Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15886 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15886 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
HUDOROVIC GESSICA nato il 15/06/1985 a UDINE

avverso la sentenza del 15/12/2016 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 21/11/2017

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza
del gruppo del Tribunale di Udine in data primo ottobre 2014 di condanna dell’odierna
ricorrente per una rapina in concorso avvenuti in Udine il 30 marzo 2013 con contestazione di
recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale.
Avverso tale provvedimento, propone ricorso per cassazione l’imputata HUDOROVIC
Gessica lamentando:

avrebbe immotivatamente fatto proprie le valutazioni del giudice di prime cure.
La ricorrente specifica di essere stato unicamente preoccupata delle conseguenze possibili
dei fatti sul proprio stato di gravidanza e nega di avere svolto le condotte di cui riferisce la
parte offesa.
2. Violazione di legge in relazione all’articolo 628 comma 2 cod. pen.
Afferma la ricorrente che non vi sarebbe alcuna connessione tra l’affermata minaccia
dell’impossessamento dei beni.
Il ricorso è inammissibile.
L’iter argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi, fondandosi esso
su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi di prova e sulla loro coordinazione in
un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità
logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della univocità, in quanto
conducenti all’affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio.
Il ricorso, articolato in fatto, non incide sulla logicità, congruenza o coerenza intrinseca o
estrinseca della motivazione, limitandosi a proporre una interpretazione alternativa delle
emergenze processuali. Al proposito, va ricordato che, secondo il costante insegnamento di
questa Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. 6^, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio,
rv. 234559; sez. 6^, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099)., la cui valutazione
è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità
la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e,
per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in €
3000,00. L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata
successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/3000, De Luca, Rv.
217266).
P.Q.M.
2

1. Assoluta insufficienza della motivazione del provvedimento della Corte territoriale che

Dichiara inammissibile il ricorso e

condanna la ricorrente al pagamento delle spese

processuali e al versamento d a somma

di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, i 21 novembre 2017

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