Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15965 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 15965 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EL OMARI YOUSSEF N. IL 10/05/1983
avverso l’ordinanza n. 551/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
26/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BpNI;
lette/swatite le conclusioni del PG Dott. rtt
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Uditi difens r Avv.;

Data Udienza: 21/03/2013

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza resa il 26 giugno 2012 La Corte di Appello di Milano, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di Youssef El Omari diretta
ad ottenere la restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la
sentenza di condanna, pronunciata a suo carico dal Tribunale di Como in data 29
aprile 2011, irrevocabile il 18 ottobre 2011, ritenendo ostativo al suo accoglimento
il rilievo della sua tardiva proposizione.

mezzo del suo difensore, il quale lamenta violazione di legge in relazione al disposto
dell’art. 175, comma 2 e 2-bis cod. proc. pen. e carente motivazione per non avere
la Corte di Appello considerato che era stata prodotta la sola documentazione,
relativa all’ordine di carcerazione, consegnata al detenuto quale anticipazione
dell’ordine di esecuzione pena da notificargli successivamente, adempimento dal
quale sarebbe iniziato a decorrere il termine per presentare l’istanza di restituzione
nel termine per impugnare, mentre sarebbe spettato al giudice dell’esecuzione
effettuare le verifiche necessarie presso la Procura della Repubblica di Conio o la
casa circondariale ove egli era ristretto.
3.

Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di

Cassazione, dr. Vincenzo Geraci, ha chiesto annullarsi l’ordinanza impugnata
condividendo i motivi di ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va quindi accolto.
1.L’ordinanza impugnata ha fondato la reiezione dell’istanza di remissione in
termini sul rilievo, ritenuto dirimente ed assorbente ogni altro, della mancata
dimostrazione della tempestività dell’istanza, in quanto in allegato alla stessa era
stata prodotta una copia non integrale ed informale dell’ordine di carcerazione e del
contestuale decreto di sospensione dell’esecuzione, senza al contempo avere offerto
prova della data della relativa notificazione, non desumibile con certezza dalla
strisciata del 4 maggio 2012, non riferibile in modo sicuro a quell’atto per la
presenza nella prima pagina della copertura di una riga mediante applicazione di
uno strato di “bianchetto”.
1.1 Siffatta decisione si fonda sull’applicazione dell’art. 175 cod. proc. pen.,
che è stato però oggetto di interpretazione non condivisibile.
1.2 Invero, come puntualmente argomentato dal Procuratore Generale nella
sua requisitoria, l’istituto della remissione in termini per proporre impugnazione
avverso sentenza contumaciale ha subito profonde modificazioni a seguito della

2. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione l’interessato a

legge n. 60 del 2005, in quanto, allo stato, l’onere della prova dei requisiti di legge
per poter accedere al beneficio non è più a carico dell’imputato, ma piuttosto
dell’autorità giudiziaria, tenuta a compiere “ogni necessaria verifica” sull’appresa
conoscenza della sentenza non impugnata in modo da poter ricollegare all’inerzia
della parte interessata il significato concludente di rinuncia a contestare la decisione
sfavorevole.
1.3 Resta, invece, immutato altro requisito, condizionante in negativo
l’accoglimento dell’istanza, ossia la sua proposizione entro il termine di giorni

giudiziale per la cui impugnazione chiede di essere rimesso in termini. Sotto questo
profilo la novellazione dell’art. 175 cod. proc. pen. non ha apportato alcun elemento
di novità, per cui “nei casi in cui la sentenza contumaciale sia stata ritualmente
notificata al difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 165 c.p.p., e sul punto la sentenza
non sia stata impugnata, è onere del richiedente provare la diversa epoca in cui ne
era venuto a conoscenza onde consentire il riscontro del rispetto del termine di
trenta giorni per presentare la richiesta, dovendosi in difetto ritenere verificatasi la
decadenza dal termine” (così Cass. sez. 2, n. 12791 dell’8/3/2011, Tusha, rv.
249677; negli stessi termini Cass. sez. 2, n. 5443 del 22/1/2010, Sadraoui, rv.
246437; sez. 5 n. 14882 del 26/11/2009, Ben Hassine, rv. 246858; sez. 1, n. 6607
del 5/2/2008, Pala, rv. 239369).
2. Si è poi sostenuto che la vigente disciplina della remissione in termini, per
la formulazione testuale della norma che la regola, non tollera oneri probatori a
carico del condannato che abbia ignorato il provvedimento di condanna, perché la
loro imposizione si tradurrebbe in una limitazione delle facoltà difensive in contrasto
con i principi costituzionalizzati del giusto processo, sicchè l’unico adempimento che
resta comunque a carico di chi chieda di essere rimesso in termini riguarda

l’allegazione di uno stato di fatto che lo coinvolge in prima persona, ossia del
momento in cui è venuto a conoscenza del provvedimento da impugnare
tardivamente, onere che quindi può essere assolto soltanto da chi si è trovato a
vivere quella situazione di fatto, rispetto alla cui deduzione spetterà poi al giudice
condurre le necessarie verifiche.
2.1 Al contrario, la Corte territoriale pretende che, oltre ad allegare,
l’interessato dimostri in modo puntuale il momento di verificazione di tale
condizione, trascurando però che, a norma dell’art. 666 cod. proc. peri., comma 5,
la disciplina generale dell’esecuzione non pretende da chi invochi un provvedimento
favorevole che l’adempimento del dovere di prospettare e di indicare al giudice i
fatti sui quali la sua richiesta si basa, spettando piuttosto all’autorità giudiziaria il
compito di procedere ai relativi accertamenti (Cass. sez. 5, n. 4692 del
14/11/2000, Sciuto M, Rv. 219253; Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010 – d p..74
2

trenta, decorrente dal momento dell’acquisita conoscenza del provvedimento

28/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276; Sez. 5, n. 21326 del 06/05/2010 – dep.
04/06/2010, Faneli, Rv. 247356)
2.2 Nel caso in esame l’interessato ha, non soltanto indicato la situazione di
fatto a seguito della quale aveva preso conoscenza della sentenza contumaciale del
Tribunale di Corno, ma ha anche offerto dati concreti di natura documentale a
riscontro delle proprie affermazioni, suscettibili di verifica presso la Procura della
Repubblica di Corno, ufficio in grado di trasmettere informazioni ed atti dimostrativi
dei tempi e modi del procedimento di esecuzione riguardante quel titolo giudiziale

del documento allegato all’istanza.
Avendo omesso il doveroso riscontro di quanto dedotto dall’istante, la Corte di
Appello è incorsa nel vizio di violazione di legge, il che impone di annullare
l’ordinanza che ha pronunciato e di rinviare gli atti allo stesso ufficio per nuovo
esame della richiesta del condannato nel rispetto dei principi di diritto sopra
richiamati.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello
di Milano.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2013.

nei confronti del ricorrente e di fugare così qualsiasi dubbio circa la non autenticità

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