Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15825 del 11/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 15825 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MACRI’ UBALDA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Rondinella Prospero, nato a Troia, il 20.6.1954,
avverso la sentenza in data 23.1.2017 della Corte d’appello di Milano,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Marilia
Di Nardo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano con sentenza in data 23.1.2017 ha
confermato la sentenza del Tribunale di Lodi in data 4.11.2014 che aveva
condannato Rondinella Prospero alla pena di anni 1, mesi 6 di reclusione, per il
reato di cui all’art. 5, comma 1, d. Lgs. 74/2000 per aver omesso di presentare
le dichiarazioni fiscali relative all’anno 2007, con la recidiva reiterata, in Lodi
30.4.2012.

2.

Con un unico motivo di ricorso, l’imputato lamenta; la violazione

dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., contesta il metodo di
accertamento induttivo, assume che gli elementi su cui l’Ufficio finanziario aveva
ricostruito gli elementi utilizzati successivamente per la formulazione
dell’imputazione avevano il valore, non già di presunzioni legali, bensì di
presunzioni semplici utilizzabili solo se trovavano riscontro oggettivo o in distinti
elementi di prova o in altre presunzioni, purché precise e concordanti.

Data Udienza: 11/10/2017

Lamenta di non aver ricevuto una congrua riduzione della pena per la
concessione delle attenuanti generiche con dichiarazione di prevalenza o
equivalenza sulla recidiva contestata, considerata la sua situazione soggettiva, la
riabilitazione in atto e la nuova realtà familiareyOn la nascita di una bambina.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato, perché in fatto e generico.
Il ricorrente ha reiterato l’eccezione di inaffidabilità dell’accertamento
induttivo, già svolta nei motivi d’appello, senza confrontarsi con la motivazione

del teste dell’Agenzia delle Entrate, il quale aveva riferito.,.che l’imputato aveva
presentato la dichiarazione dei redditi solo nel 2006, che la banca dati aveva
evidenziato che, successivamente, aveva emesso delle fatture nei confronti di
quattro contribuenti; che non aveva mai risposto al questionario né aveva mai
inviato la documentazione contabile richiesta. Quanto al trattamento
sanzionatorio, ha spiegato, con argomenti immuni da censure / che non
ricorrevano valide ragioni per applicare le attenuanti generiche, siccome
l’imputato non si era presentato all’Autorità giudiziaria a rendere le proprie
giustificazioni ed era gravato da vari precedenti penali, di per sé ostativi anche al
riconoscimento della sospensione condizionale della pena. Sulla base delle
considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba
essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto,
poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n.
186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P .Q . M .
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso, 1 1 11 ottobre 2017.

della sentenza impugnata che ha dato conto compiutamente delle dichiarazioni

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