalle ricevute in atti: pagamenti mai avvenuti come da
accertamenti svolti presso il Comune di Mira.
Il Collegio condivide l’orientamento secondo cui il fondamento del reato di
cui all’art. 646 cod. pen. deve essere individuato nella volontà del legislatore di
sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l’autonoma disponibilità della “res”,
dia alla stessa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che ne
giustificano il possesso, anche nel caso in cui si tratti di una somma di danaro.
Se, dunque, il possesso di una somma di denaro da parte del soggetto agente,
trova giustificazione nello scopo e nei limiti di un incarico conferitogli, ciò implica,
in mancanza di una espressa facoltà di utilizzazione di tale somma, un implicito
divieto di utilizzazione, senza acquisizione della proprietà del denaro stesso da
parte dell’agente: quest’ultimo, pertanto, non può appropriarsi del denaro
ricevuto utilizzandolo per propri fini e, quindi, per scopi diversi ed estranei agli
interessi di chi gli ha conferito l’incarico, in quanto, così facendo, finisce per

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motivo);

violare le disposizioni al riguardo impartitegli, con conseguente applicazione nei
suoi confronti delle sanzioni previste dall’art. 646 cod. pen.
Commette, pertanto, il delitto di appropriazione indebita il mandatario che,
come nella fattispecie, violando le disposizioni impartitegli dal mandante, si
appropri del denaro ricevuto utilizzandolo per propri fini e, quindi, per scopi
diversi ed estranei agli interessi del mandante (Sez. 2, n. 23347 del 03/05/2016,
P.C. in proc. Danielis e altro, Rv. 267086).
5. In relazione al secondo motivo, evidenzia il Collegio come il ricorrente

dell’elemento psicologico del reato in contestazione, ai fini della cui
configurabilità è sufficiente, secondo il consolidato insegnamento di questa
Suprema Corte, la coscienza e volontà di appropriarsi del denaro (o della cosa
mobile) altrui, posseduta a qualsiasi titolo, sapendo di agire senza averne diritto
ed allo scopo di trarre per sé o per altri una qualsiasi illegittima utilità. Nella
fattispecie, la configurabilità del dolo in capo al Nardin emerge con assoluta
evidenza dalle motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado, al riguardo
senz’altro valutabili congiuntamente, essendosi in presenza di una c.d. “doppia
conforme”.
6. Infine, del tutto generico e, come tale, inammissibile è il rilievo – che il
ricorrente prescrizione, per la prima volta, non nei motivi di ricorso per
cassazione ma solo, in via di ulteriore subordine, nelle conclusioni finali – di
intervenuta prescrizione del reato, non avendo la parte avuto cura di indicare il
tempo in cui detta prescrizione si sarebbe compiuta e quale eventuale “frazione”
di condotta la stessa avrebbe “coperto”.
7. Alla pronuncia consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che, valutata la
causa di inammissibilità, si stima equo determinare in euro duemila da
devolversi a favore della Cassa delle ammende

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle
ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso il 20/03/2018.

abbia lamentato in modo del tutto generico ed inammissibile l’insussistenza

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