Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15964 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 15964 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
L’AQUILA
nei confronti di:
DI MARCO DANTE N. IL 05/08/1939
RICCI ACHILLE N. IL 14/03/1958
RICCI AUGUSTO N. IL 20/03/1962
ZANGARI NINO N. IL 09/02/1965
avverso il decreto n. 10/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
29/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 21/03/2013

N. 34672/12-RUOLO N.11 C.C.N.P. (2124)
RITENUTO IN FATTO

1.Con decreto del 29 febbraio 2012 la Corte di appello di L’Aquila ha accolto il
ricorso proposto, ex art. 3 ter comma 2 legge 31.5.1965 n.575 e dell’art. 4
commi ottavo, nono, decimo ed undicesimo legge 27.12.1956 n.1423, da
ZANGARI Nino, RICCI Achille e RICCI Augusto avverso il decreto del 6 giugno
2011, con il quale il Tribunale di L’Aquila, su proposta del P.M. in sede, aveva
della confisca delle quote della s.r.l. “ALBA D’ORO” appartenenti a ZANGARI
Nino, RICCI Achille e RICCI Augusto, nonché delle quote della s.r.l. “MARSICA
PLASTICA” appartenenti a RICCI Achille, avendo ritenuto che i predetti
imprenditori avevano investito in tali due società capitali riconducibili a
CIANCIMINO Massimo.
2.La Corte d’appello di L’Aquila ha ritenuto che il provvedimento di confisca
presupponeva in ogni caso il previo provvedimento di sequestro degli stessi beni
che si andavano a confiscare, si che non era concepibile a livello normativo una
confisca non preceduta dal sequestro dei beni.
La richiesta di confisca non avrebbe potuto comunque essere accolta in quanto
non era stata provata l’illecita provenienza dei beni, in ordine ai quali la confisca
era stata chiesta, non potendo essa essere collegata solo alla circostanza che si
trattasse di partecipazioni in società delle quali facevano parte ovvero avevano
fatto parte personaggi in qualche modo ritenuti collegati alla criminalità
organizzata; neppure era stata provata la sproporzione fra il valore di detti beni
o partecipazioni sociali ed i redditi dichiarati o l’attività economica dei singoli
proposti.
3.Avverso detto decreto della Corte d’Appello di L’Aquila propone ricorso per
cassazione il P.G. presso la Corte d’appello di L’Aquila, deducendo:
I)-violazione di legge in quanto erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto
che la fase del sequestro dei beni fosse previamente indispensabile per la
successiva confisca dei medesimi beni e che, mentre la fase del sequestro poteva
essere officiosa ed avvenire senza contraddittorio, la successiva fase della
confisca prevedeva necessariamente il contraddittorio; al contrario, nella specie,
il Tribunale non aveva proceduto a sequestri nelle more del procedimento di
prevenzione, disponendo direttamente la confisca proprio per meglio garantire le
parti private, avendo instaurato un ampio e completo contraddittorio prima di
decidere.

applicato nei loro confronti le misure di prevenzione patrimoniale del sequestro e

Occorreva poi tener conto del dato letterale introdotto nel 2008 dal d.l. n. 92 del
2008, convertito nella legge n. 125 del 2008 all’art. 2 ter della legge n. 575 del
1965, il cui comma 11 prevedeva che la confisca (e solo la confisca) potesse
essere proposta anche nei confronti degli eredi del proposto; che, inoltre, con la
citata novella legislativa del 2008, si era parlato solo della confisca e della
possibilità per la sentenza che disponeva la confisca di dichiarare la nullità degli
atti dispositivi dei beni fittiziamente intestati a terzi, senza fare alcun cenno al
previa sequestro degli stessi beni; quindi, nella specie, il sequestro non poteva
s.r.l. “ALBA D’ORO” avevano già formato oggetto di sequestro preventivo ad
opera delle a.g. di L’Aquila e di Avezzano;
II)-violazione di legge in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal
provvedimento impugnato, il P.M. in primo grado aveva chiesto espressamente
sia il sequestro che la confisca delle quote della s.r.l. “ALBA D’ORO”;
III)-violazione di legge in quanto la Corte territoriale aveva rigettato la sua
richiesta, intesa ad ottenere l’acquisizione delle ordinanze di custodia in carcere
emesse dal G.I.P. di Palermo nei confronti di LAPIS Gianni e ZANGARI Nino ed
altri per associazione a delinquere e riciclaggio; erroneamente la Corte
territoriale aveva ritenuto irrilevante l’acquisizione dei documenti anzidetti, da
ritenere, al contrario, sommamente rilevante, in quanto idonea a provare che gli
imprenditori locali ZANGARI Nino, RICCI Achille e RICCI Augusto avessero
utilizzato le s.r.l. “ALBA D’ORO” e “MARSICA PLASTICA” per riciclare capitali
provenienti da attività criminose.
4.1 proposti RICCI Achille e RICCI Augusto, per il tramite del loro comune
difensore, hanno depositato il 5 marzo 2013 memoria, con la quale hanno
chiesto il rigetto del ricorso proposto dal P.G. di L’Aquila, deducendo:
1)-l’inscindibilità fra sequestro e confisca, più volte ribadita dalla giurisprudenza
di legittimità, la quale aveva più volte ritenuto che la legge n. 575 del 1965, nel
prevedere quale oggetto della confisca i beni sottoposti a sequestro, aveva
delineato un modello procedimentale nel quale la confisca doveva essere
preceduta dal sequestro, si che sequestro e confisca dovevano ritenersi connessi
quali momenti sequenziali; e ciò al fine di tutelare da un lato l’interesse pubblico
ad evitare la dispersione dei beni confiscabili; dall’altro i privati interessati alla
misura, i quali sarebbero stati lesi nelle loro esigenze difensive, qualora fossero
stati ritenuti direttamente destinatari della misura di prevenzione patrimoniale
della confisca.
Essi esponenti poi non avevano mai subito il sequestro dei beni ad essi poi
confiscati; ed il P.M., contrariamente a quanto sostenuto dal P.G. ricorrente,
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ritenersi propedeutica alla confisca, anche perché, a ben vedere, le quote della

