Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15943 del 07/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15943 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ORLANDO GIUSEPPE N. IL 05/10/1968
avverso l’ordinanza n. 34/2015 TRIB. LIBERTA’ di TRAPANI, del
29/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO FILIPPINI;
lette/ste le conclusioni del PG Dott. f
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Data Udienza: 07/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto del 30.6.2015 il giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Marsala disponeva, nei confronti di Orlando Giuseppe, il
sequestro preventivo di un immobile ad uso abitativo, ubicato in contrada
Triscina del Comune di Castelvetrano, identificato al catasto degli immobili
del predetto comune al foglio 179, part. 2177 sub 3, intestato a Domus
Aurea s.r.l. ma nella materiale disponibilità dell’Orlando, indagato in ordine al

legge 7 agosto 1992, n. 356 , in concorso con altri soggetti.
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l’indagato
Orlando Giuseppe contestando la legittimità del provvedimento gravato.
1.2. Il Tribunale di Trapani respingeva l’istanza proposta, confermando il
decreto impugnato, con ordinanza del 29.7.2015.
2.

Ricorreva per Cassazione l’indagato, sollevando i seguenti motivi di
gravame:

2.1.

violazione di legge in relazione all’art. 12 quinquies del D.L. 8

giugno 1992, n. 306, nonché mancanza e manifesta illogicità della
motivazione in relazione ai seguenti profili: – mancata dimostrazione in
capo al correo Como Gaspare (genero del latitante Matteo Messina Denaro
e presunto reale titolare del bene in questione) di alcun dolo specifico
necessario per integrare il reato ipotizzato, atteso che ad oltre 9 anni dalla
scarcerazione, avvenuta nel 2005, il Como non era stato raggiunto da alcun
ulteriore provvedimento giudiziario e nessuna consapevolezza, pertanto,
poteva avere circa il rischio di essere sottoposto a misura di prevenzione
patrimoniale, tanto da indurlo ad intestare fittiziamente a terzi i propri
beni; – non credibilità e, in ogni caso, non rilevanza delle dichiarazioni rese
da Cimarosa Lorenzo, imprenditore divenuto collaboratore di giustizia, che
avrebbe attribuito al ricorrente la titolarità fittizia dell’immobile in realtà di
proprietà del Como, avendo il medesimo riferito di circostanze
oggettivamente percepibili e documentate quanto alla presenza del Como
nell’immobile, in forza di un contratto di affitto registrato, e della titolarità
del bene, in quanto a sua volta possessore di altra villetta nelle vicinanze,
insuscettibili di integrare il fumus del reato ipotizzato; – assoluta linearità e
provabilità della propria effettiva titolarità dominicale e di fatto
dell’immobile oggetto di sequestro, che al momento dell’esecuzione era
nella propria disponibilità e non in quella del Como .

reato di cui all’art. 12 quinquies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile.
2. Giova premettere che il D.L. 8 giugno 1992, n. 306, all’art. 12 quinquies,
convertito nella L. n. 356 del 1992, stabilisce che, salvo che il fatto non
costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità
o disponibilità di denaro, beni, o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di

da due a sei anni.
Il delitto di trasferimento fraudolento di valori è una fattispecie a forma libera
che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di
denaro o altra utilità realizzata con qualsiasi modalità. Il fatto-reato consiste
nella dolosa determinazione di una situazione di apparenza giuridica e formale
della titolarità o disponibilità del bene, difforme dalla realtà, al fine di eludere
misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando ovvero al fine di agevolare
la commissione di reati relativi alla circolazione di mezzi economici di illecita
provenienza. (Ha specificato la Corte che se, da un lato, i termini titolarità e
disponibilità impongono di comprendere nella previsione normativa non solo le
situazioni del proprietario o del possessore ma anche quelle nelle quali il
soggetto venga comunque a trovarsi in un rapporto di signoria con il bene;
dall’altro lato, impongono altresì di considerare ogni meccanismo che realizzi la
fittizia attribuzione consentendo al soggetto incriminato di mantenere il proprio
rapporto con il bene) (Cass. Sez. 1, sent. n. 30165 del 26/04/2007, dep.
24/07/2007, Rv. 237595).
3. E’ altresì opportuno ricordare che il ricorso per cassazione contro ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per
violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in
iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da
rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza
e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
(S.U., n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692 e S.U., 29 maggio 2008 n. 25933,
non nnassinnata sul punto).
Di conseguenza, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio
condivide, in materia di misure cautelari il sindacato di legittimità che compete
alla Corte di Cassazione è limitato alla verifica dell’esistenza di un logico
apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza la

legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, è punito con la reclusione

possibilità di verificare la corrispondenza delle argomentazioni alle acquisizioni
processuali, essendo interdetta in sede di legittimità una rilettura degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione (sez. U. n. 6402 del 30/4/1997, Rv.
207944).
In particolare in materia di misure cautelari reali, il giudizio di legittimità risulta
ancora più circoscritto, in quanto cade in un momento processuale, quale quello
delle indagini preliminari, caratterizzato dalla sommarietà e provvisorietà delle

sussistenza del fatto reato, ma soltanto accertare se il fatto contestato possa
astrattamente configurare il reato ipotizzato; si tratta, in sostanza, di verificare
un controllo sulla compatibilità fra la fattispecie concreta e quella legale
ipotizzata, mediante una delibazione prioritaria dell’antigiuridicità penale del
fatto (sez. U. n. 6 del 27/3/1992, Rv. 191327; sez. U. n. 7 del 23/2/2000, Rv.
215840; sez. 2 n. 12906 del 14/2/2007, Rv. 236386). Sulla base di tale
premessa, l’ordinanza impugnata non risulta censurabile, emergendo dalla stessa
una motivazione congrua e logica circa la sussistenza dei presupposti che
giustificano l’adozione di una misura cautelare reale.
Considerato dunque che il ricorso per cassazione, a norma dell’art. 325, comma
primo, c.p.p , può proporsi soltanto per violazione di legge, deve giudicarsi
ammissibile solo la censura relativa alla omissione totale della motivazione o
quella con cui si affermi la presenza di una motivazione fittizia o contraddittoria
(ricorrenti, la prima, laddove il giudice utilizzi espressioni di stile o stereotipate e,
la seconda, ove si riscontri un argomentare fondato sulla contrapposizione di
argomentazioni decisive di segno opposto), non anche quella laddove si lamenti
motivazione insufficiente e non puntuale (peraltro, nella fattispecie, neppure
ricorrente).
Invero, nel caso di specie non può non rilevarsi che la motivazione esposta dal
collegio del riesame non presenti alcun vizio di inesistenza o contraddittorietà,
bensì risulti completa e coerente, riportando ampiamente le doglianze della parte
e le argomentazioni contrapposte, in particolare, con riferimento al rapporto di
affinità tra il coindagato Como Gaspare e il noto latitante Messina Denaro Matteo,
alle dichiarazioni del Cimarosa, che vengono esaminate nel dettaglio (cfr. pagg. 4
e segg. nonché 12 e segg. del provvedimento impugnato) e che sono illustrate
proprio con riguardo all’immobile di causa, che il dichiarante riferisce di aver
visitato insieme al Como, ove poi il Como ha soggiornato nell’estate del 2013 e
che ebbe ad acquistare dall’Orlando Giuseppe per € 160.000,00 , sebbene sia
stato formalmente stipulato solo un contratto di locazione.

3

imputazioni; ciò comporta che in sede di legittimità non è consentito verificare la

4. Alla inammissibilità del ricorso, in quanto proposto per ipotesi non
prevista dalla legge, e comunque manifestamente infondato, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., consegue che la parte privata che lo ha
proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento nonché al pagamento in favore della cassa delle ammenda
della somma di € 1.500,00.
P.Q.M.

spese processuali e della somma di € 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 7 aprile 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente
Dott.

Dott. Stefano F’ • mi
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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