Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15818 del 11/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 15818 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MACRI’ UBALDA

SENTENZA
sul ricorso proposto da Celia Sebastiano, nato a Santa Maria di Licodia, il
26.6.1949,
avverso la sentenza in data 14.4.2016 della Corte d’appello di Catania,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Marilia
Di Nardo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Maria Grazia Ciaramitaro, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Catania con sentenza in data 14.4.2016, in
parziale riforma del Tribunale della stessa città in data 9.7.2015, ritenuta la
continuazione con i fatti di cui alla sentenza del Tribunale di Catania in data
12.7.2011, esecutiva il 25.11.2011, ha determinato la pena complessiva nei
confronti di Celia Sebastiano in mesi 10 di reclusione per il reato di cui al capo A)
art. 5 d. Lgs. 74/2000, perché quale titolare dell’impresa individuale, Flash
service di Celia Sebastiano, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore
aggiunto, non aveva presentato nei 90 giorni dalla scadenza del termine di
legge, la dichiarazione delle imposte dirette e dell’IVA per l’anno 2007, così
evadendo l’IRPEF per C 159.897,00 e VIVA per C 77.548,00, in Catania nel
gennaio 2009, e per il reato di cui al capo B) art. 10 d. Lgs. 74/2000, perché,
nella medesima qualità, aveva occultato i registri ed i documenti contabili di cui

Data Udienza: 11/10/2017

era obbligatoria la conservazione ed in particolare le fatture d’acquisto, le fatture
emesse ed i relativi registri relativi all’anno d’imposta 2007, in modo da non
consentire la ricostruzione del volume d’affari per l’anno d’imposta 2007, in
Catania, in data successiva al 29.9.2008 con condotta permanente fino al
settembre 2013; ha confermato nel resto l’impugnata sentenza.

2. Con il primo motivo di ricorso, l’imputato lamenta la violazione di legge
con riferimento alla notifica del decreto di fissazione del giudizio d’appello.
L’ufficiale giudiziario incaricato aveva attestato di aver trovato all’indirizzo

trovato non aveva accettato l’atto. All’udienza del 12.6.2014, il Giudice di prime
cure aveva disposto le ricerche del suo reale domicilio, che avevano dato esito
negativo, cosicché, all’udienza del 30.10.2014, ne aveva dichiarato l’irreperibilità
e ordinato la notifica mediante consegna al difensore. Invece, il Giudice di
seconde cure non aveva assolto al medesimo onere. Assume la violazione
dell’art. 161 c.p.p., con nullità assoluta del decreto di citazione in appello.
2.1. Con il secondo motivo, deduce la violazione di legge e la manifesta
illogicità della motivazione, con riferimento alla violazione del divieto di ne bis in
idem del capo B) della rubrica. La Corte territoriale aveva escluso il bis in idem
sulla base dell’asserita diversità dell’oggetto dei due procedimenti, ponendo
l’attenzione esclusivamente sull’impossibilità di consegnare la documentazione
contabile integrale dell’anno 2007 a seguito del controllo del 2013, dimenticando
che l’assenza di censure sul punto, nel corso del precedente controllo del
settembre 2008, significava, non solo che, all’epoca, la documentazione era
stata consegnata e registrata negli archivi della Guardia di Finanza e quindi
agevolmente ricostruibile, ma anche che la data del controllo doveva costituire il
limite temporale per eventuali contestazioni successive. Nell’atto di appello si era
inutilmente segnalato che il periodo d’imposta 2007 era ricompreso nell’arco
temporale accertato nel primo giudizio, e quindi già oggetto di giudicato.
Censura la motivazione della sentenza nella parte in cui era stata stringata ed
estremamente semplicistica. La somnnarietà era evidente nel fatto che non era
stata presa in considerazione, neanche per rigettarla, la richiesta di rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale contenuta nell’atto di appello, in relazione
all’acquisizione del verbale d’udienza del 12.10.2010, relativo al primo giudizio in
cui era stato sentito il contabile che aveva reso dichiarazioni significative e
decisive per la ricostruzione della condotta. La Corte territoriale aveva avallato
acriticamente ed apoditticamente gli argomenti del Tribunale, mentre un’attenta
analisi delle risultanze processuali e dei rilievi difensivi avrebbe certamente
messo in dubbio gli elementi costitutivi dei reati ascrittigli, sia sotto il profilo
oggettivo che soggettivo. Eccepisce che già nell’atto d’appello aveva sottolineato
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indicato tale Celia Sebastiano, classe ’65, mentre egli era classe ’49. Il soggetto

il suo atteggiamento collaborativo con la Guardia di Finanza, spiegando i motivi
per i quali non aveva potuto produrre tutta la documentazione contabile
richiesta, e che i Militi nel 2013 gli avevano chiesto solo documentazione
ulteriore rispetto a quella prodotta al momento del primo accertamento nel
2008. Le scritture contabili obbligatorie e la relativa documentazione dovevano
essere conservate fino alla definizione degli accertamenti relativi al
corrispondente periodo d’imposta ex art. 22 d.P.R. 600/73 e 39 d.P.R. 633/72.
Siccome aveva già subito l’accertamento nel 2008 e la ditta aveva cessato

