Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16051 del 11/02/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16051 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PACI MARIA GABRIELLA N. IL 16/10/1960
avverso l’ordinanza n. 35/2014 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
24/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. rt,o tZ,3 :f.y.Q.7%.cit u
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/02/2016

IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza emessa in data 24 novembre 2014 la Corte di Appello di
Firenze ha respinto l’istanza di restituzione nel termine per proporre
impugnazione, proposta nell’interesse di Paci Maria Gabriella.
La decisione emessa a carico di costei dal GUP del Tribunale di Arezzo (con
condanna alla pena di anni otto e mesi due di reclusione per il delitto di concorso
in tentato omicidio) risulta depositata in data 12 giugno 2013. Il termine per
proporre impugnazione risulta inutilmente decorso in data 15 novembre 2013.

all’art. 175 co.1 cod.proc.pen., nel senso che l’avviso di deposito – pur risultando
ritualmente notificato presso lo studio legale in data 30 settembre 2013, al
difensore anche in qualità di domiciliatario – non era stato materialmente
consegnato alla persona del difensore.
Tale affermazione era asseverata da una dichiarazione scritta della segretaria di
studio Cirulli Roberta, con cui la medesima affermava di aver smarrito l’atto .
Veniva altresì allegata all’istanza una dichiarazione resa dal funzionario di
cancelleria dell’Ufficio GUP di Arezzo, che riferiva di aver ricevuto nei mesi di
ottobre e novembre 2013, più volte, delle chiamate telefoniche da parte del
difensore – avv. Ambra Martucci – tese a conoscere l’avvenuta esecuzione delle
notifiche. In tale dichiarazione si afferma che la cancelleria comunicò la
spedizione invitando il difensore ad operare controlli presso l’UNEP di Roma.
La Corte di Appello, nel rigettare l’istanza, evidenziava che nel caso in esame
non può ritenersi sussistente né il caso fortuito nè la forza maggiore, posto che
la notifica dell’avviso di deposito risulta regolarmente effettuata a mani della
segretaria di studio e pertanto la mancata impugnazione è dipesa da un mero
errore o dimenticanza, imputabìle allo studio difensivo, difettando la prova
rigorosa dell’impossibilità di conoscere l’avvenuto deposito della sentenza.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del
difensore – Paci Maria Gabriella, deducendo vizio di motivazione ed erronea
applicazione della disciplina regolatrice.
Al primo motivo si articola la doglianza in termini di vizio motivazionale.
In fatto, la difesa della Paci ripercorreva alcuni accadimenti ed evidenziava, tra
l’altro, che :
a) le telefonate effettuate nei mesi di ottobre e novembre 2013 all’ Ufficio di
Cancelleria di Arezzo – nel periodo in realtà utile alla proposizione della
impugnazione – erano motivate dalla mancata ricezione dell’avviso di deposito

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La difesa della Paci aveva prospettato la ricorrenza dei presupposti di legge di cui

nelle mani del difensore, che altrimenti non avrebbe avuto ragione alcuna per
attivarsi in tal modo;
b) la risposta ottenuta dal funzionario di cancelleria non era stata esclusivamente
quella di recarsi presso l’UNEP di Roma, ma si era aggiunto che le relazioni di
notificazione non erano ancora rientrate presso l’Ufficio ;
c) il difensore si era recato presso l’UNEP di Roma ma non era stato possibile
rintracciare l’atto, in assenza del numero progressivo di spedizione;
d) come verificato in data 3 gennaio 2014 dalla Paci, presso il Tribunale di