aveva chiesto il sequestro delle loro partecipazioni sociali per la prima volta in
sede di memorie conclusive dell’Il maggio 2011; era quindi da escludere che il
P.M. potesse chiedere direttamente in sede di conclusioni il sequestro di beni
diversi da quelli originariamente indicati;
II)-l’inammissibilità del ricorso del P.G. di L’Aquila, siccome proposto senza
l’osservanza dei termini di cui all’art. 591 cod. proc. pen. in relazione all’art. 585
cod. proc. pen., atteso che il ricorso per cassazione del P.G. non indicava la data
del suo deposito presso la cancelleria del giudice a quo, con conseguente

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va innanzitutto rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dai proposti
RICCI Achille e RICCI Augusto, il ricorso proposto dal P.G. di L’Aquila è
tempestivo, siccome depositato in Cassazione entro il termine di giorni 15 da
quello in cui l’ordinanza impugnata è pervenuta alla Procura generale di L’Aquila.
2.Fatta tale premessa di carattere processuale, va ritenuto che, nel merito, sono
fondati i primi due motivi di ricorso proposti dal P.G. presso la Corte d’appello di
L’Aquila e da esaminare congiuntamente siccome strettamente correlati fra di
loro.
3.E’ invero da condividere la tesi sostenuta dal P.G. ricorrente, secondo cui la
misura di prevenzione patrimoniale della confisca ben poteva essere adottata dal
Tribunale di L’Aquila pur in assenza di un previo provvedimento di sequestro e
che, inoltre, le due misure di prevenzione patrimoniale anzidette potevano essere
adottate con un unico provvedimento.
4.Ritiene invero il Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo
il quale non è rinvenibile alcun argomento interpretativo testuale o sistematico
idoneo a sorreggere l’assunto fatto proprio dal decreto impugnato, secondo cui il
provvedimento di sequestro deve essere adottato con un autonomo
provvedimento, al quale obbligatoriamente deve fare seguito nel tempo quello
della confisca.
5.Invero la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. SS.UU. n. 36 del 13/12/2000,
Madonia, Rv. 217666), in coerenza con la linea interpretativa tracciata dalla
sentenza delle Corte Costituzionale n. 465 del 1993, ha riconosciuto come unico
limite temporale il termine perentorio di cui all’art. 2 ter comma 3 della legge n.
575 del 1965, nel senso che la confisca dei beni già sottoposti a sequestro e dei
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impossibilità di attestarne la tempestività.

quali non venga dimostrata la legittima provenienza deve necessariamente
essere emanata entro un anno, prorogabile di un altro eventuale anno, dal
sequestro.
Corollario di tale principio, che non fissa alcuna necessaria cadenza temporale fra
le due misura patrimoniali in esame, è che il sequestro quale misura di
prevenzione patrimoniale, pur svolgendo normalmente una funzione prodromica
rispetto alla misura patrimoniale della confisca, ben può essere applicato
unitamente alla confisca e con un unico atto, allorché, come nel caso in esame,
luogo alla misura ablativa finale della confisca (cfr., in termini, Cass. Sez. 1 n.
27819 del 27/6/2006, Caracciolo, Rv. 234976).
6.Solo nei termini anzidetti va pertanto inteso il collegamento fra le misure di
prevenzione patrimoniale del sequestro e della confisca.
7.Da quanto sopra consegue l’annullamento del decreto impugnato, con rinvio
degli atti alla Corte d’appello di L’Aquila, affinché esamini nuovamente il ricorso
proposto da ZANGARI Nino, RICCI Achille e RICCI Augusto.
8.Va invero rilevato che appaiono del tutto generiche le argomentazioni svolte
dal decreto impugnato per ritenere non provata né l’illecita provenienza dei beni,
in ordine ai quali era stata disposta in primo grado la confisca, né la sproporzione
fra il valore di detti beni ed i redditi dichiarati dai singoli proposti.
MAL
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di
L’Aquila.
Così deciso il 21 marzo 2013.

non sia stato ritenuto necessario svolgere alcun ulteriore accertamento per far

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