contabili per i periodi già accertati, tra cui quello del 2007, avendo già
consegnato nel 2008 i registri IVA degli acquisti e delle vendite nonché i
raccoglitori di fatture relativi a quel periodo d’imposta. Non era emersa alcuna
prova che fosse stata formata altra documentazione né era chiaro quale altra
documentazione poteva considerarsi rilevante, perché il volume d’affari risultava
già determinato sulla base degli elementi esistenti presso le banche dati degli
Operanti, né poteva ritenersi integrato il reato di cui all’art. 10 d. Lgs. 74/2000
sotto il duplice profilo dell’occultamento delle scritture e del dolo specifico,
comune anche alla fattispecie incriminatrice dell’art. 5, d. Lgs. 74/2000. Precisa
che, al limite, gli poteva essere contestata la condotta di omessa esibizione delle
scritture contabili. Inoltre, il reato contestato non poteva considerarsi integrato
qualora l’occultamento o la distruzione delle scritture fosse stato parziale ed il
reddito o il volume d’affari fosse stato facilmente ricostruibile, come avvenuto
nel caso in esame, in cui i dati erano già conosciuti o conoscibili dagli Uffici
accertatori, sulla base delle verifiche del 2008 e di quanto risultante nelle banche
dati.
2.2. Analoghe censure muove rispetto al reato contestato all’art. 5 d. Lgs.
74/2000, reato istantaneo e a dolo specifico. I Giudici di merito non avevano
compiuto alcun accertamento sul calcolo dell’imposta evasa né avevano
effettuato una verifica dell’elemento soggettivo. Infine, lamenta il difetto di
motivazione sul trattamento sanzionatorio, ed in particolare in ordine all’entità
della pena all’esito del riconoscimento della continuazione.
2.3. Con memoria difensiva depositata il 21.9.2017, eccepisce la
prescrizione dei reati contestati, in particolare di quello di cui all’art. 5 d.Lgs.
74/2000. A tutto voler concedere ed in via subordinata rispetto ai motivi
contenuti nell’atto di ricorso, ritiene in relazione al capo B) l’applicabilità della
causa di non punibilità dell’art. 131-bis cod. pen., di cui ricorrono i presupposti.
toeRicorda a,Yfine di essere gravato di un unico precedente nel 2008 ma inerente a
fatti del 2003 e 2004, per il quale era stata riconosciuta in secondo grado la
continuazione. Precisa di essere pienamente inserito nel contesto sociale,
estraneo ad ambienti criminali e di non aver dato adito ad alcuna censura in

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l’attività il 5.6.2008, era venuto meno l’obbligo di conservazione delle scritture

epoca successiva alla vicenda oggetto del procedimento. Di qui la compatibilità
ontologica tra il reato continuato e l’invocata causa di non punibilità. Conclude
pertanto chiedendo, per l’ipotesi del mancato accoglimento dei motivi proposti
nell’atto di ricorso, l’annullamento senza rinvio ex art. 620, comma 1, lett. a),
cod. proc. pen. per prescrizione del reato di cui al capo A) ed ex art. 620,
comma 1, lett. l), cod. proc. pen., riconosciuta la causa di non punibilità in
relazione al reato di cui al capo B).

CONSIDERATO IN DIRITTO

giudizio d’appello. Si evince dagli atti che l’ufficiale giudiziario, quando ha
proceduto alla notifica, ha attestato che all’indirizzo v’era tale Celia Sebastiano,
classe ’65, che aveva riferito di essere un suo omonimo ed aveva rifiutato l’atto.
All’udienza del 14.4.2016, la Corte territoriale ha ritenuto che la notifica
era stata tentata al domicilio eletto ma non accettata e pertanto aveva dichiarato
la contumacia dell’imputato.
Tale decisione non è condivisibile perché la notifica correttamente era
stata rifiutata dal soggetto, omonimo dell’imputato, come da certificazione
dell’ufficiale giudiziario, sicché i Giudici di seconde cure avrebbero dovuto
disporne la rinnovazione.
L’accoglimento del primo motivo, trattandosi di questione processuale
preliminare, esonera dall’esame degli altri motivi relativi al merito ed impone
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo A)
perché il reato è estinto per la prescrizione sopravvenuta dopo la decisione di
secondo grado e l’annullamento con rinvio quanto al capo B) che è stato
contestato come commesso in data successiva al 29.9.2008 con condotta
permanente sino al settembre 2013: contestazione della permanenza
giuridicamente in linea con l’indirizzo di questa Sezione, secondo le sentenze
3836/2015, Palermo, Rv 264676 e 14461/17, Quaglia, Rv 269898.

P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata senza rinvio, relativamente al reato di cui al capo
A), perché lo stesso è estinto per prescrizione; con rinvio per nuovo giudizio ad
altra Sezione della Corte d’appello di Catania, per il reato di cui al capo B)
Così deciso, 1’11 ottobre 2017.
Il Consigliere estensore
Ubalda

crì

Il Presidente
AAtv1 1

3. E’ fondato il primo motivo di ricorso relativo al difetto di citazione per il

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