Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15891 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15891 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PISANI MARIA N. IL 06/02/1950 •
2) DE PASQUALE GIUSEPPE N. IL 14/10/1923 ;

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ATORE N. IL 19/05/1972
2) MORABITO ANTONIO N. IL 22/04/1966

avverso la sentenza n. 2033/2009 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di VIBO VALENTIA, del 25/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
„leckw(sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 06/12/2012

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Ricorrenti le parti civili PISANI Maria – DE PASQUALE Giuseppe – DE PASQUALE
Francesca

Ritenuto in fatto

Con sentenza pronunziata in data 25 ottobre 2011, il GIP del Tribunale di Vibo
Valentia dichiarava,ex art. 425 cod proc. pen., non luogo a procedere, nei
commesso il fatto –

per non aver

in ordine al delitto di cui agli artt. 40 cpv.,41, comma

1°,589 cod. pen. commesso in danno di De Pasquale Bruno, in qualità di
neurochirurghi in servizio presso il reparto di neuroscienze del nosocomio ”
GJazzolino ” di Vibo Valentia, per avere omesso,ciascuno con condotte
indipendenti, con grave negligenza ed imperizia, di sottoporre tempestivamente
Il paziente (affetto da emorragia celebrale comprovata dall’esame TAC eseguito
ad ore 6,35 del 19 luglio 2005) ad intervento neurochirurgico finalizzato ad
evacuare l’emorragia e di predisporre la necessaria assistenza rianimatoria sì da
determinare un progressivo deterioramento delle condizioni neurologiche del
paziente che rendevano completamente inutile l’intervento chirurgico poi
effettuato alle ore 11,30 allorchè l’emorragia endocranica aveva ormai provocato
una compressione tale da cagionare un’ipoperiffusione cerebrale che
determinava la cessazione definitiva delle funzioni cerebrali e quindi, poco tempo
dopo,la morte del De Pasquale Bruno, sopravvenuta il 21 luglio 2005.
Premette il GIP che il P.M. aveva esercitato l’azione penale nei confronti degli
odierni imputati (richiedendone il rinvio a giudizio ) dopochè il perito prof.
Arcudi (nominato dallo stesso P.M. ) ebbe a ravvisare anche nella condotta di
costoro, profili di corresponsabilità per il successivo ritardo nell’esecuzione
dell’Intervento operatorio.
In precedenza si era celebrato altro giudizio per identica imputazione a carico del
dr. Giuseppe PullIno ritenuto, con sentenza passata in giudicato, responsabile
per colpa del decesso del De Pasquale Bruno al quale , in veste di medico del
pronto soccorso dell’Ospedale di Serra San Bruno, ebbe a prestare le prime cure
una volta giunto alla sua osservazione ad ore 0,25 del 19 luglio 2005, patite
gravi lesioni al cranio a causa della rovinosa caduta per le scale in stato di
ebbrezza alcoolica. Il medico si era reso responsabile del ritardato
trasferimento del paziente all’Ospedale di Vibo Valentia dove avrebbe potuto
effettuate un esame TAC (non eseguibile all’Ospedale di Serra San Bruno ) ed
esser quindi sottoposto agli interventi necessari.

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confronti di CARDALI Salvatore e di NoRA1Y0 Antonio

Il GIP, conferito, nel corso dell’udienza preliminare, incarico peritale al
neurochirurgo prof. Giovanni Profeta, poi esaminato in contraddittorio,
giungeva ad affermare che, grazie alle spiegazioni scientifiche del caso da questi
rese, il ripresentarsi,nonostante gli atti operatori eseguiti con perizia e diligenza
dagli imputati e risultati adeguati in riferimento alla diagnosi, di ” una cascata ”
di fenomeni emorragici cerebrali senza possibilità di arresto ( come confermato
dai risultati dell’autopsia ) atteso il quadro clinico di entità gravissima, avrebbe
condotto all’exitus con elevata probabilità logica, anche in caso di esecuzione
concorrente dell’inarrestabilità dell’emorragia,delle difficoltà coagulative proprie
di un paziente affetto da fragilità vascolare, etilismo cronico e da una scarsa
coagulabllità a cagione dell’epatopatia cronica.
Propongono ricorso cumulativo per cassazione le parti civili: PISANI Maria, DE

