Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15843 del 27/11/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 15843 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BIANCHI MICHELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AMENDOLA PASQUALE nato il 10/06/1956 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 13/10/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere MICHELE BIANCHI;
lette,~e le conclusioni del PG

Data Udienza: 27/11/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di sorveglianza di Napoli, con ordinanza 13.10.2016, ha
respinto l’istanza proposta da Amendola Pasquale ed avente ad oggetto la
ammissione alla misura dell’affidamento al servizio sociale.
All’udienza, il pubblico ministero aveva concluso in senso favorevole alla
concessione della misura della detenzione domiciliare, conclusione cui il difensore
aveva aderito.

pena di anni uno e mesi tre di reclusione, ha ritenuto sussistente elevata
pericolosità sociale dell’Amendola, sul rilievo dei numerosi precedenti penali,
della dichiarazione di abitualità a delinquere, della applicazione di misure di
prevenzione e della attualità di collegamenti con esponenti della criminalità
organizzata, giungendo così a pronuncia di rigetto della istanza proposta dalla
difesa di Amendola Pasquale.

2.

Il ricorso per cassazione, presentato personalmente dal detenuto

ricorrente, ha evidenziato, con il primo motivo, che il Tribunale di Sorveglianza
non si era pronunciato sulla subordinata richiesta di ammissione alla detenzione
domiciliare.
Il secondo motivo denuncia difetto di motivazione in quanto l’ordinanza
impugnata si era limitata a evidenziare i precedenti a carico, senza considerare il
reato in espiazione, la condotta successiva e la congruità della misura richiesta in
relazione alla risocializzazione del condannato.

3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, segnalando che il
Tribunale di sorveglianza aveva provveduto anche in ordine alla richiesta di
detenzione domiciliare, e con motivazione adeguata, che aveva considerato sia i
precedenti penali a carico, sia il collegamento con elementi della criminalità
organizzata, elementi ritenuti tali da fondare un negativo giudizio sulla futura
condotta del condannato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato e va perciò respinto.

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che l’ordinanza
impugnata non avrebbe provveduto sulla istanza, subordinata, di ammissione

L’ordinanza impugnata, rilevato che l’istante doveva scontare condanna alla

alla detenzione domiciliare, formulata all’udienza dal difensore di Amendola
Pasquale.
Si deve precisare la vicenda processuale all’esame.
Dal verbale dell’udienza 13.10.2016 avanti il Tribunale di sorveglianza di
Napoli non risulta che il difensore abbia formulato istanza subordinata di
ammissione alla detenzione domiciliare, bensì che il procuratore generale, nelle
sue conclusioni, si fosse dichiarato favorevole alla menzionata misura alternativa
e che il difensore si fosse associato a tale conclusione.

alternative alla detenzione, indicando nell’originaria istanza la misura
dell’affidamento in prova al servizio sociale, e quindi, nel corso dell’udienza,
aderendo alla conclusione subordinata e favorevole del procuratore generale,
quella della detenzione domiciliare.
Il motivo sostiene esservi stata omessa motivazione in ordine alla istanza,
subordinata, di ammissione alla detenzione domiciliare.
Il collegio rileva che l’ordinanza impugnata esplicita i motivi posti a
fondamento della decisione di rigetto della istanza della difesa, e quindi
certamente esiste una specifica motivazione della decisione assunta.
Questione diversa è quella relativa alla adeguatezza della motivazione, ed
infatti oggetto di ulteriore motivo di ricorso, ma quanto alla denuncia di
omissione della motivazione si tratta, indubbiamente, di una censura infondata.

2. Il secondo motivo deduce che l’ordinanza impugnata non avrebbe
motivato adeguatamente la decisione, in quanto avrebbe valorizzato i precedenti
penali risalenti nel tempo, senza considerare l’entità del reato e della pena in
espiazione e la condotta successiva al reato.

2.1. Sono necessarie alcune precisazioni.
Il collegio rileva che il Tribunale di sorveglianza è tenuto a compiere il
giudizio di congruità, in relazione al soggetto istante, della misura richiesta
rispetto alla finalità rieducativa e di prevenzione speciale, e ciò sia nel caso della
misura dell’affidamento al servizio sociale ( art. 47, comma 2, ord. pen.) come
nel caso di detenzione domiciliare cd. generica ( art. 47 ter, comma 1 bis, ord.
pen.).
Il giudizio deve considerare la personalità del condannato, anche alla luce
di quanto emerso nel periodo di osservazione.
Il ricorso individua un profilo di inadeguatezza della motivazione nel fatto
che il Tribunale non avrebbe considerato il titolo del reato nè l’entità della pena
inflitta.

2

Dunque, il condannato aveva proposto istanza di ammissione a misure

La Corte osserva che la misura della pena costituisce un requisito di
ammissibilità della misura, risultando l’accesso alle misure alternative precluso in
caso di condanne superiori a determinati limiti.
La gravità del reato per il quale è stata pronunciata la condanna in
espiazione non è di per sé né preclusivo ( salvo il caso in cui si tratti di un cd.
reato ostativo) né elemento favorevole per l’ammissione alla misura alternativa
richiesta.
La gravità del reato è uno degli elementi da considerare nell’ambito del

Il ricorso lamenta poi che la motivazione avrebbe tenuto conto dei
precedenti penali dell’imputato, assai risalenti nel tempo.
Il collegio osserva che i precedenti penali concorrono a delineare la storia
e quindi la personalità del candidato alla misura alternativa, ma se ne deve tener
conto in funzione di un giudizio rapportato all’attualità.

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato e va perciò respinto.
L’ordinanza impugnata ha adeguatamente motivato il giudizio sulla
personalità del condannato nell’attualità, ritenendo, di conseguenza, la
incongruità delle misure alternative rispetto alla finalità rieducativa.
In particolare, il Tribunale ha tenuto conto dei numerosi precedenti penali,
risalenti nel tempo, ma protrattisi sino al 2009; della dichiarazione di abitualità a
delinquere e delle misure di prevenzione applicate; infine, dei contatti,
documentati con nota in data 11.5.2016, con esponenti della criminalità
organizzata.
A fronte di tale motivazione il ricorrente ha svolto deduzioni generiche,
dato che, quanto ai precedenti penali, non ha contestato l’esattezza dei rilievi del
Tribunale, mentre in relazione ai contatti con “esponenti malavitosi” si limita ad
affermarne la risalenza nel tempo, senza alcuna precisazione né riferimento ad
elementi acquisiti al fascicolo.
Si deve aggiungere che con particolare riferimento all’attualità il ricorso
non indica alcun elemento che possa smentire il negativo giudizio formulato dal
Tribunale; in particolare, l’elemento dei contatti con esponenti della criminalità
organizzata, che il Tribunale ha desunto da nota 11.5.2016 del commissariato di
Portici Ercolano, non è stato contestato dalla difesa.
A fronte di siffatto quadro soggettivo lo scarso allarme sociale
determinato dal reato ( abuso edilizio), cui si riferisce la pena in espiazione,
risulta dato evidentemente recessivo nel complessivo giudizio di pericolosità
sociale dell’istante.

3

giudizio sulla personalità dell’istante.

La motivazione dell’ordinanza impugnata risulta quindi adeguata sia in
relazione alla misura dell’affidamento al servizio sociale che rispetto a quella,
maggiormente afflittiva, della detenzione domiciliare.

3. Va quindi respinto il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 27.11.2017.

P.Q.M.

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