Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16050 del 18/01/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16050 Anno 2013
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAMMOLITI FRANCESCO N. IL 14/04/1981
avverso la sentenza n. 1199/2011 TRIBUNALE di PALMI, del
25/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

Data Udienza: 18/01/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

Osserva
1. — Con sentenza emessa in data 25 ottobre 2011, il Tribunale di Palmi applicava a Mammoliti Francesco, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni
uno e mesi quattro di reclusione.
2. — Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato per viola-

3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1. — Va innanzitutto premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle
parti è un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da
parte sua il giudice ha il potere dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congrultà della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art.
129 cod. proc. pen. Ne consegue che — una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art. 444 cod. proc. pen., — l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perché essi sono coperti dal
patteggiamento.
3.2 — Tanto precisato, il Collegio osserva che i motivi di ricorso si profilano privi
di specificità e comunque manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e, dall’altro, ha escluso che ricorressero i presupposti di cui
all’art. 129 cod. proc. pen. Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura
dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la
costante giurisprudenza di legittimità (si vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo
1992, Di Benedetto; SS.UU. 27 settembre 1995, Serafino; SS.ULI. 25 novembre
1998, Messina).
Quanto al primo motivo peraltro si osserva che è giurisprudenza consolidata di
questa Corte ritenere che il legislatore, a prescindere alla scelta dell’uso della congiunzione ‘e’ all’art. 5 della L. 1423/56 nella frase non associarsi abitualmente alle
persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione ha

Udienza in camera di consiglio:18 gennaio 2013 — Manunoliti Francesco — RG: 9155/12, RU: 79;

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zione di legge.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

voluto in realtà riferirsi ala nozione di pericolosità sociale che qualifica la materia
delle misure di prevenzione quindi tipizzare le categorie di persone cui è interdetta
la frequentazione al soggetti sottoposti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale che possono essere i pregiudicati, le persone sottoposte a misure di
prevenzione e le persone sottoposte a misure di sicurezza e cioè le categorie che,
sia pure In base a diversi presupposti, sono connotate nel nostro ordinamento giu-

Anche con riferimento alla espressione associarsi abitualmente contenuta nel
comma terzo del citato art. 5, la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha escluso che debba essere intesa nei senso letterale che normalmente ha nella legislazione penale, con il richiamo a profili di comunanza di vita e di interessi, ritenendo Invece che debba essere riferita esclusivamente alla nozione di pericolosità sociale che informa la materia delle misure di prevenzione cosicché non è richiesta la
assidua e costante relazione personale, essendo invece sufficiente la frequentazione, anche solo in caso di due soli intrattenimenti, onde essere assunta a sintomo di
abitualità di questo comportamento (Cass. n. 5987 del 2000, rv. 16015; Cass. n.
11572 del 1997, rv.209139).

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Quanto al secondo motivo il medesimo introduce mere questioni di fatto inammissibili in questa sede.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.500,00
(millednquecento), ai sensi dell’art. 616 c.p.p.

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.500,00 (millecinquecento) in
favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 18 gennaio 2013

Cs

liere estensore

Il

e«) EPOSI

ridico dal comune denominatore della pericolosità sociale.

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