Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15986 del 07/01/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15986 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
MARZICO FABIO N. IL 11/05/1977
avverso la sentenza n. 3507/2014 CORTE d’APPELLO di MILANO, del 30/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/01/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. DI NARDO
MARILIA che ha concluso per l’annullamento con rinvio per rideterminazione della pena;
Udito il difensore Avv. VALENTE ARTURO che si riporta ai motivi di ricorso;

CONSIDERATO IN FATTO
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza 588/2007, affermava la penale responsabilità di
MARZICO FABIO in ordine ai reati di cui ai capi di imputazione a), b) e c), rispettivamente di
concorso in rapina aggravata, sequestro di persona, detenzione di armi e altro, e, ritenuta la

Data Udienza: 07/01/2016

continuazione e concesse le attenuanti generiche equivalenti, lo condannava alla pena di anni
cinque di reclusione ed euro 2.000,00 di multa.
Con sentenza 3507/2014 la Corte d’appello di Milano – terza sezione penale -, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio del 14.04.2009, dichiarava di non doversi
procedere nei confronti di Marzico Fabio in relazione ai reati ascritti ai capi b) e c) perché
estinti per prescrizione e determinava la pena per il residuo reato di cui al capo a)
d’imputazione (artt. 110, 628, commi 1 e 3 n. 1 c.p.) in anni cinque di reclusione ed euro

Avverso tale sentenza ricorreva, per mezzo del difensore di fiducia, MARZICO FABIO, il quale,
con un unico motivo di ricorso, lamentava la violazione dell’art. 606 lett. c) ed c) c.p.p. per
erronea determinazione della pena e vizio di motivazione in ordine all’art. 605 c.p.p.;
RITENUTO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Osserva la Corte come, nella sentenza d’appello, sussista un contrasto tra la
motivazione, nella quale si stabilisce l’espunzione della pena applicata in continuazione,
relativa ai reati di cui ai capi b) e c) estinti per prescrizione, e il dispositivo, nel quale, invece,
viene confermata la medesima pena di anni 5 di reclusione ed euro 2000,00 di multa, irrogata
dal giudice di prime cure.
Nel caso di specie, il giudice di primo grado aveva erroneamente determinato la pena finale,
relativa alla reclusione, all’esito dell’applicazione dell’istituto della continuazione, e in contrasto
con quanto precisato in motivazione (sei mesi di aumento per il reato di cui al capo b) e
quattro mesi per il reato di cui al capo c), nella pena complessiva di anni cinque di reclusione e
2000,00 euro di multa (di cui 1000,00 per la continuazione).
Tuttavia nell’ipotesi in cui vi sia contraddizione tra motivazione e dispositivo è principio
consolidato quello secondo il quale debba ritenersi prevalente il dispositivo, in quanto, mentre
la motivazione assolve una finalità esplicativa della decisione adottata, il dispositivo costituisce
l’atto con il quale il giudice estrinseca la volontà della legge nel caso concreto (in tal senso, tra
le tante, Sez. 2, Sentenza n. 7273 del 05/02/1982 Ud., Rv. 154718; Sez. 1, Sentenza n. 8084
del 06/04/1987 Ud., Rv. 176336; Sez. 6, Sentenza n. 935 del 28/10/1988 Ud., Rv. 180268).
Allo stato, pertanto, deve ritenersi che la pena della reclusione, così come fissata nel
dispositivo, pari a cinque anni comprenda anche l’aumento per la continuazione.
Ciò premesso, la Corte d’appello, nel momento in cui ha dichiarato estinti per prescrizione due
dei tre reati, doveva correttamente eliminare la quota parte di pena pecuniaria e detentiva che
ad essi erano riferibili.
Questo non è stato fatto, né è stato possibile eseguirlo in sede di legittimità mancando i
riferimenti relativi alle quote parte dei singoli aumenti da eliminare.

2.000,00 di multa.

gen4ciu4o
ernitt/D, in questo caso, pur essendo incorsa la Corte d’appello in un errore nel calcolo della
pena da irrogare per il solo capo d’imputazione rimasto, questa Corte è stata impossibilitata a
procedere direttamente alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio, in considerazoione
delle determinazioni del giudice di merito che, in punto di discrezionalità valutativa, ha fatto
riferimento ad indici referenziali aperti.
Pertanto, risulta necessario un rinvio degli atti al giudice d’appello per un nuovo giudizio volto
alla rideterminazione della pena e destinato a sfociare in un nuovo esito sanzionatorio (in tal
senso, Sez. 6, sent. n. 14984 del 05/03/2014, Costanzo, Rv. 259355; Sez. 6, sent. n. 14995

Festante e altri, Rv. 259370; Sez. 4, sent. n. 21064 del 14/05/2014, Napoli, Rv. 259382; Sez.
3, sent. n. 25176 del 21/05/2014, Amato ed altri, Rv. 259396; Sez. 3, sent. n. 26340 del
25/03/2014, Di Maggio e altro, Rv. 260058).
Alla luce delle suesposte considerazioni, deve essere annullata la sentenza impugnata con
rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per un nuovo giudizio in ordine al
trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata relativamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra
sezione della Corte d’appello di Milano per la rideterminazione della pena.

Così deciso in Roma, 7 gennaio 2016.

del 26/03/2014, Lampugnano e altro, Rv. 259359; Sez. 4, sent. n. 19267 del 02/04/2014,

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