Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15858 del 11/10/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 15858 Anno 2018
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: SILVESTRI PIETRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da Palau Giovannetti Pietro, nato a Milano il 19/11/1952

avverso l’ordinanza emessa 1’01/02/2017 dalla Corte di Appello di Brescia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Pietro Silvestri;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa Perla Lori, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di
ricusazione presentata da Pietro Palau Giovanetti nei riguardi della dott.ssa
Tiziana Gueli, giudice del Tribunale di Brescia, davanti alla quale è in corso di
celebrazione il processo penale nei confronti di Palau per il reato di cui all’art.
343 cod. pen.
A fondamento della dichiarazione di ricusazione sono state poste alcune
decisioni o comportamenti assunti dal giudice che, a dire del ricorrente, avrebbe
indebitamente anticipato l’esito del giudizio: 1) sollecitando il pubblico ministero
di udienza a contestare all’imputato – assente- la recidiva, sebbene la stessa
fosse stata esclusa dal magistrato inquirente titolare del procedimento (il

Data Udienza: 11/10/2017

riferimento alla recidiva era contenuta nell’avviso ex art. 415 bis cod. proc. pen.
e non nel decreto di citazione a giudizio), 2) omettendo di disporre, a seguito
della contestazione della recidiva, la restituzione degli atti al pubblico ministero;
3) rigettando ogni richiesta di definizione anticipata del processo presentata a
seguito della contestazione suppletiva, ovvero le richieste di applicazione della
causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, 4) disponendo irrituali
notificazioni del verbale di udienza ovvero l’accompagnamento coattivo dell’unico
teste della difesa; 5) omettendo di prendere in considerazione le richieste

all’udienza del 19/12/2016, alcune richieste di integrazione probatoria, avanzate
dall’imputato ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., ovvero revocando
l’ammissione di prove testimoniali.
Tali atti e/o comportamenti della dott.ssa Gueli, ad eccezione di quelli relativi
all’udienza del 19/12/2016, sono già stati oggetto di precedente dichiarazione di
ricusazione, dichiarata inammissibile dalla Corte di appello di Brescia con
decisione avverso la quale è stato proposto altro ricorso per cassazione la cui
trattazione è fissata per l’odierna udienza (procedimento N.R.G. 13415/17) .

2. La Corte di appello di Brescia, nel dichiarare inammissibile la dichiarazione
di ricusazione, ha ritenuto: 1) assorbite nella decisione assunta in occasione
della precedente dichiarazione di ricusazione tutte le questioni proposte, ad
eccezione di quelle relative all’attività compiuta all’udienza del 19/12/2016; 2)
che le condotte ritenute indebite non potessero avere rilievo né ai sensi degli
artt. 37- 36 lett. c) cod. proc. pen.- non potendo sostenersi che nella specie il
giudice avesse manifestato il proprio convincimento sull’oggetto del processo “al
di fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie”- , né nell’ambito della previsione
di cui agli artt. 37- 36 lett. h) cod. proc. pen. – non essendo l’art. 36 lett. h)
richiamato dall’art. 37 cod. proc. pen.-, né, ancora, ai sensi dell’art. 37 lett. b)
cod. proc. pen. -non potendosi ritenere che nella specie il giudice avesse
manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto della
imputazione-.
La Corte di merito ha inoltre ritenuto inammissibili le due questioni di
legittimità costituzionale prospettate dalla difesa e relative, rispettivamente,
all’art. 41, comma 1, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost.,
nella parte in cui non prevede, anche in caso di udienza non partecipata,
l’obbligo di notifica del decreto di fissazione dell’udienza camerale alle parti, e
all’art. 40, comma 3, cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 3- 24- 111
Cost., nella parte in cui prevede che non possa essere ricusato il giudice della
ricusazione.

