Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15889 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15889 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FOSSI GIANCARLO nato il 11/11/1945 a MONDOLFO

avverso la sentenza del 21/12/2015 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 21/11/2017

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza
27 novembre 2013 del Tribunale di Pesaro di condanna dell’odierno ricorrente per i reati di
truffa falso, inottemperanza a pena accessoria.
Propone ricorso per cassazione avverso tale provvedimento l’imputato articolando i
seguenti motivi.
Violazione di legge in relazione agli articoli 192-640-483-389-133-99-62 bis cod. pen.

Afferma il ricorrente che ingiustamente la Corte territoriale avrebbe fatto proprie le
valutazioni del giudice di primo grado senza nemmeno considerare le deduzioni fatte in appello
dall’imputato ed in particolare la mancanza di prova provata della colpevolezza dello stesso
non potendosi porre fondamento della condanna alle dichiarazioni della parte offesa per di più
costituita parte civile, non sussistendo capacità ingannatoria nella condotta dell’imputato.
Il ricorso è inammissibile.
L’iter argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi, fondandosi esso
su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi di prova e sulla loro coordinazione in
un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità
logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della univocità, in quanto
conducenti all’affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. Il Collegio
condivide la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui le regole dettate dall’art. 192,
comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali
possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità,
previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e
rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone;
inoltre, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno
procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. U, sent. n. 41461 del
19/07/2012, dep. 24/10/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253214; da ultimo, Sez. 2, sent. n. 43278
del 24/09/2015, dep. 27/10/2015, Manzini, Rv. 265104). Peraltro, costituisce principio
incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione secondo la quale la valutazione
della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una
propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere
rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni
(ex plurimis, Sez. 6, sent. n. 27322 del 14/04/2008, dep. 04/07/2008, De Ritis e altri, Rv.
240524; Sez. 3, sent. n. 8382 del 22/01/2008, dep. 25/02/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6,
sent. n. 443 del 04/11/2004, dep. 13/01/2005, Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, sent. n. 3348
del 13/11/2003, dep. 29/01/2004, Pacca, Rv. 227493; Sez. 3, sent. n. 22848 del 27/03/2003,
dep. 23/05/2003, Assenza, Rv. 225232).

2

nonché motivazione omessa o comunque apparente.

In sostanza, il ricorso, articolato in fatto, non incide sulla logicità, congruenza o coerenza
intrinseca o estrinseca della motivazione, limitandosi a proporre una interpretazione alternativa
delle emergenze processuali. Al proposito, va ricordato che, secondo il costante insegnamento
di questa Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri
di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. 6^, n. 27429 del 4 luglio 2006,
Lobriglio, rv. 234559; sez. 6^, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099)., la cui

di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, 06/02/2004, Elia, Rv.
229369).
Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, per
il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3000,00.
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata
successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/3000, De Luca, Rv.
217266).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamejtQ della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Ro , il 21 novembre 2017
Il Cons,4lierestensore
(Vin e

Tutinelli)

Il Pres . e te/
(Ugo De Creg- enzo)

valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio

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