Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15946 del 13/12/2017
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15946 Anno 2018
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
D’IGNOTI PARENTI nato il 01/03/1973 a CATANIA
avverso la sentenza del 27/03/2017 del TRIBUNALE di CATANIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;
Data Udienza: 13/12/2017
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
D’Ignoti Parenti ricorre tempestivamente di persona per la cas-
Asazione della sentenza con cui gli è stata applicata ai sensi degli artt. 444 e ss.
(
cod. proc. pen. dal Tribunale di Catania il 27 marzo 2017 la pena concordata con
il Pubblico Ministero in relazione ai reati di furto consumato pluriaggravato (capo
A) e di evasione (capo B), fatti entrambi commessi il 14 marzo 2017.
2. Il ricorrente denunzia violazione di legge e vizio motivazionale in relazione
Chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Il profilo di doglianza è inammissibile.
Va premesso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, ha ratificato
l’accordo intervenuto tra le parti, escludendo motivatamente, sulla base degli atti,
che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen. per il proscioglimento dell’odierno ricorrente.
Ciò posto, la, pur sintetica, motivazione (penultima pagina della decisione),
avuto riguardo alla – consapevole e volontaria – rinunzia alla contestazione delle
prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella domanda di patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del
merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue,
appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla
ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr. Sez. U, n. 20
del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214637; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino,
Rv. 202270; Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv. 191135).
Infatti, come la S.C. ha ripetutamente affermato (cfr., ex plurimis, Sez. U,
27/09/1995, Serafino, cit.), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della stessa e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, anche se succintamente, di
aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (cioè: sussistenza
dell’accordo delle parti; corretta qualificazione giuridica del fatto; applicazione di
eventuali circostanze; giudizio di bilanciamento; congruità della pena; concedibilità della sospensione condizionale della pena, ove la richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (cioè che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.).
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alle ragioni del mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna
del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/12/2017.
P.Q.M.