2

R91

dell’imputato relative alle domande da rivolgere ai testi; 6) rigettando,

3. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Palau articolando tre
motivi.
3.1. Con il primo si lamenta violazione di legge penale e di norme processuali
stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 34, 36 comma 1, lett. g-h, 37,
comma 1, lett. a), 38 cod. proc. pen., nonché dell’art. 6 CEDU; si sostiene che la
sequenza degli atti e delle decisioni adottate dal giudice ricusato sarebbe
implicitamente espressiva del convincimento dello stesso, che, nella specie,

3.2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge per avere la Corte
di appello proceduto “de plano” in assenza dei presupposti di legge e comunque
per non avere il Palau ricevuto avviso di fissazione dell’udienza camerate,
ancorchè non partecipata. In tal senso si reitera la eccezione di legittimità
costituzionale dell’art. 41, comma 1, cod. proc. pen., di cui si è detto.
3.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la erronea applicazione della
legge penale e vizio di motivazione per non avere preso in considerazione la
Corte di merito la questione relativa alla possibilità che il Collegio giudicante
fosse composto da un magistrato che già in passato abbia conosciuto e deciso
questioni analoghe riguardanti lo stesso Palau.
In tal senso si reitera la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40,
comma 3, cod. proc. pen., già indicata.

4. Il 25/09/2017 è stata inviata, tramite posta elettronica certificata, memoria
sottoscritta dall’imputato e dal suo difensore con cui si deduce di aver appreso il
21/09/2017 della data di fissazione dell’odierna udienza e si è chiesto, in via
preliminare, un rinvio del processo a nuovo ruolo “per violazione dei termini a
difesa”, anche per consentire la riunione a questo procedimento di quello n.
13415/2017; nell’occasione il difensore e lo stesso indagato hanno ribadito nel
merito le precedenti argomentazioni, sottolineando come il giudice ricusato abbia

avrebbe di fatto compiuto un’ingiustificata anticipazione sul merito del processo.

pronunciato nel frattempo sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.

2. Quanto alla denunciata violazione del termine a difesa previsto dall’art. 610
cod. proc. pen., va evidenziato come, secondo gli stessi assunti difensivi, il
ricorrente sia venuto a conoscenza della data dell’udienza fissata per la
trattazione del presente procedimento il 21/9/2017, in occasione della

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vi

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presentazione di una richiesta di copia degli atti del procedimento N.R.G.
13415/2017, per il quale l’avviso alle parti è stato tempestivamente comunicato
il 4/09/2017.
Si è già detto di come i fatti oggetto della dichiarazione di ricusazione della
dott.ssa Gueli, sui cui si è pronunciata la Corte di Appello di Brescia con
l’ordinanza impugnata nel presente procedimento, siano gli stessi posti a
fondamento del procedimento N.G.R. 13415/2017, rispetto ai quali si è aggiunto
solo il riferimento agli accadimenti dell’udienza del 19/12/2016.

giudizio, quanto, piuttosto, l’inosservanza del termine a difesa.
Nel primo caso il vizio inficia strutturalmente la fase del giudizio,
determinando una nullità di ordine assoluto, poiché la parte interessata viene a
trovarsi nella impossibilita di comparire a mezzo del proprio difensore qualificato
e di far valere le proprie ragioni; nel secondo caso, invece, il vizio si limita a
pregiudicare, eventualmente, l’approntamento di opportune difese aggiuntive,
con la conseguenza che la nullità è sanabile (in tal senso, espressamente, Sez.
3, n. 27068 del 30/04/2014, Demurtas, Rv.259635).
Nel caso in esame, il ricorrente si è limitato ad eccepire la tardività della
conoscenza della data dell’udienza, senza tuttavia dedurre nulla in ordine al se
ed in quale misura il minor termine goduto abbia ostacolato l’esercizio dei suoi
diritti di difesa, tenuto conto che i fatti oggetto del procedimento sono
sostanzialmente gli stessi posti a fondamento del procedimento N.R.G.
13415/2017, per il quale l’avviso è stato tempestivamente comunicato, ed
avendo lo stesso ricorrente personalmente e tempestivamente presentato, dopo
aver appreso della data di trattazione del presente procedimento, una corposa
memoria, anche sul merito del ricorso, dunque, avvalendosi della facoltà al cui
esercizio l’avviso era preordinato, così sanando, ai sensi dell’art. 183, lett. b)
cod. proc. pen., la sua nullità.

