Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15841 del 24/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 15841 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BIGNONE NICOLO nato il 09/09/1990 a MILANO

avverso l’ordinanza del 23/12/2016 del GIP TRIBUNALE di BERGAMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO CAIRO;
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Data Udienza: 24/10/2017

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero dott. Ciro Angelillis, sostituto procuratore generale
della Repubblica presso questa Corte, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza in data 23 dicembre 2016 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Bergamo, in funzione di giudice dell’esecuzione ha respinto la richiesta di applicazione del

del 2011 e il maggio del 2014. Ha annotato che il medesimo disegno criminoso non si sarebbe
potuto identificare in un generico programma di attività delinquenziale e che nella specie non
ricorrevano elementi che avrebbero permesso di ritenere unificabili le diverse condotte,
considerandole frutto di una deliberazione unitaria. Ha, altresì, ritenuto che non si potesse
valorizzare la condizione di tossicodipendenza, tra l’altro, già considerata in fase di cognizione
e in virtù della quale erano stati unificati diversi delitti commessi in un periodo temporale di
riferimento contenuto. In questa logica non sarebbe stato possibile unificare come richiesto
tutte le condotte poiché il primo reato risultava commesso nell’anno 2011 e quelli successivi
negli anni 2012, 2013, e 2014.
2. Ricorre per cassazione Bignone Nicolò a mezzo del difensore di fiducia e deduce quanto
segue.
2.1. Con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 81 cpv. cod. pen. Il giudice
dell’esecuzione aveva in realtà ritenuto insussistente il vincolo della continuazione valorizzando
la distanza temporale tra i reati e la circostanza che si trattasse di fatti indicativi di abitualità
criminale, piuttosto che di medesimo disegno criminoso.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione. Nonostante le conclusioni cui era
pervenuto il giudice dell’esecuzione i delitti commessi già abbracciavano un arco temporale
compreso tra il 2009 e il 2014. A favore del Bignone vi era stato per il medesimo periodo
riconoscimento della continuazione con la conseguenza che la mancata valorizzazione dello
stato di tossicodipendenza e l’omessa unificazione con le condanne residue per fatti commessi
in quel contesto cronologico rendeva illogico il ragionamento seguito dal giudice a quo.
3. Il ricorso è fondato per quanto si passa ad esporre.
L’ordinanza impugnata si affida, per un verso, ad una motivazione non esaustiva e, per altro
verso, contraddittoria.
3.1. La motivazione risulta decisamente carente nella parte in cui il giudice dell’esecuzione ha
richiamato come elemento ostativo al riconoscimento il dato temporale e l’arco di tempo
trascorso (tra il 2011 e il 2014), ritenendo che aspetto siffatto prevalesse sulla condizione di
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regime della continuazione, nell’interesse di Bignone Nicolò, per i reati commessi tra l’ottobre

tossicodipendenza. Non si è, tuttavia, preoccupato di operare scrutinio alcuno degli altri indici
sintomatici e che pure avrebbe dovuto esaminare, al fine di appurare se i delitti potessero
essere frutto di una deliberazione programmata genericamente ma unitariamente ab initio, che
traesse scaturigine, appunto, dalla condizione di tossicodipendenza del medesimo istante.
Indubbiamente il dato temporale ha valenza non marginale nella verifica in esame, ma non è
l’unico elemento che permette di operare il giudizio sul medesimo disegno criminoso.
Soprattutto, senza una motivazione adeguata – e per certi versi puramente assertiva – il
ex se compatibile con la

condizione di tossicodipendenza, che pure, si legge l era stata ritenuta esistente. Sul punto non
v’è motivazione adeguata e alcuna considerazione è stata sviluppata a sostegno
dell’affermazione secondo cui l’indicata condizione di tossicodipendenza non sarebbe stata il
collante dell’unificazione delittuosa, conclusione cui si giunge in maniera sostanzialmente
apodittica. Ciò è viepiù rilevante, là dove il dato normativo espressamente prevede che il
medesimo disegno può bene sussistere tra fatti avvenuti in tempi diversi e considerando che la
tossicodipendenza è, appunto, una condizione che si protrae nel tempo, rinnovando in termini
costanti la realtà di bisogno del soggetto, appunto, dipendente dalla sostanza.
Da ciò discende che l’affermazione secondo cui la reiterazione dei fatti appartenga piuttosto ad
una idea di vita fondata sul delitto finisce per cedere ad una semplificazione e diventare, come
lamentato, effettivamente, un’asserzione di stile priva di un sostrato motivazionale valido. Essa
non si confronta realisticamente, infatti, con la richiamata condizione accertata dallo stesso
giudice a quo e che ben potrebbe aver indotto a reiterare la spinta al delitto non in maniera
estemporanea, ma in ragione dell’anzidetto bisogno legato alla necessità di assumere
stupefacente.
3.2. Per altro verso, si è anticipato, l’ordinanza impugnata sconta un profilo di contraddittorietà
logica. Il giudice dell’esecuzione richiama i titoli con cui è stata già in parte riconosciuta la
continuazione e, nella specie, si sofferma sulla sentenza del Tribunale di Bergamo del
5/11/2014 che ha già applicato l’istituto di cui all’art. 81 cpv. cod. pen. tra i fatti (rispetto ai
quali si richiede di unificare quelli oggetto di istanza), delitti che erano stati commessi in un
arco temporale già compreso tra il 2009 e il 2014. Questo aspetto, che ha già indotto al
riconoscimento d’un medesimo disegno criminoso, pur richiamato nel provvedimento
impugnato, non risulta correttamente valutato ai fini dell’odierno diniego. Contrariamente, si
valorizzano reati, arco temporale e relativa condizione di tossicodipendenza, a giustificazione
dell’avvenuta ammissione dell’istante al beneficio invocato. Non si avvede, tuttavia, il giudice
dell’esecuzione che, sulla scorta delle medesime condizioni e per un periodo cronologico anche
meno esteso (che va, in sintesi, dal 2011 al 2014, a fronte dell’arco temporale già
favorevolmente scrutinato -2009/2014-) finisce per negare il beneficio stesso, richiamando un
generico concetto di “condotta di vita”, pur nel concorso e nel permanere dell’anzidetta
dipendenza dagli stupefacenti. Ciò senza una spiegazione razionale e a fronte di reati che
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giudice dell’esecuzione ha finito per ritenere che esso non fosse

presentano la medesima indole di quelli che avevano costituito oggetto di precedente
unificazione e che avevano in sostanza caratterizzato la storia dell’istante, in un’epoca
parzialmente coincidente e, per certi versi, anche meno estesa temporalmente.
Alla luce di quanto premesso il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per
nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, diverso giudice.
P.Q.M.

Così deciso in Roma il 24 ottobre 2017.
Il Consigliere estensore
Antonio Gairo

IL)

Il Presidente
Angela Tardio

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.i.p. del Tribunale di Bergamo.

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