Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15930 del 19/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15930 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AIELLI LUCIA

MOUNDI DAVIDE nato a Lacco Ameno il 9/10/1993
PATRUNO SABINO nato a Corato il 28/02/1992
avverso la sentenza n. 1272/2014 della Corte d’Appello di Bari del 3/4/2014
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Lucia Aielli
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale dott. che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso
udito il difensore avv. Marialuìsa Tarricone che ha concluso riportandosi ai motivi, insistendo
sulla sospensione condizionale della pena.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 3/4/2014 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza del GUP del
Tribunale di Trani del 12/7/2013, riconosceva agli imputati Patruno, Moundi e Soldano (
già condannati in primo grado per reati di rapina aggravata consumata e tentata , lesioni
volontarie e porto dì armi, le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante, riducendo le relative pene, assolveva Moundi Davide dal reato di rapina a lui

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Data Udienza: 19/02/2016

ascritto sub C) .
Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione gli imputati Patruno e Moundi i
quali a mezzo dei rispettivi difensori eccepiscono la violazione di legge e l’erronea od
omessa motivazione con riferimento :1) alla ritenuta responsabilità del Moundi e del
Patruno per il delitto di lesioni di cui al capo B) ascrivibile al solo coimputato Soldano; 2) al
diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle aggravanti
contestate; 3) ai criteri utilizzati per la determinazione della pena ed il solo Moundi : 4)

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono infondati e vanno pertanto respinti.
La sentenza impugnata inoltre regge al vaglio di legittimità, non palesandosi violazione di legge
assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del fatto o della
prova.
In particolare la Corte territoriale sottolinea, con riferimento alla ritenuta (cor) responsabilità
dei ricorrenti per il delitto di lesioni volontarie, cagionato materialmente dal Soldano a
Tarantino Cristoforo (capo b), che tale condotta lesiva fu posta in essere nel corso della rapina
programmata, per cui, costituendo prevedibile sviluppo della stessa, i correi ne rispondevano a
tiolo di concorso. Sul punto questa Corte ha più volte ribadito il principio secondo cui

il

concorrente nel delitto di rapina aggravato dall’uso delle armi risponde, a titolo di concorso
pieno e non anomalo, del delitto di lesioni, materialmente commesso dal correo armato,
dovendosi ritenere prevedibile detto evento lesivo, quale ordinario possibile sviluppo della
condotta criminosa qualificata dall’uso delle armi ( Sez. 2, 49486 del 14.11.2014 rv. 261003;
Sez. 2 20885 del 13/5/2009, rv. 244808).
Quanto al giudizio di equivalenza (e non di prevalenza), delle circostanze attenuanti generiche,
censurato dai ricorrenti, occorre richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale cui
questo Collegio intende uniformarsi, secondo cui le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra aggravanti ed attenuanti, sono censurabili in sede di legittimità soltanto
nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non anche
qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell’ equivalenza ( Sez. 5, n. 5579 del
26/9/2013 rv. 258874; Sez. 2, n. 4419/1985 rv. 169092; Sez. 1, n. 758/1993, rv. 166224).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha evidenziato per entrambi i ricorrenti, l’obiettiva
gravità dei fatti e per il Patruno, nello specifico, la loro reiterazione in un ristretto arco
temporale, con inusitata protervia; ha altresì valorizzato le modalità e circostanze del fatto e le
personalità degli imputati, per ridurre la pena rispetto al primo grado, mentre non si è
pronunciata sul beneficio della sospensione condizionale della pena, invocato dal Moundi, tra
l’altro soggetto infraventunenne .

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alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena .

Su questo punto Moundi Davide ha proposto uno specifico motivo di censura ritenendo la
motivazione erronea per violazione dell’art. 163 c.p. ( art. 606 lett. b) c.p.p. e contraddittoria
( art. 606 lett. e) c.p.p.).
Ritiene il Collegio che anche tale motivo di ricorso sia infondato non avendo il ricorrente
sollecitato l’applicazione di tale beneficio, né con l’atto di appello, né nella discussione finale
del giudizio di appello. E’ pur vero che il giudice d’appello è titolare del potere di applicare
d’ufficio il beneficio della sospensione condizionale della pena ex art. 597 c. 5 c.p.p., ma si
tratta di potere eccezionale e discrezionale rispetto ai generale principio devolutivo di cui

del beneficio, non è legittimata ad impugnare la sentenza d’appello a motivo del mancato
esercizio di tale potere, se non abbia formulato, nei motivi di appello la corrispondente
richiesta; né può costituire motivo di ricorso per cassazione ex art. 606 lett. e) c.p.p., l’omessa
motivazione circa il mancato esercizio ex officio, di tale potere, non avendo la difesa formulato
esplicita richiesta nel corso della discussione finale e non potendo tale richiesta considerarsi
compresa nella domanda di assoluzione (Sez. 6 28/2/2005 n. 7544 , Bassi e altri; Sez. 4,
43113/2012, rv. 253641; Sez. 5 41126/2001, rv. 220254). Infatti l’obbligo di motivazione del
giudice d’appello sussiste soltanto in relazione a quanto dedotto con l’atto di impugnazione o,
se si tratta del mancato esercizio di un potere esercitabile d’ufficio – come nel caso di specie anche a quanto dedotto e richiesto in sede di discussione dovendo la parte manifestare un
interesse concreto all’applicazione del beneficio. Peraltro perché sussista l’obbligo di
motivazione è necessario che la richiesta non sia generica ma in qualche modo giustificata con
riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento delle richiesta stessa .
Per tutte le considerazioni sopra esposte i ricorsi vanno rigettati, con condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali

Così deciso il 19.2.2016

all’art. 597 c. 1 c.p.p., per cui la parte che ha un autonomo potere di chiedere l’applicazione

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