Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16030 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 16030 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MUCAl KLODIAN, nato in Albania il 24/12/1982

avverso la sentenza del 13/03/2015 della Corte di appello di Ancona

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

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Data Udienza: 15/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13/03/2015, la Corte di appello di Ancona, in parziale
riforma della sentenza del 3.7.2014 del Tribunale di Pesaro, con la quale Mucaj
Klodian- imputato del reato di cui agli artt. 73 e 80 lett.e) d.P.R. n. 309/1990,
(capo a) perché deteneva a fini di spaccio sostanza stupefacente del tipo cocaina
adulterata con altre sostanze, come il Levamisole i che ne accentuavano la

309/1990 per cessione continuata di sostanza stupefacente del tipo cocaina (capo
b)- era stato dichiarato responsabile dei reati ascrittigli, ritenuta l’ipotesi di cui
all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/1990, insussistente l’aggravante contestata e
unificati i reati nel vincolo della continuazione, e condannato alla pena di anni due
e mesi sei di reclusione ed euro 5.000 di multa, riduceva la pena inflitta ad anni
due e mesi uno di reclusione ed euro 3.600,00 di multa e confermava nel resto.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1,
disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’affermazione
di responsabilità con riferimento al momento di rinvenimento della sostanza
stupefacente.
Argomenta che erano emerse due distinte versioni in ordine all’individuazione
del momento di rinvenimento della sostanza stupefacente in sequestro: all’atto
della perquisizione, come riportato nel verbale di sequestro / ovvero in un periodo
successivo, come riferito dalle testimoni escusse e che la motivazione esposta dalla
Corte territoriale per confermare l’affermazione di responsabilità dell’imputato era
illogica e contraddittoria perché non attribuiva valore decisivo al predetto dato
temporale; inoltre, del pari illogica era la motivazione nella parte in cui non
rilevava le significative contraddizioni nelle quali era incorso il teste Maresciallo
Barrasso, che prima aveva dichiarato di essere stato sempre presente
all’operazione di Pg e, poi, dichiarava di essere intervenuto dopo il ritrovamento
della sostanza stupefacente.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’ad 533
cod.proc.pen, argomentando che le due versioni possibili dei fatti emerse in
dibattimento avrebbero dovuto portare all’assoluzione dell’imputato.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, contestando le valutazioni
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potenzialità lesiva del 14% e del reato di cui agli 81 e 73 comma 1 d.P.R. n.

operate dalla Corte territoriale in ordine agli elementi ritenuti ostativi al
riconoscimento delle predette circostanze attenuanti.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza o l’assoluzione dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile non soltanto perché ripropone i
medesimi motivi articolati con l’atto di appello, e motivatamente respinti dalla

(ex plurimis, Sez. 3, n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez.
6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasern, Rv. 259456), ma anche perché propone
doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione.
Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, richiede
sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze
processuali.
Nel motivo in esame, in sostanza, si espongono censure le quali si risolvono
in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti,
senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in
sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv.
235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006,
n. 37006, Piras, rv. 235508; Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767;
Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del
24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell’art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8
non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il
giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez.6,n.27429 del
04/07/2006, Rv.234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255
del 2012, Rv.253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256,
Rv. 234148).
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul
discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in
quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole
della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli
appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze

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Corte territoriale, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata

tra loro, oppure inconciliabili, infine, con “atti del processo”, specificamente indicati
dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o
dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento
svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4 08/04/2010 n. 15081;
Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989; Sez.5, n.6754 del 07/10/2014,
dep.16/02/2015, Rv.262722).
Ciò posto, nel ribadire che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione,

e 619 cod.proc.pen., ed esclusa l’ammissibilità di una rivalutazione del compendio
probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica
e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni
prive di illogicità (tantomeno manifeste) e di contraddittorietà.
In relazione al reato di detenzione illecita di stupefacente di cui al capo a)
dell’imputazione, infatti, la Corte di merito ha chiarito che non costituisce elemento
essenziale il momento del rinvenimento della sostanza stupefacente, in quanto
risulta, invece, decisiva la circostanza che il precedente possesso di tale sostanza
può essere riferito con certezza al prevenuto, sulla base di una valutazione
complessiva delle seguenti emergenze istruttorie: luogo di rinvenimento della
sostanza stupefacente (sotto il letto ove aveva dormito e dove era stato arrestato
il Mucaj); medesima composizione e medesime modalità di confezionamento delle?
stupefacente consegnate’ direttamente dall’imputato (la consulenza in atti
denotava una comune provenienza tra i 15 grammi lordi di cocaina rinvenuti nel
sacchetto posizionato sotto il letto dell’imputato ed il grammo di cocaina estratto
dal borsello e consegnato spontaneamente dall’imputato, desunta dall’esatta
percentuale di sostanza da taglio e cocaina cloridato base; rinvenimento all’interno
della abitazione dell’imputato di analoghi ritagli da busta di plastica); rinvenimento
all’interno della abitazione dell’imputato di strumento atto alla pesatura e
frazionamento della sostanza stupefacente (bilancino di precisione).
Ha, inoltre, spiegato perché le dichiarazioni rese dal teste Barraso non sono
contraddittorie: ha sottolineato come il verbale di perquisizione, al pari di quello
di arresto, era stato sottoscritto da tutti i militari che, nelle varie fasi (anche in
caserma) / avevano partecipato alle operazioni, senza specifica indicazione delle
attività svolte da ciascuno di essi; ha, quindi, affermato che risultava del tutto
normale che il maresciallo Barraso, nel riferire dell’accaduto in dibattimento,
avesse utilizzato, essendo il più alto in grado degli operanti e colui che aveva
diretto le operazioni, la prima persona plurale per indicare gli atti compiuti riferibili
indistintamente a tutti, salvo poi specificare / nel dettaglio, il ruolo personale svolto
nella vicenda.
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non già della decisione, come si desume da una lettura sistematica degli artt. 606