settembre 2013 a mani di Cirulli Roberta (addetta allo studio) ma la relazione
era rientrata presso l’Ufficio già in data 16 ottobre 2013.
Si evidenziava inoltre che:
– Cirulli Roberta (segretaria di diverso legale avente studio in comune con l’avv.
Martucci) aveva precisato, con dichiarazione scritta, di non ricordare l’avvenuta
ricezione dell’atto in questione e di non averlo reperito presso lo studio,
concludendo per unno smarrimento dell’atto, mai consegnato materialmente alla
persona destinataria. Analoga dichiarazione (non aver avuto in consegna l’atto)
veniva effettuata da altra persona addetta allo smistamento degli atti interno allo
studio legale, Tisba Alessia.
Tanto premesso, la ricorrente evidenzia che dalla motivazione non emerge il
concreto apprezzamento di tutte le circostanze di fatto esposte.
In particolare mancherebbe ogni valutazione circa il rilievo della informazione
errata fornita – sia pur telefonicamente – dal funzionario di cancelleria, tale da
indurre in errore il difensore circa i tempi di notifica dell’avviso di deposito.
La mancanza dell’apprezzamento di tale circostanza renderebbe, in tesi, non
correttamente argomentato il percorso motivazionale, in virtù del potenziale
rilievo, ai fini considerati, del dato obiettivo dello smarrimento dell’atto da parte
della Cirulli – soggetto che svolgeva attività per diverso legale – e della prova
positiva dell’attivazione del difensore.
Si richiamano sul punto precedenti arresti di questa Corte di legittimità tesi a
riconoscere la sussistenza del ‘caso fortuito’ o della ‘forza maggiore’ in ipotesi di
erronea indicazione fornita al difensore da parte del funzionario di cancelleria
tale da determinare l’affidamento erroneo circa il mancato deposito della
motivazione.
Mancherebbe, in sintesi, una complessiva valutazione della condotta concreta
tenuta dal difensore domiciliatario, condotta che viene prospettata come
incolpevole, in rapporto al complessivo esame dei dati fattuali.
Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento a
quanto previsto dall’art. 175 cod.proc.pen.
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Arezzo, non solo risultava che la notifica era stata effettuata in data 30

Le modalità della notifica, in ogni caso, non assicuravano la conoscenza effettiva
dell’atto in capo al soggetto destinatario.
La valutazione espressa nell’ordinanza si arresta, pertanto, alla regolarità
formale della notifica e omette di considerare il possibile scarto tra conoscenza
legale e conoscenza effettiva dell’atto.

3. Il Sig. Procuratore Generale presso questa Corte, nella requisitoria scritta, ha
chiesto l’accoglimento del ricorso, evidenziando una lacuna motivazionale. Si

funzionario di cancelleria, potenzialmente incidente in relazione alla sussistenza
del caso fortuito, scaturante dalla sinergia di più comportamenti omissivi.

4. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono.
4.1 Il primo dato che il Collegio ritiene di dover evidenziare, nella verifica della
sequenza storica di quanto rappresentato, è che la notifica dell’avviso di deposito
della sentenza (al difensore avente qualità di domiciliatario dell’imputata) non è
avvenuta con consegna dell’atto a mani proprie del destinatario ma a persona
temporaneamente convivente (addetta allo studio).
Come è noto, tale modalità di notificazione è certamente valida (Sez. III n. 897
del 6.4.1988 rv 178386; Sez. 11 n. 24540 del 24.2.2009, rv 244237) in
riferimento alla situazione di fatto rappresentata dall’ ufficiale giudiziario, ma non
può dirsi equiparabile, quanto alla conoscenza effettiva, alla certezza derivante
dall’avvenuta consegna dell’atto a mani proprie.
Da ciò deriva che non può del tutto escludersi la ricorrenza di fattori causali
«eccezionali e imprevedibili» che abbiano in concreto determinato l’assenza di
consapevolezza in capo al reale destinatario (l’avv. Martucci) della avvenuta
notifica dell’ atto.
Il tema della verifica ai fini della restituzione nel termine diventa – pertanto quello della prova, a carico dell’istante, di aver impiegato la dovuta diligenza al
fine di scongiurare il verificarsi dell’effetto decadenziale, correlato all’inutile
decorso del termine per proporre impugnazione (circa la necessità della prova
positiva – da parte dell’istante – dell’impiego della media diligenza, da ultimo
Sez. I n. 40282 del 6.6.2013, rv 257819).
4.2 Il caso in esame offre, sul punto, talune emergenze fattuali che non
appaiono congruamente esaminate.
In particolare, la Corte di Appello arresta il suo esame cognitivo alla regolarità
formale della notifica e non compie alcun apprezzamento concreto sulle effettive
ragioni del mancato deposito dell’atto di impugnazione e sul rilievo dei dati
fattuali evidenziati dall’istante.
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evidenzia, in particolare, l’omessa valutazione della condotta tenuta dal