3. Quanto al merito, il primo motivo di ricorso è infondato, al limite
dell’inammissibilità.
Al di là dei profili relativi alle premesse in fatto ed alla tempestività della
dichiarazione, il ricorrente sostiene che la dott.ssa Gueli avrebbe manifestato il
proprio convincimento sul merito del processo, attraverso una serie di decisioni,
quelle descritte a pag. 21 del ricorso, consistite nell’avere: a) respinto “tutte” le
istanze dell’imputato; b) sollecitato il pubblico ministero a contestare la recidiva;
c) respinto le richieste di termine a difesa; d) impedito l’accesso a riti alternativi;
e) revocato alcune prove testimoniali già ammesse; e) negato l’integrazione
probatoria richiesta.

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9.01

Ciò che si eccepisce, dunque, non è la mancata conoscenza della citazione a

4.Si tratta di assunti generici ed infondati.
Sotto il primo profilo, il motivo non si confronta con il contenuto dell’ordinanza
della Corte di appello che ha invece spiegato, quanto ai fatti accaduti all’udienza
del 19/12/2016, perché il giudice non abbia manifestato il proprio convincimento
sui fatti del processo, né in maniera indebita, né al di fuori dell’esercizio delle
funzioni giudiziarie.
Sul punto specifico il ricorso è silente e si limita riprodurre le stesse

La Corte di cassazione ha costantemente affermato che la funzione tipica
dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui
si riferisce. Tale critica argomentata si esplica attraverso la presentazione di
motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono
indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono
ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è infatti il
confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del
provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Ne consegue che se il motivo di ricorso si limita , come nel caso di specie, ad
affermazioni generiche, esso non è conforme alla funzione per la quale è previsto
e ammesso, cioè la critica argomentata al provvedimento, posto che con siffatta
mera riproduzione il provvedimento formalmente “attaccato”, lungi dall’essere
destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.

5. Quanto al merito, dall’esame dei molteplici interventi della Corte
costituzionale emerge un progressivo adattamento del concetto di incompatibilità
del giudice determinata da ragioni interne allo svolgimento del procedimento,
finalizzate ad evitare che condizionamenti, anche solo apparentemente tali,
possano pregiudicare o fare apparire pregiudicata l’attività di giudizio.
I termini della relazione di incompatibilità sono due: l’attività pregiudicante e
la sede pregiudicata.
L’attività pregiudicante può essere costituita da qualunque attività implicante
una valutazione sul merito dell’accusa; essa non può essere ravvisata in
qualsiasi attività processuale precedentemente svolta dallo stesso giudice nel
medesimo o in un altro procedimento penale coinvolgente lo stesso soggetto,
bensì nella valutazione di merito espressa in ordine alla sussistenza del fattoreato ovvero alla riconducibilità della responsabilità di tale fatto alla medesima
persona.

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5

argomentazioni poste a fondamento della dichiarazione di ricusazione.

Non può essere, quindi, ragione di pregiudizio la mera conoscenza degli atti,
non accompagnata da una valutazione contenutistica di merito, né possono
esserlo precedenti determinazioni che abbiano riguardato lo svolgimento del
processo ma non il merito dell’accusa, sia pure in seguito ad una valutazione
delle risultanze processuali.
La sede pregiudicata è quella giudiziale, per tale dovendosi intendere ogni
sequenza processuale che, in base ad un esame delle risultanze probatorie,
pervenga ad una decisione di merito.