La motivazione, pertanto, congrua e priva di vizi logici, si sottrae al sindacato
di legittimità.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il rispetto della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio deve, come noto,
guidare il giudice nel processo di ricerca della verità e nella affermazione della
colpevolezza che va fatta solo quando questa sia accertabile in termini di certezza.
La regola di giudizio predetta contenuta nell’art. 533 c.p.p., comma 1 come
modificato dalla L. n. 46 del 2006, art. 5 impone, infatti, al giudice»! ricorso “ad

dubbio, con la conseguenza che il giudicante deve effettuare detta verifica in
maniera da scongiurare la sussistenza di dubbi interni (ovvero la
autocontraddittorietà o la sua incapacità esplicativa) o esterni alla stessa (ovvero
l’esistenza di una ipotesi alternativa dotata di razionalità e plausibilità pratica)” (in
termini Sez. 1 24.10.2011 n. 41110, P.G. in proc. )avad, Rv. 251507). Tale
principio, però, non ha affatto innovato la natura del sindacato della Corte di
Cassazione sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, “essere utilizzato
per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del
medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa,
una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del
giudice dell’appello” (Sez.1, n.41110 del 24/10/2011, Rv.251507).
La condanna al là di ogni ragionevole dubbio comporta, infatti, in caso di
prospettazione di un’alternativa ricostruzione dei fatti, che siano individuati gli
elementi di conferma dell’ipotesi ricostruttiva accolta, “in modo da far risultare la
non razionalità del dubbio derivante dalla stessa ipotesi alternativa, non potendo
detto dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile”.
(Sez. 4 17.6.2011 n. 30862, Giulianelli e altri, Rv. 250903). In altri termini, si
richiede che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur
astrattamente formulabili e prospettabili come possibili “in rerum natura” ma la
cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, sia esclusa in assenza di
riscontri pur minimi nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine
naturale delle cose e della normale razionalità umana (così Sez. 1 3.3.2010 n.
17921, Giampà, Rv. 247449).
Nel caso di specie, le affermazioni contenute nella sentenza impugnata sono
frutto di una valutazione approfondita che ha tenuto conto di tutti i dati probatori
acquisiti e sulla base della quale è stato espresso un giudizio di certezza, laddove
dietro l’asserito mancato rispetto della regola di cui sopra si cela una pretesa
ricostruzione alternativa della vicenda processuale che – nei termini in cui è stata
posta – è preclusa nel giudizio di legittimità.
3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato

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un metodo dialettico di verifica dell’ipotesi accusatoria secondo il criterio del

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle
circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza
di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi
di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione
delle circostanze in parola; l’obbligo di analitica motivazione in materia di
circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza
delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez.1, n. 3529
del 22/09/1993, Rv. 195339; sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro,

Inoltre, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice nel
motivare il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generichei non
deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti; è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o
superati tutti gli altri da tale valutazione , individuando, tra gli elementi di cui
all’art.133 cod.pen., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa
della personalità dell’imputato (Sez.3, n.28535 del 19/03/2014, Rv.259899;
Sez.6, n.34364 del 16/06/2010, Rv.248244; sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv.
230691).
Nella specie, la Corte territoriale ha negato la concessione delle circostanze
attenuanti generiche per la personalità negativa dell’imputato, come desunta dal
precedente penale e dalle modalità del fatto (cfr in merito alla sufficienza dei
precedenti penali dell’imputato quale elemento preponderante ostativo alla
concessione delle circostanze attenuanti generiche, Sez.2, n.3896 del 20/01/2016,
Rv.265826; Sez.1, n.12787 del 05/12/1995,Rv.203146).
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è, quindi,
giustificata da motivazione congrua ed esente da manifesta illogicità, che,
pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv.
242419).
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.

P.Q.M.

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Rv. 245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610).

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 15/02/2018

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