Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15892 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15892 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
ULUCEAN AUREL CORONEL nato il 01/12/1969 a FACET( ROMANIA)
BUSCARINI THOMAS nato il 09/03/1990 a SESTO SAN GIOVANNI
SAPUPPO FEDERICO nato il 11/06/1972 a MILANO

avverso la sentenza del 27/02/2017 del GIP TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 21/11/2017

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

Con il provvedimento impugnato, il GIP presso il Tribunale di Milano ha applicato, su
richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. pen. agli imputati, odierni ricorrenti, la
pena concordata fra le parti..
Propone ricorso per cassazione avverso tale provvedimento gli imputati ULUCEAN Aurei
Corone!, BUSCARINI Thomas, SAPUPPO Federico articolando i seguenti motivi.
Ricorso BUSCARINI .

argomentativo in relazione alla mancanza dei presupposti della sentenza di proscioglimento ai
sensi dell’articolo 129 cod. proc. pen..
Ricorso ULUCEAN.
Manifesta illogicità della sentenza affermando l’imputato che le intercettazioni in atti
consentono di ritenere che ci sia stato un interessamento del ricorrente la merce mai assurto a
prova certa della compartecipazione perlomeno per quanto riguarda gli episodi di cui ai capi
10-11-12-13.
Ricorso SAPUPPO.
Difetto di motivazione in mancanza di una autonoma valutazione dei fatti e di una effettiva
valutazione in ordine alla sussistenza o meno di cause di non punibilità di esclusione del reato
nonché, più in generale delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento del fatto.
Il ricorso è inammissibile.
Il motivo è inammissibile perché assolutamente privo di specificità (in difetto
dell’indicazione di elementi in ipotesi acquisiti in atti e non considerati, o mal considerati), e,
comunque, manifestamente infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata,
si è adeguato all’accordo intervenuto tra le parti, da un lato escludendo motivatamente, sulla
base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p., e ritenendo la
correttezza della proposta qualificazione giuridica dei fatti contestati (in essi incluse le ritenute
e correttamente comparate circostanze concorrenti), dall’altro motivatamente ritenendo la
congruità del trattamento sanzionatorio dalle stesse parti proposto.
Tale motivazione, avuto riguardo alla rinunzia alla contestazione delle prove e della
qualificazione giuridica dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella domanda di
patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente
adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata
giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, Di
Benedetto, rv. 191135; Sez. un., n. 10372 del 27 settembre 1995, Serafino, rv. 202270; sez.
un., n. 20 del 27 ottobre 1999, Fraccari, rv. 214637).
Giova rilevare che la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle
parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p.., può
essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal
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Omessa o apparente motivazione in relazione alla mancanza di un adeguato apparato

testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di
cui all’art. 129 succitato. Di conseguenza, il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle
ipotesi di cui al citato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa
la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di
proscioglimento ex art. 129 c.p.p.” (Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202270;

Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta correttamente al suddetto principio
e non risulta esservi prospettazione nel ricorso di profili che portino ad affermare l’evidenza
della sussistenza di profili rilevanti ai sensi dell’art. 129 cod proc pen.
Del resto, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la decisione del
giudice va interpretata nel senso più favorevole al rispetto della volontà negoziale del PM e
dell’imputato, essendo applicabile il principio di conservazione di cui all’art. 1367 c.c. (Sez. 3,
18 giugno 1999, Bonacchi ed altro, rv. 215071).
Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, per
il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3000,00.
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata
successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/3000, De Luca, Rv.
217266).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e ciascuno al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2017
Il Cons

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Il PTs

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da ultimo, Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007, Brendolin, Rv. 236622).

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