Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16050 del 11/02/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16050 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CUTAIA GIUSEPPE N. IL 08/05/1958
avverso l’ordinanza n. 1296/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 16/12/2014
elazione fatta dal Consigliere Do t. IACOMO ‘R,OCC
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Data Udienza: 11/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di
L’Aquila rigettava il reclamo proposto da Cutaia Giuseppe avverso il decreto con
cui il Magistrato di Sorveglianza aveva respinto l’istanza di concessione della
liberazione anticipata speciale di cui al decreto legge n. 146 del 2013, essendo in
espiazione condanne per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa ed
omicidio.

impugnato, in quanto adottato con le forme previste dall’art. 69 bis ord. pen.,
respingeva le argomentazioni del reclamante: a seguito della conversione in
legge del decreto legge 146 cit., la liberazione anticipata speciale non può essere
concessa a detenuti che stanno espiando una pena per uno dei delitti elencati
dall’art. 4 bis ord. pen., sia con riferimento ai semestri precedenti, sia a quelli
successivi all’entrata in vigore del decreto.
La circostanza che il detenuto avesse presentato l’istanza nella vigenza del
decreto legge 146 non doveva essere valutata sulla base delle regole sulla
successione di leggi nel tempo, ma alla luce dell’art. 77, comma 3 della
Costituzione. In effetti, la modifica apportata nella legge n. 10 del 2014
equivaleva ad un rifiuto parziale di conversione da parte del Parlamento, che
travolgeva con effetto ex tunc la norma non convertita.
Il Tribunale negava la violazione dell’art. 7 CEDU e richiamava una sentenza
di questa Corte sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale della normativa.

2. Ricorre per cassazione Giuseppe Cutaia, riservando la presentazione dei
motivi di ricorso al difensore.

3.

Ricorre per cassazione il difensore di Giuseppe Cutaia, deducendo

violazione di legge.
Il ricorrente sottolinea che l’istanza era stata presentata nella vigenza
dell’art. 4 del d.l. 146 del 2013 e che altre istanze erano state accolte prima
della conversione, ciò determinando una evidente disparità di trattamento tra i
detenuti in conseguenza dei tempi della decisione del Magistrato di Sorveglianza;
richiama l’art. 15 legge 400 del 1988 per sottolineare che l’emendamento
additivo introdotto in sede di conversione ha effetto solo per il futuro; evoca la
sentenza della Corte Costituzionale n. 51 del 1985.
Il ricorrente, quindi, contesta l’applicazione retroattiva della norma della
legge di conversione e ricorda la natura risarcitoria dell’istituto, con conseguente

Il Tribunale, dopo avere qualificato come ordinanza il provvedimento

illogicità di una disparità di trattamento, concludendo per l’annullamento
dell’ordinanza impugnata.

4. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Questa Corte ha affermato che la disposizione di cui all’art. 4 del D.L. 23
dicembre 2013, n. 146, non recepita dalla legge di conversione 21 febbraio
2014, n. 10, nella parte in cui prevede un trattamento più favorevole per il
condannato per uno dei delitti previsti dall’art. 4-bis della legge 26 luglio 1975,
n. 354, in relazione ai comportamenti pregressi alla sua pubblicazione, e
consistente in una maggiore detrazione di pena ai fini della liberazione
anticipata, non ha efficacia ultrattiva, neppure se apparentemente vigente al
tempo della domanda di concessione del beneficio, sia perché alla materia in
questione, in quanto estranea al diritto penale sostanziale, non è applicabile il
principio di irretroattività della legge più sfavorevole, sia perché, in generale, le
regole attinenti al fenomeno della successione di leggi nel tempo non si
attagliano alla vicenda relativa alla sorte delle disposizioni di decreti-legge non
recepite nella legge di conversione.

Inoltre, è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale del comma quarto dell’art. 4 D.L. 23 dicembre 2013 n. 146, nel
testo risultante a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di conversione
(legge 21 febbraio 2014, n. 10), laddove prevede l’esclusione dei condannati per
i reati di cui all’art. 416 bis cod. pen. dalla disciplina di maggiore favore in tema
di entità della detrazione di pena per semestre ai fini della liberazione anticipata
stabilita, in generale, per gli altri condannati, in riferimento agli artt. 3, 27 e 117
Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 3 CEDU, in quanto la disposizione
censurata prefigura un regime speciale che, siccome amplia gli effetti di favore
conseguibili da tutti i soggetti in espiazione di pena, può essere legittimamente
sottoposto dal legislatore a limiti determinati da situazioni cui si collega una
connotazione di immanente e peculiare pericolosità, e, di per sé, non è causa
generatrice di trattamenti inumani o degradanti (Sez. 1, n. 1650 del 22/12/2014
– dep. 14/01/2015, Mollace, Rv. 261879 e 261880).

3

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso 1’11 febbraio 2016

Il Consigliere estensore

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