Non può parlarsi, infatti, di «errore o dimenticanza» imputabile allo «studio
difensivo» senza affrontare – in via prioritaria – il tema della veridicità o meno
della affermazione resa dalla persona che, formalmente, ebbe a ricevere l’atto.
In tale apprezzamento, per come formulato, si oggettivizza (studio difensivo) la
condotta, in realtà, tenuta da due soggetti diversi (la segretaria che ebbe a
ricevere l’atto e il difensore titolare del potere di realizzare l’impugnazione)
senza chiarire se risulti o meno credibile (e rilevante) l’affermazione – della prima
– circa lo smarrimento casuale dell’atto .

dalla persona che ebbe a ricevere l’atto, prospettata come involontaria,
tenderebbe a configurare come insussistente la colpa del difensore in rapporto al
mancato esercizio della facoltà di impugnazione, condizione che appare
asseverata, nel caso in esame, dal dato obiettivo di una attivazione – sia pure
informale – realizzata mediante richiesta di informazioni presso l’Ufficio da cui la
notifica era partita.
Tale richiesta di informazioni, sul piano della rilevanza obiettiva della condotta rapportata ai tempi in cui l’informazione viene chiesta, successivi al 30
settembre del 2013 – da un lato esclude il disinteresse, dall’altro rappresenta un
principio di prova circa la mancata conoscenza effettiva della notifica.
In tal senso, la decisione qui impugnata tende ad estrarre dal caso un principio
di «culpa in vigilando» senza possibilità alcuna di prova contraria, che non
appare conforme ai principi generali in tema di notificazioni e decadenze, posto
che la stessa possibilità di prova del caso fortuito ex art. 175 cod.proc.pen. lo
esclude, ferma restando la necessità di valutare in concreto la condotta del
soggetto decaduto dalla facoltà.
Ove si opti – in sede di merito – per la veridicità della affermazione resa dalla
segretaria Círulli, la complessiva valutazione del comportamento tenuto dal
difensore decaduto non può non confrontarsi, inoltre, con i contenuti dichiarativi
resi dal funzionario di cancelleria, il cui apprezzamento concreto non è stato
realizzato.
Tali contenuti espressivi – in parte difformi da come rappresentato dal difensore
istante, il che pone un tema di merito – da un lato confermano il profilo della
‘attivazione’ del difensore (in tempi potenzialmente utili), dall’altro vanno
interpretati non già come induzione in errore (non essendovi un obbligo di legge
di fornire informazioni in via telefonica da parte dell’ ufficio) quanto come
elemento di prova relativo alla attenuazione o esclusione della colpa in capo al
difensore istante.
In tal senso, gli arresti di questa Corte relativi alla rilevanza di condotte tenute
dal personale amministrativo, ai fini qui considerati (Sez. V n. 10796 del
5

La distinzione andava operata, posto che la condotta omissiva tenuta – in tesi –

3.2.2010, rv 246368; Sez. VI n. 21901 del 3.4.2014, rv 259699; Sez. V n.
18820 del 22.3.2007 rv 236919 ed altre) esprimono – in sostanza – la necessità
di confrontarsi, in tema di caso fortuito, con l’incidenza – in via fattuale – della
condotta tenuta da terzi in rapporto alla prova della media diligenza ravvisabile
(o meno) nella condotta del soggetto decaduto.
Va pertanto disposto, dato il rilevato vizio motivazionale, l’annullamento del
provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di
Firenze.

Così deciso il 11 febbraio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Firenze.

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