Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15849 del 18/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 15849 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BIANCHI MICHELE

5CA1 -1- 6- 1■12-A
sul ricorso proposto da:
TKACHUK ALEKSANDR nato il 10/03/1982

avverso l’ordinanza del 23/05/2017 del TRIB. LIBERTA’ di LECCE
sentita la relazione svolta dal Consigliere MICHELE BIANCHI;
letté/sentite le conclusioni del PG MARIA FRANCESCA LOY
Il PG chiede il rigetto del ricorso
Udite3I difensore 11014

I

C,0144

Data Udienza: 18/12/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza pronunciata in data 23.5.2017 il Tribunale di Lecce,
quale giudice ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza
1.5.2017 con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce aveva
disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Tkachuk
Aleksandr, indagato per il reato di trasporto illegale nello Stato di n. 110 cittadini

2. L’ordinanza impugnata, prendendo in esame i motivi proposti con la
richiesta di riesame, ha evidenziato che l’ordinanza applicativa della misura
cautelare aveva adeguatamente motivato in ordine agli indizi di colpevolezza,
desunti dalle dichiarazioni di alcuni migranti e dal fatto che l’indagato era uno dei
tre cittadini russi che si trovavano sul natante assieme ad oltre cento pachistani.
Quanto alla utilizzabilità delle dichiarazioni rese dai migranti, l’ordinanza
del Tribunale ha osservato che le stesse erano state rese ai sensi dell’art. 351,
comma 1 bis, cod. proc. pen., norma che impone il previo avviso al difensore, la
cui assistenza all’atto non è però necessaria, e non prescrive che siano dati gli
avvisi di cui all’art. 64 cod. proc. pen. .
L’ordinanza ha ritenuto attendibili le dichiarazioni dei migranti, difformi
tra loro solo su circostanze marginali .
La circostanza che i migranti non avessero corrisposto denaro
all’indagato, ma ad altri soggetti, non impediva il riconoscimento dell’aggravante
speciale del fine di lucro.
Veniva riconosciuta l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione di
reati della stessa specie, e l’adeguatezza della custodia in carcere.

2. Il difensore di fiducia di Tkachuk Aleksandr ha proposto ricorso per
cassazione, articolato in tre motivi di impugnazione, denunciando la violazione
delle norme processuali relative alla inutilizzabilità di elementi di prova e
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Con il primo e il secondo motivo, il ricorso deduce che l’ordinanza
impugnata, ritenendo utilizzabili le dichiarazioni rese con verbale di sommarie
informazioni testimoniali da n. cinque migranti ( nominativamente indicati)
trasportati a bordo della imbarcazione, in tesi di accusa, condotta dall’indagato,
avrebbe violato le norme di cui agli artt. 63, comma 2, e 64, comma 3 bis, cod.
proc. pen., sul rilievo che i dichiaranti erano stati assunti come persone
informate sui fatti, e quindi senza assistenza di difensore e senza gli avvisi di cui

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stranieri, commesso in data 29.4.2017.

all’art. 64 cod. proc. pen., nonostante fossero già emersi nei loro confronti indizi
di reità in relazione alla fattispecie di cui all’art. 10 bis d.lvo n. 286/1998 .
Il terzo motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione
dell’ordinanza impugnata, laddove afferma che le dichiarazioni dei migranti
sarebbero riscontrate dal fatto che sull’imbarcazione vi erano solo tre persone di
nazionalità russa e tutti gli altri di nazionalità pakistana, circostanza non
provata, mentre l’indagato aveva dichiarato di essere anch’egli migrante.

1. Il ricorso, con i primi due motivi, deduce la violazione di norme
processuali per aver il Tribunale fondato il proprio giudizio su prove – le
dichiarazioni rese da n. cinque migranti – inutilizzabili, perché assunte in
violazione delle norme di cui agli artt. 63 e 64 cod. proc. pen. .

1.1. Il tema è già stato esaminato in giurisprudenza, anche con specifico
riferimento alle dichiarazioni rese da soggetti che si trovavano, privi di
documentazione idonea all’ingresso legale in Italia, a bordo di imbarcazioni
provenienti da coste di Paesi extra comunitari.
In particolare, si è rilevato che i migranti, giunti illegalmente sul territorio
nazionale, potrebbero essere sottoposti a procedimento penale per la
contravvenzione di cui all’art. 10 bis d.lvo n. 286/1998 e quindi, nel
procedimento a carico dei soggetti che avevano organizzato il trasporto dei
migranti, non potrebbero essere assunti quali persone informate sui fatti, bensì
come persone indiziate di reità per reato connesso.

