Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15888 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15888 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NONNIS OTTAVIO nato il 13/11/1960 a GUSPINI

avverso la sentenza del 30/03/2016 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 21/11/2017

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di ICaglidri ha confermato la
dichiarazione di penale responsabilità dell’odierno ricorrente, NONNIS Ottavio, e ha
rideterminato la pena previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Propone ricorso per cassazione l’imputato lamentando nullità della sentenza per
inosservanza dell’articolo 129 cod. proc. pen. in relazione all’articolo 606 cod. proc. pen..
Afferma ricorrente che la Corte di appello di Venezia ha ridotto la pena nonostante

pen. in quanto allo stato degli atti non risulterebbero elementi sufficienti ed idonei a
giustificare un giudizio di addebitabilità degli episodi contestati all’imputato.
Il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett.
c) c.p.p. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente
corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo
al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato. Tra i
requisiti del ricorso per cassazione vi è infatti anche quello, sancito a pena di inammissibilità,
della specificità dei motivi : il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o
più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che
sono alla base delle sue lagnanze.
Inoltre, l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi,
fondandosi esso su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi di prova e sulla loro
coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di
adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della
univocità, in quanto conducenti all’affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole
dubbio.
Il ricorso nemmeno incide sulla logicità, congruenza o coerenza intrinseca o estrinseca
della motivazione, limitandosi a proporre una interpretazione alternativa delle emergenze
processuali. Al proposito, va ricordato che, secondo il costante insegnamento di questa Corte,
esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione
e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. 6^, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559;
sez. 6^, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099)., la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e,
per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
3000,00. L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata
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dovesse essere pronunciata sentenza di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 cod. proc.

successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/3000, De Luca, Rv.
217266).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il

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