Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1603 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1603 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) EL HARIRY ATEF N. IL 10/07/1963
avverso la sentenza n. 565/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
06/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 6 ottobre 2011 la Corte di appello di Trieste, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine, sezione distaccata di
Cividale del Friuli, emessa il 18 novembre 2010 e appellata dal Procuratore
generale, ha dichiarato El Hariry Atef, cittadino egiziano, responsabile del
reato di cui all’art. 659 cod. pen. [capo a)] e, con le attenuanti generiche, lo
ha condannato alla pena di euro 100,00 di ammenda, confermando

660 cod. pen. [capo b)].
Sulla base delle testimonianze degli abitanti nei condomini di Stretta
Matteotti e Corte San Francesco, il giudice d’appello ha ritenuto provato che
l’El Hariry, in qualità di titolare del Bar Relax, in Cividale del Friuli, tenendo
l’impianto stereo a volume alto, in orario diurno e notturno, facendo le
pulizie nelle primissime ore del mattino, quindi spostando tavoli e gettando
bottiglie in modo rumoroso, avesse disturbato il riposo delle persone
residenti nei predetti condomini.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’El
Hariry personalmente, il quale deduce: 1) inosservanza di legge processuale
e, segnatamente, dell’art. 581 cod, proc. pen., deducendo l’inammissibilità
dell’impugnazione proposta dal Procuratore generale presso la Corte di
appello di Trieste avverso la sentenza di primo grado totalmente
assolutoria: i motivi addotti a sostegno dell’impugnazione sarebbe stati,
infatti, del tutto generici e illegittimamente la Corte di merito non avrebbe
dichiarato l’inammissibilità dell’appello; 2) inosservanza ovvero applicazione
della legge penale per travisamento delle risultanze processuali ed
istruttorie acquisite nel primo grado del giudizio, e manifesta illogicità della
motivazione quanto alla dichiarata responsabilità dell’imputato per il reato
di cui all’art. 659 cod. pen., rubricato al capo a) dell’imputazione.

CONSIDERATO in DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, poiché dalla
narrativa della sentenza impugnata si ricava la specificità del gravame
proposto dal Procuratore generale in punto di ritenuta errata equiparazione
delle testimonianze dei condomini residenti nella immediate vicinanze del
bar gestito dall’imputato e di quelle, di segno diverso, rese dagli avventori e
dipendenti del bar dell’E! Hariry.
Il

secondo motivo che denuncia il travisamento delle risultanze

processuali e la manifesta illogicità della motivazione propone, in realtà,
una diversa lettura degli esiti istruttori in senso ribaltato rispetto a quello
1

l’assoluzione dello stesso El Hariry dall’altro reato contestatogli di cui all’art.

indicato, con motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, dalla
Corte di merito. Quest’ultima ha, infatti, ritenuto che fossero maggiormente
attendibili le testimonianze dei residenti nei pressi del bar Relax, e anche
nello stesso stabile in cui esso si trova, rispetto alle testimonianze di
dipendenti e avventori del pubblico esercizio che, di quei rumori, avevano
una diversa percezione, trovandosi nel bar per attività di lavoro o di svago,
mentre gli abitanti ricercavano il riposo notturno e la tranquillità delle
schiamazzi eccessivi (volume troppo alto della musica e attività di pulizie
effettuate senza alcuna cautela). E, ancora, con motivazione del tutto
logica, la Corte di merito ha ritenuto non significativa la testimonianza
dell’agente di pubblica sicurezza che aveva controllato il locale, riscontrando
che il volume della musica, al momento del suo intervento, era nella norma,
essendo verosimile che il suo arrivo fosse stato notato e presegnalato al
gestore così da indurlo ad abbassare il volume dello stereo, sicché l’esito del
suo accertamento non si poneva in insanabile contrasto con le
testimonianze dei residenti.
A fronte, dunque, di tale adeguata e coerente motivazione, la censura
del ricorrente, pur formulata come denuncia di violazione di legge e vizio
della motivazione, postula in realtà una diversa interpretazione del
materiale probatorio non consentita in sede di legittimità.
Segue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, con essa, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 20 novembre 2012.

primissime ore del mattino, avvertendo di essere disturbati da rumori e

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