Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15944 del 13/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15944 Anno 2018
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
YURKOVSKII ALEXANDER nato il 31/01/1998

avverso la sentenza del 14/01/2017 del TRIBUNALE di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;

Data Udienza: 13/12/2017


RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Alexander Yurkovskii ricorre tempestivamente di persona per la cassazione
della sentenza con cui gli è stata applicata ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc.
pen. dal Tribunale di Bologna il 14 gennaio 2017 la pena concordata con il P.M. in
relazione al reato di furto consumato aggravato, commesso il 13 gennaio 2017.

2. Il ricorrente denunzia violazione di legge e vizio motivazionale in relazione
al trattamento sanzionatorio. In particolare, censura assenza di motivazione: circa

nuanti generiche; ed in relazione al giudizio di equivalenza tra l’attenuante di cui
all’art. 62, n. 4, cod. pen. e l’aggravante della minorata difesa.

3. Il profilo di doglianza è inammissibile.
3.1.Va premesso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, ha ratificato
l’accordo intervenuto tra le parti, escludendo motivatamente, sulla base degli atti,
che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen. per il proscioglimento dell’odierno ricorrente.
Ciò posto, la, pur sintetica, motivazione (p. 1), avuto riguardo alla – consapevole e volontaria – rinunzia alla contestazione delle prove dei fatti costituenti
oggetto di imputazione implicita nella domanda di patteggiamento, nonché alla
speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente
adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr. Sez. U, n. 20 del 27/10/1999,
Fraccari, Rv. 214637; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202270;
Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv. 191135).
Infatti, come la S.C. ha ripetutamente affermato (cfr., ex plurimis, Sez. U,
27/09/1995, Serafino, cit.), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della stessa e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, anche se succintamente, di
aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (cioè: sussistenza
dell’accordo delle parti; corretta qualificazione giuridica del fatto; applicazione di
eventuali circostanze; giudizio di bilanciamento; congruità della pena; concedibilità della sospensione condizionale della pena, ove la richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (cioè che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.).
2

la congruità della pena; quanto alla mancata concessione delle circostanze atte-

3.2. Ciò posto, si osserva che con la pronuncia a Sezioni unite n. 5838 del
28/11/2013, dep. 2014, Citarella e altri, Rv. 257824, si è, ancora una volta, ribadito che la censura relativa alla determinazione della pena concordata – stimata
corretta dal Giudice di merito – non può essere dedotta in sede di legittimità al di
fuori dell’ipotesi di determinazione di una pena contra legem: ipotesi che, di certo,
non ricorre nel caso di specie.
L’imputato, infatti, non può prospettare con il ricorso censure che coinvolgono
il patto dal medesimo accettato, a meno che la pena determinata non sia stata

B., Rv. 262943).
Nel caso in esame, l’accordo tra le parti si è formato su di una proposta di
pena, contenuta nella cornice edittale, con espressa valutazione di equivalenza tra
equivalenza tra l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. e l’aggravante della
minorata difesa, stante l’età della vittima, e senza il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e su tale accordo è intervenuta congrua delibazione
giudiziale: resta, così, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo quanto al
trattamento sanzionatorio lato sensu inteso.

4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna
del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/12/2017.

Il Consigliere estensore

Il Presidente
Francesco M Ciampi

quantificata in modo illegittimo (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 13589 del 19/02/2015,

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