PASQUALE Giuseppe e DE PASQUALE Francesca avverso la sentenza, le
ordinanze 16 e 23 novembre 2011 ( rispettivamente di nomina, quale perito, del
prof. Profeta e di conferimento allo stesso dell’incarico peritale ) nonché la
relazione di perizia medico – legale.
Lamentano le ricorrenti, cQn una prima censura, il vizio di violazione delle legge
processuale in cui sarebbe incorso il GIP che, in dispregio al disposto degli artt.
34/ comma 3 0 e 36 lett. g) cod.proc. pen., ometteva di astenersi dopo avere
svolto le funzioni di P.M. nel procedimento penale per il reato di cui all’art. 589
cod.pen., conseguente al decesso del De Pasquale Bruno,ove ebbe a conferire
l’incarico peritale al dr. M, Cardamone di procedere ad autopsia onde accertare
epoca e cause o concause della morte ove riferibili all’intervento dei sanitari
dei nosocomi di Serra San Bruno e di Vibo Valentia; ciò nonostante che la
dichiarazione di ricusazione proposta dalle stesse parti civili fosse stata
dichiarata inammissibile perché intempestiva, dalla Corte d’appello di Catanzaro.
In subordine sollevano le ricorrenti eccezione di Incostituzionalità delle suddette
norme in riferimento agli artt. 101, comma 2° e 111, comma 2° Cost. nella parte

ancor più tempestiva dei due interventi attesa l’incidenza, quale fattore

in cui non è prevista la sanzione di nullità per tutti provvedimenti pronunziati dal
giudice, inadempiente all’obbligo di astenersi.
Con un secondo motivo, denunziano l’illegittimità della nomina quale perito del
prof. Profeta, siccome avvenuta in violazione dell’art. 221, comma 1° cod.

proc.pen. non risultando il professionista iscritto in appositi albi professionali o
datato di particolare competenza nella specifica materia.
Con il terzo motivo, si dolgono le parti civili del vizio di motivazione della
sentenza avendo omesso il GIP di spiegare le ragioni in base alle quali aveva
ritenuto più affidabili e convincenti le conclusioni formulate dal perito prof.
Profeta rispetto a quelle cui era giunto il prof. Arcudi che aveva ravvisato nella
colposa, intempestiva esecuzione dell’intervento chirurgico ( che avrebbe

2

A

consentito l’evacuazione della emorragia e la decompressione cranica )

la

corresponsabilità degli imputati, nonostante l’esecuzione della TAC avesse
evidenziato le emorragie endocraniche intra ed extra assiali ed avendo peraltro
la cartella clinica attestato la mancata assistenza rianimatoria del paziente.
Con memoria depositata in cancelleria il 20 novembre 2012, il difensore degli
imputati ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso delle parti civili perché
tardivamente proposto, come eccepito dal difensore degli imputati con la testè
citata memoria.
Risulta invero che la motivazione della sentenza impugnata emessa il 25 ottobre
2011 veniva depositata in data 19 gennaio 2012 e quindi in dispregio al
termine di giorni trenta previsto dall’art. 424, comma 4° cod. proc. pen.
L’avviso di deposito era notificato, ex art. 548, comma 2° codice di rito, alle
parti civili Pisani Maria, De Pasquale Giuseppe e De Pasquale Francesca ed al
difensore delle stesse avv. Francesco Sassi In data 30 gennaio 2012. Il ricorso
veniva proposto dall’avv. Francesco Sassi in data 16 marzo 2012, previa
deposito alla cancelleria del Tribunale di Roma e quindi ben oltre il termine di
giorni QUINDICI previsto per le impugnazioni dei provvedimenti emessi in
camera di consiglio ( tra i quali va annoverata la sentenza di non luogo a
procedere ) dall’art. 585, comma 1° lett. a) cod. proc. pen. ( cfr. S.U. n.21039
del 2011 rv. 249670).
Precluso resta quindi ogni ulteriore esame nel merito del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue, per legge, la condanna delle
ricorrenti parti civili al pagamento delle spese processuali nonché ( trattandosi
di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, delle
stesse:cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ) al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene
equo e congruo determinare in euro 1.000,00, per ciascuna.

PQM

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Considerato in diritto

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1000,00 (mille/00) in favore
della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, lì 6 dicembre 2012.

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