Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15923 del 13/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15923 Anno 2018
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
LOSACCO MICHELE nato il 01/02/1965 a BARI
VIGLIOTTI VINCENZO nato il 19/07/1992 a BARI
DE SANTIS GIUSEPPE nato il 26/03/1974 a BARI

avverso la sentenza del 27/04/2015 del TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;

Data Udienza: 13/12/2017

RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Michele Losacco, Vincenzo Vigliotti e Giuseppe De Santis ricorrono tempestivamente, tramite distinti atti di impugnazione, per la cassazione della sentenza
indicata in epigrafe, con la quale è stata loro applicata dal Tribunale di Bari il 27
aprile 2015, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena concordata con il Pubblico Ministero in relazione al reato di furto consumato aggravato, tutti con la recidiva qualificata, fatto commesso il 23 ottobre 2014.

vazionale in relazione alle ragioni del mancato proscioglimento ex art. 129 cod.
proc. pen.
Vincenzo Vigliotti e Giuseppe De Santis censurano nullità della sentenza per
violazione di legge (133 cod. pen.) e per omessa ovvero inadeguata motivazione
in ordine alla determinazione della pena inflitta, che, ad avviso dei ricorrenti, “poteva essere diminuita” (così alla pag. unica del ricorso di Vigliotti e De Santis).

3. I profili di doglianza richiamati sono inammissibili.
3.1.In relazione al primo, il Giudice, infatti, nell’applicare la pena concordata,
ha ratificato l’accordo intervenuto tra le parti, escludendo motivatamente, sulla
base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen. per
il proscioglimento degli odierni ricorrenti.
La, pur estremamente sintetica, motivazione, avuto riguardo alla – consapevole e volontaria – rinunzia alla contestazione delle prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione che è implicita nella domanda di patteggiamento, nonché alla
speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente
adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata
giurisprudenza della Corte di legittimità (v. Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari,
Rv. 214637; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n.
5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv. 191135).
Infatti, come la S.C. ha ripetutamente affermato (cfr., ex plurimis, Sez. U,
27/09/1995, Serafino, cit.), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della stessa e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, anche se succintamente, di
aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (cioè: sussistenza
dell’accordo delle parti; corretta qualificazione giuridica del fatto; applicazione di
2

2. In particolare, Michele Losacco denunzia violazione di legge e vizio moti-

eventuali circostanze; giudizio di bilanciamento; congruità della pena; concedibilità della sospensione condizionale della pena, ove la richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (cioè che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.).
3.2. Quanto all’ulteriore profilo di doglianza, con la pronuncia a Sezioni unite
n. 5838 del 28/11/2013, dep. 2014, Citarella e altri, Rv. 257824, si è, ancora una
volta, ribadito che la censura relativa alla determinazione della pena concordata stimata corretta dal Giudice di merito – non può essere dedotta in sede di legitti-

che, di certo, non ricorre nel caso di specie.
L’imputato, infatti, non può prospettare con il ricorso censure che coinvolgono
il patto dal medesimo accettato, a meno che la pena determinata non sia stata
quantificata in modo illegittimo (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 13589 del 19/02/2015,
B., Rv. 262943).
Nel caso in esame, l’accordo tra le parti si è formato su di una proposta di
pena, contenuta nella cornice edittale, con le circostanze attenuanti generiche
equivalenti alle aggravanti, e su tale accordo è intervenuta congrua delibazione
giudiziale: resta, così, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo quanto al
trattamento sanzionatorio.

4. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non
ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna delle
parti ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/12/2017.

mità al di fuori dell’ipotesi di determinazione di una pena contra legem: ipotesi

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