Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15907 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15907 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GALLO LEONARDO nato il 07/11/1991 a SAN SEVERO

avverso la sentenza del 11/01/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
FOGGIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 21/11/2017

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Foggia ha applicato a carico dell’odierno
ricorrente, GALLO Leonardo la pena richiesta dalle parti e ai sensi dell’articolo 444 cod. proc.
pen.
Avverso tale provvedimento, ha proposto appello, correttamente riqualificato in termini di
ricorso per cassazione dalla Corte di appello di Bari con ordinanza 16 marzo 2017, l’imputato
articolando i seguenti motivi.

Afferma ricorrente la mancanza di una esposizione dei motivi di fatto di diritto su cui la
decisione è fondata.
2. Motivazione illogica, contraddittoria, comunque carente.
Afferma il ricorrente che nella vicenda de qua non vi sarebbe alcun elemento di certezza in
ordine alla responsabilità penale dell’imputato a fronte di un quadro probatorio labile se non
addirittura insussistente.
Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, afferma la mancanza di qualsivoglia
giustificazione dei criteri utilizzati per la quantificazione della pena.
Il ricorso è inammissibile.
I primi due motivi di ricorso, valutabili congiuntamente, risultano assolutamente privi di
specificità (in difetto dell’indicazione di elementi in ipotesi acquisiti in atti e non considerati, o
mal considerati), e, comunque, manifestamente infondati atteso che il giudice, nell’applicare la
pena concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto tra le parti, da un lato escludendo
motivatamente, sulla base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p., e
ritenendo la correttezza della proposta qualificazione giuridica dei fatti contestati (in essi
incluse le ritenute e correttamente comparate circostanze concorrenti), dall’altro
motivatamente ritenendo la congruità del trattamento sanzionatorio dalle stesse parti
proposto. Tale motivazione, avuto riguardo alla rinunzia alla contestazione delle prove e della
qualificazione giuridica dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella domanda di
patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente
adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata
giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, Di
Benedetto, rv. 191135; Sez. un., n. 10372 del 27 settembre 1995, Serafino, rv. 202270; sez.
un., n. 20 del 27 ottobre 1999, Fraccari, rv. 214637). Giova rilevare che la sentenza del
giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle
ipotesi di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p.., può essere oggetto di controllo di
legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza
impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129
succitato. Di conseguenza, il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al
citato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso
2

1. Violazione dell’articolo 546 cod. proc. pen..

in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario,
una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la
verifica richiesta dalle legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di
proscioglimento ex art. 129 c.p.p.” (Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202270;
da ultimo, Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007, Brendolin, Rv. 236622).
Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta correttamente al suddetto principio

della sussistenza di profili rilevanti ai sensi dell’art. 129 cod proc pen. Del resto, in tema di
applicazione della pena su richiesta delle parti, la decisione del giudice va interpretata nel
senso più favorevole al rispetto della volontà negoziale del PM e dell’imputato, essendo
applicabile il principio di conservazione di cui all’art. 1367 c.c. (Sez. 3, 18 giugno 1999,
Bonacchi ed altro, rv. 215071).
Il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta la congruità del trattamento sanzionatorio, è
inammissibile perché, per consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, di recente
ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28/11/2013 – 06/02/2014, in motivazione),
la censura relativa alla determinazione della pena concordata, e stimata corretta dal giudice di
merito, non può essere dedotta in sede di legittimità, al di fuori dell’ipotesi di determinazione

contra legem. Ipotesi che, di certo, non ricorre nel caso di specie.
Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, per
il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3000,00.
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata
successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/3000, De Luca, Rv.
217266).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 2ljiovembre 2017
Il Consigli

estensorse

Il Prési e

e non risulta esservi prospettazione nel ricorso di profili che portino ad affermare l’evidenza

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