ovvero nello stesso procedimento ma mediante un atto che non presupponga
necessariamente una tale valutazione, l’effetto pregiudicante di una eventuale
valutazione sul merito dell’accusa deve essere accertata in concreto e devono
trovare applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, gli istituti dell’astensione e
della ricusazione.
In tali casi e’ configurabile l’astensione per gravi ragioni di convenienza a
norma dell’art. 36 lett. h) cod. proc. pen., potendo la stessa trovare applicazione
non solo per ragioni extraprocessuali, ma anche in relazione all’attività
giurisdizionale, comunque svolta in precedenza dal giudice.
Non potendo le situazioni che danno luogo alla astensione-ricusazione avere
carattere astratto, esse devono essere sempre oggetto di un puntuale
apprezzamento che consenta, previa verifica in concreto dell’eventuale effetto
pregiudicante derivante da una valutazione del merito dell’accusa, di rendere
operante la tutela del principio del giusto processo.
Il quadro complessivo si completa con il richiamo all’istituto della ricusazione:
gli istituti dell’incompatibilità, dell’astensione e della ricusazione condividono tutti
la finalità di assicurare i mezzi per garantire l’imparzialità del giudice rendendo
possibile la rimozione degli ostacoli che, secondo una valutazione astratta e
generale, mal si conciliano con la serenità e con la obiettività della decisione.
Orbene, l’art. 37, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. prevede la ricusazione
solo per il caso previsto dall’art. 36, comma 1, lett. g) – che richiama i casi di
incompatibilità indicati all’art. 34 -, e non invece per la lettera h), e cioè qualora
sussistano gravi ragioni di convenienza.
Con sentenza n. 283 del 2000 la Corte costituzionale ha, tuttavia, dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in
cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a
decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro
procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei
confronti del medesimo soggetto. Le eventuali valutazioni sul merito della
responsabilità penale, idonee a determinare un effetto pregiudicante, devono

Qualora la valutazione di merito sia stata espressa in altro procedimento

essere oggetto però di una valutazione caso per caso, che tenga conto dello
specifico contenuto dell’atto, ai fini di verificarne la possibile incidenza
sull’imparzialità del giudice, rimuovendo il pregiudizio mediante il ricorso agli
istituti dell’astensione e della ricusazione.
Attraverso le sentenze n. 306 – 307 – 308 del 1997, n. 113 – 283 del 2000 la
Corte costituzionale ha ricostruito sistematicamente agli strumenti di tutela del

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principio dell’imparzialità – terzietà del giudice, con la necessaria sottolineatura
della permanenza di una situazione di non coincidenza tra i casi di astensione e
quelli previsti come motivi di ricusazione dall’art. 37, comma 1, lett. a), in

quanto le altre ragioni di convenienza, come intese dalla sentenza n. 113 del
2000, non costituiscono automaticamente anche ragioni di ricusazione.
Le ragioni di questa scelta vanno individuate nella consapevolezza di sottrarre
al potere di ricusazione delle parti, una situazione atipica, che potrebbe essere
utilizzata in modo strumentale e dilatorio.

6. In tale contesto la Corte di cassazione ha costantemente avuto modo di
pronunciarsi con riferimento all’applicabilità dell’istituto della ricusazione
nell’ipotesi di indebita manifestazione del convincimento del giudice,
evidenziando come l’operatività dell’istituto sia legata esclusivamente alle ipotesi
in cui il giudice, anche nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, manifesti
indebitamente il proprio pensiero sui fatti oggetto del procedimento, e cioè
esprima opinioni sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato (indiziato,
indagato) senza alcuna necessità e fuori da ogni collegamento o legame con
l’attività giurisdizionale.
Al tempo stesso è consolidato il principio secondo cui tra i casi di ricusazione
non rientra quello dell’opinione espressa dal magistrato nella qualità di giudice,
in quanto estensore di provvedimento previsto dalla legge in via provvisoria,
trattandosi di facoltà espressamente concessa dal legislatore (per quanto
riguarda la legittimazione ad emettere il provvedimento) e di obbligo di legge
(per quanto concerne l’opinione espressa attraverso la motivazione del
provvedimento stesso).
In tal senso le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno specificato come
l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la
delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un
diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia
anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza
dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle
sequenze procedimentali, nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti
della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il

