Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15957 del 13/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15957 Anno 2018
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
HOUSINE SAIDI nato il 20/04/1986

avverso la sentenza del 13/04/2017 del TRIBUNALE di ANCONA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;

Data Udienza: 13/12/2017

RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Housine Saldi ricorre tempestivamente di persona per la cassazione della
sentenza con cui gli è stata applicata ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen.
dal Tribunale di Ancona il 13 aprile 2017 la pena concordata con il P.M. in relazione
a tre ipotesi di furto consumato aggravato (capi A, C e D) e ad una ipotesi di
tentativo di furto aggravato (capo B), fatti commessi, rispettivamente, l’8-9 settembre 2016, il 30 ottobre 2016, il 22 novembre 2016 ed il 29 ottobre 2016.

motivazionale in relazione al trattamento sanzionatorio, non comprendendosi – si
legge nell’atto di impugnazione – perché non sia stato concesso all’imputato il
minimo della pena né perché il riconoscimento delle attenuanti generiche sia stato
disatteso dal giudice soltanto sulla base di un generico precedente specifico.

3. Il profilo di doglianza è inammissibile.
3.1. Va premesso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, ha ratificato l’accordo intervenuto tra le parti, escludendo motivatamente, sulla base degli
atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen. per il proscioglimento dell’odierno ricorrente.
Ciò posto, la, pur sintetica, motivazione, ove Si dà atto delle fonti di prova (p.
1 della decisione), avuto riguardo alla – consapevole e volontaria – rinunzia alla
contestazione delle prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella
domanda di patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti
che ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr. Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214637; Sez. U, n. 10372
del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv. 191135). Infatti, come la S.C. ha ripetutamente affermato (cfr., ex plurimis, Sez. U, 27/09/1995, Serafino, cit.), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura
della stessa e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, anche se succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(cioè: sussistenza dell’accordo delle parti; corretta qualificazione giuridica del
fatto; applicazione di eventuali circostanze; giudizio di bilanciamento; congruità
della pena; concedibilità della sospensione condizionale della pena, ove la richiesta

2

2. Il ricorrente denunzia violazione di legge (artt. 132 e 133 cod. pen.) e vizio

sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (cioè che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.).
3.2. Ciò posto, con la pronuncia a Sezioni unite n. 5838 del 28/11/2013, dep.
2014, Citarella e altri, Rv. 257824, si è, ancora una volta, ribadito che la censura
relativa alla determinazione della pena concordata – stimata corretta dal Giudice
di merito – non può essere dedotta in sede di legittimità al di fuori dell’ipotesi di
determinazione di una pena contra legem: ipotesi che, di certo, non ricorre nel
caso di specie. L’imputato, infatti, non può prospettare con il ricorso censure che

sia stata quantificata in modo illegittimo (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 13589 del
19/02/2015, B., Rv. 262943).
Nel caso in esame, l’accordo tra le parti si è formato su di una proposta di
pena, contenuta nella cornice edittale, non ancorata sul minimo (tenuto conto della
gravità dei fatti e della personalità dell’imputato: cfr. p. 1 della motivazione),
senza circostanze attenuanti generiche ed è su tale accordo che è intervenuta congrua – delibazione giudiziale: resta, così, preclusa ogni successiva doglianza al
riguardo quanto al trattamento sanzionatorio lato sensu inteso.

4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna
del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/12/2017.

Il Consigliere estensore
Daniele C ci

Il P esidente
Frances

aria Ciampi

coinvolgono il patto dal medesimo accettato, a meno che la pena determinata non

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