1.2. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza in data 28.4.2016, n.
.40517) hanno precisato che qualora l’imbarcazione, a bordo della quale si
trovava il gruppo di migranti, fosse stata soccorsa in acque internazionali e
quindi trasportata, per motivi di soccorso pubblico, sino alla costa italiana non
sarebbe integrato il reato di cui all’art. 10 bis d.lvo n. 286/1998 – considerato
che i migranti erano stati legittimamente trasportati sul territorio nazionale -,
fattispecie contravvenzionale e quindi non punibile nella forma del tentativo.
Ne consegue che, in tal caso, nel procedimento a carico degli
organizzatori del trasporto, i migranti dovrebbero essere considerati come
persone informate sui fatti e non come indiziati di reato connesso.
Il menzionato principio di diritto è stato affermato anche in diverse
pronunce di questa Sezione (1.10.2015, Mohammed, Rv. 267809; 16.11.2016,
Alli, Rv. 268662).

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CONSIDERATO IN DIRITTO

Qualora, invece, il migrante dichiarante fosse da ritenersi indiziato della
contravvenzione di cui all’art. 10 bis d.lvo n. 286/1998 – non essendo avvenuto
l’ingresso nelle acque territoriali italiane nell’ambito di una operazione di
soccorso – le sue dichiarazioni dovrebbero essere assunte, nel procedimento a
carico degli organizzatori del trasporto, ai sensi dell’art. 351, comma 1 bis, cod.
proc. pen. dalla polizia giudiziaria, e ai sensi dell’art. 363 cod. proc. pen. dal
pubblico ministero; è stato precisato che la violazione delle menzionate norme

dell’art. 63, comma 2, cod. proc. pen. ( Sez. 1, 31.1.2017,n. 14258, Ahmine el
Ma hd i).

1.3. Quanto all’ulteriore profilo se, in sede di esame ai sensi dell’art. 351,
comma 1 bis, cod. proc. pen., la polizia giudiziaria, prima di procedere, debba
rivolgere all’interrogato gli avvisi di cui all’art. 64 cod. proc. pen., adempimento
cui è collegato il particolare regime di inutilizzabilità previsto dal comma 3 bis
della norma citata, è stato affermato che la norma non si applica solo
all’interrogatorio cui procede il pubblico ministero, ma anche a quello d’iniziativa
della polizia giudiziaria (Sez. 1, 10.5.2012, Andrietes, Rv. 252741) ed anche
all’esame in sede dibattimentale ai sensi dell’art. 210 cod. proc. pen. .
Quanto alla sanzione della inutilizzabilità, è stato precisato che l’omissione
dell’avviso di cui alla lettera a) comporta la inutilizzabilità delle dichiarazioni nei
confronti del dichiarante e che l’omissione dell’avviso di cui alla lettera c)
determina la inutilizzabilità delle dichiarazioni nei confronti di terzi ( Sez. 1,
17.3.2016, Almagasbi, Rv. 267121)
Questi principi sono stati affermati, in particolare, anche dalle Sezioni
Unite ( sentenza 26.3.2015, Lo Presti, Rv. 264479), che hanno esaminato il caso
del soggetto, raggiunto da indizi di reità in ordine al reato di favoreggiamento
personale (in relazione a dichiarazioni rese nel corso di indagini preliminari)
connesso a quello oggetto del procedimento principale, che era stato assunto a
dibattimento come testimone, e non con le formalità di cui all’art. 210 cod. proc.
pen. .
Di particolare rilievo è l’affermazione del principio secondo cui l’omissione
dell’avviso di cui all’art. 64, comma 3 lett. c), cod. proc. pen. determina
l’insorgere, ai sensi del comma 3 bis della medesima norma, di un divieto
legislativo dell’assunzione della posizione di testimone.

2. Il collegio quindi ritiene che, sia nella fase delle indagini preliminari che
in quella dibattimentale, al soggetto coindagato o indagato di reato connesso ai

processuali comporta la inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni rese, ai sensi

sensi dell’art. 12 lett. a) e c) cod. proc. pen. o collegato ai sensi dell’art. 371,
comma 2 lett. b), cod. proc. pen. debbano essere dati gli avvisi di cui all’art. 64
cod. proc. pen., a pena della inutilizzabilità delle dichiarazioni rese, come
previsto dal comma 3 bis del medesimo art. 64 .
In particolare, il mancato avviso di cui alla lettera c) dell’art. 64 cod. proc.
pen. comporta la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nei confronti dei soggetti
terzi cui si riferiscono le dichiarazioni medesime.
L’ordinanza impugnata ha evidenziato che la norma di cui all’art. 351 cod.

