Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16028 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 16028 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
HUILLCA DIAZ MICHAEL, nato in Perù il 26/08/1989

avverso la sentenza del 26/04/2017 della Corte di appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del
ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Nicola Caricaterra, che ha concluso chiedendo
raccoglimento del ricorso.

Data Udienza: 15/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26/04/201, la Corte di appello di Roma, in riforma della
sentenza del Tribunale di Roma del 18.10.2010, con la quale Uillca Diaz Michael
era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 110 cod.pen. e 73
comma 1 d.P.R. n. 309/1990- per illecita detenzione in concorso di sostanza
stupefacente del tipo cocaina del peso complessivo lordo pari a gr 177 ed a 600
dosi medie singole- rideterminava la pena in anni tre, mesi sei, giorni venti di

2. Avverso tale sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione
l’imputato, articolando il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente
necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod.
proc. pen.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al
diniego di qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n.
309/1990, lamentando che la Corte territoriale aveva dato rilevo ostativo
all’elevatissimo numero di dosi rinvenute senza tener conto delle modalità della
condotta e dello stato di tossicodipendenza dell’imputato.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è basato su motivo infondato.
2.Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di detenzione
e spaccio di sostanze stupefacenti, se è vero che ai fini della verifica circa la
sussistenza della fattispecie attenuata di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n.
309 del 1990, il Giudice di merito deve di regola compiere una valutazione
complessiva del fatto contestato, condotta sulla base dei parametri di riferimento
specificamente indicati nella norma (i mezzi, le modalità e le circostanze
dell’azione, oltre alla quantità e qualità della sostanza), ove, però, la quantità della
sostanza stupefacente sia considerevole, il dato ponderale può essere
legittimamente reputato sintomo sicuro di una notevole potenzialità offensiva del
fatto e di diffusibilità dell’attività di spaccio e, perciò, sufficiente a negare
l’attenuante della lieve entità del fatto, senza necessità che il giudice prenda
espressamente in esame gli altri parametri normativi (Sez.6,n.21962 del
02/04/2003, Rv.225414; Sez.4, n.34331 del 03/06/2009, Rv.245199; Sez.U,
n.35737 del 24/06/2010,Rv.247911; Sez. 4, n. 22643 del 21/05/2008, Rv.

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reclusione ed euro 12.000,00 di multa.

240854; Sez. 6, n. 39931 del 16/10/2008, Rv. 242247, Sez. 1, n. 4875 del
19/12/2012, dep. 31/01/2013, Rv. 254194).
Tale principio è ribadito da Sez 6,n.41090 del 18/07/2013, Rv.256609, che
ha affermato che l’attenuante di cui al comma quinto dell’art. 73 del d.P.R. n. 309
del 1990 è configurabile nelle ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio, che si
caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e
dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro
nonchè di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una

valore e della tipologia della sostanza stupefacente – a dosi conteggiate a “decine”;
ed ha precisato che “non potrà ritenersi rientrare nell’ipotesi attenuata una
detenzione di droga in quantità superiore ad una soglia ragionevole, anche laddove
non siano evidenziate particolari mezzi e modalità dell’azione, è la stessa
“quantità” che, da sola, non consente di ipotizzare che il detentore svolga attività
di piccolo spaccio”.
Il principio suesposto è stato affermato anche a seguito della qualificazione
della ipotesi del comma 5 art. cit. come reato autonomo (per effetto degli
interventi normativi di cui alli art. 2 D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con
modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10 e successivamente modificato
dalla legge 16 maggio 2014 n.79) da Sez.6, n.45694 del 28/09/2016, Zuccaro,
Rv.268293, che, nell’affermare che qualora il dato ponderale sia, in sé, compatibile
tanto con le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990
quanto con quella autonoma, “lieve”, di cui al comma quinto del medesimo
articolo, il giudice deve in motivazione specificare quali altri elementi consentano
di qualificare il fatto nell’una o nell’altra ipotesi di reato, ha ribadito che va “fatta
salva ovviamente la situazione in cui ci si trovi di fronte a quantità e/o modalità
della condotta che riportino immediatamente il fatto in uno dei due reati, rendendo
superflua una motivazione ad hoc”.
Nel caso di specie, come, correttamente valutato dai Giudici di merito, il solo
dato della quantità (quantità che, per come descritta- oltre 90 grammi di cocaina
pura dalla quale risultavano ricavabili 600 dosi medie-, non può costituire la
provvista per la successiva rivendita) è già di per sé indicativo di una notevole
potenzialità offensiva del fatto e di diffusibilità dell’attività di spaccio in quanto è
la stessa “quantità” che, da sola, non consente di ipotizzare che il detentore svolga
attività di “piccolo spaccio” rendendo superfluo che il Giudice prenda
espressamente in esame gli altri parametri normativi di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. n. 309/1990.
A fronte di tale rilievo, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto
circostanza irrilevante anche lo stato di tossicodipendenza dell’imputato, in

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provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore – tenendo conto del

conformità del principio secondo cui in tema di reati concernenti sostanze
stupefacenti, ai fini della configurabilità del fatto di lieve entità, lo stato di
tossicodipendente può rilevare solo se sì accerti che lo spaccio non ha dimensioni
ragguardevoli, sì da fare apparire verosimile che l’imputato ne destini i proventi
all’acquisto di droga per uso personale (Sez.3, n.32695 del 27/03/2015,
Rv.264490).
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di

ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 15/02/2018

inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del

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