Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15902 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15902 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SCARPULLA ANTONINO ANDREA DANIELE nato il 07/08/1973 a CATANIA

avverso la sentenza del 16/01/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 21/11/2017

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Palermo ha assolto l’odierno
ricorrente dei reati di cui ai capi A-B-C-D della rubrica risultando gli stessi estinti per
prescrizione confermando la dichiarazione di penale responsabilità per i capi E – F e
rideterminando per l’effetto la pena.
Avverso tale provvedimento, propone ricorso per cassazione l’imputato SCARPULLA
Antonio Andrea Daniele articolando i seguenti motivi.
1.

Violazione dell’articolo 192 nonché mancanza, illogicità, contraddittorietà della

residui delitti.
2. Inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 597 comma 3 cod. proc. pen.
Afferma il ricorrente che la sentenza di secondo grado avrebbe operato una reformatio in
peius perché avrebbe fatto ricadere esclusivamente in capo allo SCARPULLA l’intera condanna
in favore della parte civile che in primo grado era stata imputata in solido al ricorrente e agli
altri imputati poi assolti per tali titoli di reato.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto generico perché privo dei requisiti
prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. Infatti, a fronte di una motivazione della
sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base
della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi
mossi ed esercitare il proprio sindacato. Il ricorrente non ha adempiuto all’onere di indicare gli
elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Del tutto infondata la doglianza relativa alla asserita reformatio in peius non rilevando a
tal fine l’eventuale sussistenza di rapporti interni tra i coobbligati in solido e sussistendo già in
origine una condanna idonea a fondare l’escussione del patrimonio dell’imputato.
Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, per
il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3000,00.
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata
successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/3000, De Luca, Rv.
217266).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
1- ‘novembre 2017

Così deciso in Roma,
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motivazione. Afferma il ricorrente che mancherebbe la prova certa della colpevolezza dei

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