Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15909 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15909 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TRITTO GIOVANNI nato il 18/07/1990 a BARI

avverso la sentenza del 15/11/2016 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

6-

Data Udienza: 21/11/2017

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

Con il provvedimento impugnato la Corte di appello di Bari ha confermato la dichiarazione
di penale responsabilità dell’imputato TRITTO Giovanni già dichiarata della sentenza del GIP
presso il Tribunale di Bari in data 4 dicembre 2015 e ha ridotto la pena nei limiti ritenuti di
giustizia.
Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione l’imputato articolando i
seguenti motivi.

motivazione illogica, contraddittoria o comunque carente in relazione alla dichiarazione di
penale responsabilità.
Il ricorrente contesta l’attendibilità della parte offesa, soprattutto in considerazione dei
riscontri alla ricostruzione fornita dall’imputato per come indicato in sede di appello. Afferma
inoltre il ricorrente che, quando i giudici affermano la prospettata possibilità di pressioni o
comunque timori di ritorsioni da parte delle parti offese a carico delle parti offese,
enuncerebbero una ipotesi sfornita di ogni fondamento.
2.

Violazione di legge e motivazione illogica, contraddittoria, comunque carente in

relazione alla qualificazione giuridica del fatto. Afferma infatti il ricorrente che la fattispecie
oggetto del giudizio deve essere qualificata alla stregua di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni.
3. Violazione di legge e motivazione illogica, contraddittoria o comunque carente in
relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno o
comunque, ove il danno non fosse stato ritenuto integrale, ai fini delle circostanze attenuanti
generiche.
Quanto ai primi due motivi di ricorso, deve rilevarsi che il ricorso è innanzitutto
inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. e) c.p.p. in
quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta,
non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice
dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato. Inoltre, l’iter
argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi, fondandosi esso su di una
compiuta e logica analisi critica degli elementi di prova e sulla loro coordinazione in un
organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica
e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della univocità, in quanto conducenti
all’affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio.
In sostanza, il ricorso, articolato in fatto, non incide sulla logicità, congruenza o coerenza
intrinseca o estrinseca della motivazione, limitandosi a proporre, al più, una interpretazione
alternativa delle emergenze processuali. Al proposito, va ricordato che, secondo il costante
insegnamento di questa Corte, esule dai poteri della Corte di cessazione quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e
diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. 6^, n. 27429 del 4
2

1. Violazione degli articoli 546-192-194-195 cod. proc. pen. nonché violazione di legge e

luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559; sez. 6^, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv.
253099)., la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa
integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003,
06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
Quanto alla proposta riqualificazione in termini di esercizio arbitrario delle proprie ragioni,
deve rilevarsi come la Corte abbia chiaramente evidenziato una volontà e una forza

motivando in maniera del tutto logica e razionale senza che il ricorso effettivamente incida
sull’iter argomentativo
Quanto al diniego della circostanza attenuante del risarcimento del danno, sussiste
motivazione altrettanto lineare che evidenzia la assoluta insufficienza della somma proposta a
tale titolo.
Il rigetto delle circostanze attenuanti generiche è fondato su motivazione esente da
manifesta illogicità che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del
24/9/2008, Rv. 242419) dovendosi ribadire il principio affermato da questa Corte secondo cui
non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle
attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale
valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del
16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, per
il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3000,00.
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata
successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/3000, De Luca, Rv.
217266).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
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