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(2\9\
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provvedimento incidentale adottato (così Sez. U, n. 41263 del 27/9/2005,
Falzone, Rv. 232067 che hanno ritenuto immune da vizi la decisione della Corte
d’appello che aveva respinto l’istanza di ricusazione, in una fattispecie in cui il
richiedente deduceva che il giudice avesse espresso valutazioni sul merito del
processo, negando l’ammissione d’ufficio di nuove prove per superfluità delle
medesime).
Il carattere indebito della manifestazione del convincimento del giudice sui
fatti oggetto dell’imputazione richiede che l’esternazione venga espressa senza

funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale.
Non costituisce motivo di ricusazione l’avere il giudice deciso questioni di
carattere processuale rispetto alle quali non sia stato manifestata alcuna
ingiustificata valutazione anticipata in ordine alla responsabilità dell’imputato
(Sez. 4, n. 42024 del 06/07/2017, Ventrici, Rv. 270769; Sez. 6, n.22112 del
27/02/2014, C., Rv. 260092).
Nel caso di specie, al di là della ritualità della contestazione della recidiva da
parte del pubblico ministero, le ragioni poste a fondamento della dichiarazione di
ricusazione attengono sì a molteplici decisioni assunte nel corso del processo,
ma ciascuna di esse riguarda questioni incidentali o procedurali che, al di là della
loro correttezza giuridica, non rivelano affatto il convincimento del giudice sul
merito della imputazione contestata a Pietro Palau Giovannetti.
Revocare l’ammissione di una prova testimoniale, rigettare una richiesta di
integrazione probatoria ai sensi dell’art. 507 cod. prc. pen., non concedere un
termine a difesa a seguito della contestazione della recidiva (art. 519 cod. proc.
pen.), ritenere insussistenti i presupposti per riconoscere la causa di non
punibilità per particolare tenuità del fatto, non rivelano il convincimento del
giudice sul merito del processo, né l’esistenza di un pregiudizio.
Ne discende l’infondatezza del ricorso.

alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio delle

7. Quanto alle due questioni oggetto del secondo e del terzo motivo di
ricorso e su cui si chiede di sollevare eccezione di legittimità costituzionale.
La Corte di cassazione si è più volte espressa, con argomenti che questo
Collegio condivide, ritenendo manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 41, comma 1, cod. proc. pen., per asserita
violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost., 6 CEDU) e dei principi del giusto
processo (art. 111 Cost.), nella parte in cui consente al giudice collegiale
competente di dichiarare inammissibile la richiesta di ricusazione senza previa
fissazione dell’udienza camerale, poichè, quanto all’art. 6 CEDU, ne è esclusa
l’applicabilità ai procedimenti o subprocedimenti incidentali e, quanto all’art. 111

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4

Cost., rientra nell’insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di graduare
forme e livelli differenti di contraddittorio, sia esso meramente cartolare o
partecipato, atteso che resta sempre garantito il diritto di difesa. (Sez. 5, n.
18522 del 07/03/2017, Palau Giovannetti, Rv. 269896; Sez. 6, n. 44713 del
08/10/2013, Stara, Rv. 256961).
Quanto alla seconda questione, la stessa è chiaramente irrilevante.
Come correttamente rilevato dalla Corte di appello, nel caso di specie ad
essere stata ricusata è la dott.ssa Gueli e non è stata evidenziata nel ricorso

appello di Brescia, che ha deciso sulla dichiarazione di ricusazione in esame,
avrebbe dovuto essere a sua volta ricusato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, 1’11 ottobre 2017.

nessuna ragione per la quale qualcuno dei componenti del Collegio della Corte di

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