Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 159 del 19/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 159 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
REMENYI DRAGAN N. IL 05/10/1981
avverso l’ordinanza n. 854/2014 TRIBUNALE di VENEZIA, del
10/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 19/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Venezia, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di Remenyi Dragan di riconoscimento
della continuazione tra il delitto di furto aggravato commesso a Ravenna il
28/5/2012 e quelli di possesso e detenzione di documenti di identificazione falsi
nonché resistenza a pubblico ufficialefommessi a Venezia sempre il 28/5/2012.
Il Giudice di Venezia aveva dichiarato la propria incompetenza a favore del
Tribunale di Ravenna per il furto commesso in quella città proprio escludendo

espressamente confermata dalla Corte di appello di Venezia.
Di conseguenza, la decisione del giudice della cognizione – che, peraltro, il
giudice dell’esecuzione riteneva del tutto condivisibile – imponeva il rigetto
dell’istanza.

2.

Ricorre per cassazione il difensore di Rennenyi Dragan, deducendo

inosservanza di legge processuale penale.
In effetti, il Giudice della cognizione aveva preso in considerazione la
continuazione tra i reati al solo fine di escludere la competenza del Tribunale di
Venezia sul furto commesso a Ravenna, cosicché si trattava di decisione niente
affatto vincolante per il giudice dell’esecuzione.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei
motivi.

Il ricorrente deduce la violazione di una legge processuale: ma, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett.

c)

cod. proc. pen., l’annullamento del

provvedimento impugnato per tale motivo può essere pronunciato solo se tali
norme sono stabilite “a pena di nullità inutilizzabilità, inammissibilità o
decadenza”, casi che non ricorrono nell’ipotesi in esame.

In realtà, il ricorrente censura la motivazione dell’ordinanza impugnata, che
avrebbe erroneamente ritenuto il giudice dell’esecuzione vincolato dal
provvedimento di separazione operato dal Tribunale di Venezia, con trasmissione
degli atti a quello di Ravenna per il giudizio sul furto commesso in quella città: si
tratterebbe, quindi, della violazione dell’art. 671 cod. proc. pen. che permette al

2

che potesse riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati: valutazione

giudice dell’esecuzione di applicare la continuazione “sempre che la stessa non
sia stata esclusa dal giudice della cognizione”.

Ma il ricorrente non si avvede che il giudice dell’esecuzione, oltre a
richiamare la decisione di quello della cognizione, ha espressamente aderito ad
essa, nel merito affermando la mancanza di elementi che consentissero di
affermare che, all’epoca della commissione del furto, Remenyi avesse già
programmato la commissione dei delitti di falso e sottolineando la natura

Di fronte a questa motivazione, il ricorrente non contrappone alcun motivo,
risultando, così, il ricorso del tutto generico.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue

ex lege, in

forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 19 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

d’impeto del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

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