gli avvisi di cui all’art. 64 cod. proc. pen., e quindi ha ritenuto la relativa
omissione priva di conseguenze processuali.
Tale tesi, fondata su un dato letterale, è smentita, secondo
l’insegnamento delle Sezioni Unite, da una interpretazione sistematica che
valorizzi il disposto di cui agli artt. 64, comma 3 bis, e 197, comma 1, lett. a) e
b), cod. proc. pen. come norma che introduce in via generale un profilo di
incompatibilità a testimoniare, a prescindere quindi che venga recepito
espressamente dalle norme processuali che declinano la prova dichiarativa nelle
diverse fasi processuali.
D’altra parte, si tratta di orientamento che era già stato affermato dalla
pronuncia “De Simone” delle Sezioni Unite ( 17.12.2009, n. 12067, dep. 2010).

3. I rilievi in diritto sin qui svolti presuppongono sia accertata la posizione
del soggetto dichiarante, se lo stesso possa, o meno, essere ritenuto, con
riferimento al momento delle dichiarazioni, coindagato o indagato di reato
connesso, ai sensi dell’art. 12 lett. a) e c) cod. proc. pen., o collegato, ai sensi
dell’art. 371, comma 2lett. b), cod. proc. pen. .
E’ stato precisato che la circostanza che, dopo le dichiarazioni, il soggetto
abbia assunto formalmente la qualità processuale di indagato non ha alcun
rilievo in ordine alle dichiarazioni rese in precedenza ( Sez. 2, 9.10.2007, P.G. in
proc. Fazio, Rv. 238222).
Ancora, è stato precisato che il fatto di aver, in passato, assunto quella
qualità, con successiva archiviazione del procedimento, non incide sulla posizione
processuale del dichiarante, che va assunto come testimone “puro” ( Sez. Un.
17.12.2009, De Simone, Rv. 246376)
Si afferma, infine, che il giudice, *1 procedimento in cui vengono rese le
dichiarazioni o di diverso procedimento, ha il potere di verificare in termini
sostanziali la posizione processuale del dichiarante con riferimento al momento
delle dichiarazioni ( Sez. Un. 25.2.2010, Mills, Rv. 246584, Sez. Un. 23.4.2009,
Fruci, Rv. 243417).

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proc. pen. non prescrive, a differenza dell’art. 350 cod. proc. pen., che siano dati

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
-Roma, n

i

O APR. 2018

4. Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata si è limitata a dar conto del
fatto che i migranti dichiaranti erano stati assunti ai sensi dell’art. 351, comma 1
bis, cod. proc. pen., senza compiere una valutazione sostanziale circa la reale
sussistenza di indizi di reità, in relazione al connesso reato di cui all’art. 10 bis
d.lvo n. 286/1998.
In particolare, il Tribunale non ha tenuto conto che dal tenore
dell’ordinanza applicativa della misura cautelare risulta che l’imbarcazione, con a

al largo delle coste italiane”, circostanza che doveva essere verificata.
Infatti, nel caso in cui l’imbarcazione con i soggetti migranti fosse stata
soccorsa ancora in acque internazionali e quindi condotta, nell’ambito di una
operazione di soccorso pubblico, sino alle coste italiane i migranti dichiaranti non
avrebbero assunto la qualità di soggetti indiziati della contravvenzione di cui
all’art. 10 bis d.lvo n. 286/1998, con le conseguenze che derivano in ordine alla
loro posizione processuale nel momento in cui hanno rilasciato le dichiarazioni in
atti.
5. Va dunque disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio
al Tribunale di Lecce, che dovrà procedere all’accertamento sostanziale della
posizione processuale dei dichiaranti ( Amjad Imram, Mutto Shaharyar, Hussain
Adrian, Akbar Humayun, Amjad Alì) – se indiziati o meno di reità in ordine alla
contravvenzione di cui all’art. 10 bis d.lvo n. 286/1998 -, onde poi verificarne la
utilizzabilità o meno nei confronti dell’indagato ricorrente, applicando il seguente
principio: ” L’omissione dell’avviso di cui all’art. 64, comma 3 lett. c), cod. proc.
pen. nei confronti di soggetto coindagato o indagato di reato connesso, ai sensi
dell’art. 12 lett. a) e c) cod. proc. pen., o collegato, ai sensi dell’art. 371, comma
2 lett. b), cod. proc. pen., determina la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nei
confronti dei soggetti terzi cui si riferiscono le medesime, anche se rese nelle
indagini preliminari e di iniziativa della polizia giudiziaria”.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Lecce
competente ex art. 309 cod. proc. pen. . Manda la cancelleria per gli
adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen. .
Così deciso il 18.12.2017.

bordo 113 pakistani e 3 russi, era stata intercettata dalla Guardia di finanza “…

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