Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15815 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15815 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MESSINI D’AGOSTINI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOLAZZO PIETRO nato il 28/06/1979 in SAN PIETRO VERNOTICO

avverso l’ordinanza del 13/10/2017 del TRIBUNALE DI LECCE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D’AGOSTINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta
MARINELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Francesco CASCIONE, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13/10/2017, il Tribunale di Lecce, in sede di
riesame, confermava l’ordinanza in data 13/9/2017 con la quale il G.i.p. dello
stesso Tribunale aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere a
Pietro Solazzo limitatamente ai reati di partecipazione all’associazione di tipo
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Data Udienza: 20/03/2018

mafioso denominata “Sacra Corona Unita” (capo 6) ed a quella finalizzata al
traffico . di sostanze stupefacenti (capo 24).
Il Tribunale, invece, annullava l’ordinanza in ordine ai reati

ex art. 73

d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capi da 25 a 63), per totale mancanza di
motivazione.

2. Propone ricorso Pietro Solazzo, a mezzo del proprio difensore di
fiducia, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza sulla base di tre motivi.

relazione agli artt. 292, comma 2 lett. c), e 309, comma 9, cod. proc. pen. e
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, stante
l’assenza di autonoma valutazione da parte del G.i.p. delle esigenze cautelari e
dei gravi indizi di colpevolezza per le condotte delittuose di cui ai capi 6 e 24.
Premesso che il Tribunale del riesame aveva una prima volta annullato
un’ordinanza di custodia cautelare emessa per gli stessi fatti, in ragione della
mancanza di autonoma valutazione e di una motivazione apparente, la difesa
sostiene che detto vizio, che ne comporta la nullità, è presente anche nel
successivo provvedimento.
Dalla lettura dell’ordinanza genetica del 13/9/2017 non si riesce a
comprendere quali siano gli elementi indizianti a carico del ricorrente, valutati
autonomamente dal giudice per le indagini preliminari, limitatosi ad una mera
elencazione delle fonti di prova.
2.2. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., in
relazione agli artt. 192, 273 cod. proc. pen. e 416 bis cod. pen., e mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla
valutazione delle dichiarazioni rese dai tre collaboratori di giustizia.
L’ordinanza si basa esclusivamente su dichiarazioni di tre collaboratori di
giustizia che in modo generico attestano la partecipazione di Pietro Solazzo alla
consorteria mafiosa, senza fornire alcun riscontro al riguardo e senza una precisa
indicazione del periodo al quale esattamente esse fanno riferimento, considerato
anche il precedente giudicato: il ricorrente, infatti, per il delitto ex art. 416 bis
cod. pen., è stato condannato con sentenza della Corte d’appello di Lecce del
14/2/2003, divenuta irrevocabile il 20/12/2004.
I collaboratori di giustizia non hanno descritto quale fosse il ruolo
concreto e dinamico ricoperto dal ricorrente nell’associazione mafiosa né hanno
indicato specifiche condotte delittuose.
Dette dichiarazioni non si riscontrano reciprocamente né sono riscontrate
dalle conversazioni intercettate richiamate nell’ordinanza impugnata.

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2.1. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. c) ed e), cod. proc. pen., in

2.3. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., in
relazione agli artt. 273 . cod. proc. pen. e art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: i giudici
della cautela hanno individuato una stabilità del rapporto organico tra Pietro
Solazzo e l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti senza
spiegare le ragioni di tale affermazione né gli elementi dai quali sarebbe
desumibile la consapevolezza del ricorrente di agire nell’ambito e per conto di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza di tutti
i motivi proposti.

2. La doglianza inerente alla mancanza di autonoma valutazione da parte
del G.i.p. della sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari è stata
accolta dal Tribunale del riesame limitatamente ai reati di cui all’art. 73 d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309 (capi 24 e 38), mancando, “anche graficamente, la
motivazione”.
Il Tribunale, dunque, ha valutato nella sua interezza l’eccezione proposta
dalla difesa (“manca, invece…”), implicitamente disattesa quanto alla
motivazione relativa alla gravità indiziaria ed alle esigenze cautelari per il delitto
ex art. 416 bis cod. pen., per il quale vi è stata una chiara integrazione delle
succinte (ma non assenti) argomentazioni dell’ordinanza genetica.
Dall’esame di detta ordinanza l’eccezione inerente alla mancanza di
autonoma valutazione da parte del G.i.p. della richiesta cautelare del Pubblico
Ministero risulta infondata.
Va ricordato che, secondo il diritto vivente, il requisito introdotto all’art.
292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 impone
al giudice di esplicitare le ragioni per cui egli ritiene di poter attribuire al
compendio indiziario un significato coerente all’integrazione dei presupposti
normativi per l’adozione della misura, ma non implica la necessità di una
riscrittura “originale” degli elementi indizianti o di quelli riferiti alle esigenze
cautelari (Sez. 6, n. 13864 del 16/03/2017, Marra, Rv. 269648; Sez. 3, n. 2257
del 18/10/2016, dep. 2017, Burani, Rv. 268800; Sez. 3, n. 28979 del
11/05/2016, Sabounjian, Rv. 267350; Sez. 5, n. 11922 del 02/12/2015, dep.
2016, Belsito, Rv. 266428; Sez. 1, n. 5787 del 21/10/2015, Calandrino, Rv.
265984).

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un’organizzazione.

Detto obbligo non è violato per il solo fatto che il giudice riporti – pure in
maniera pedissequa – atti del fascicolo per come riferiti o riassunti nella richiesta del pubblico ministero, riguardando tali elementi esclusivamente i profili
espositivi del fatto (Sez. 6, n. 46792 del 11/09/2017, Hasani, Rv. 271507; Sez.
2, n. 13838 del 16/12/2016, dep. 2017, Schetter, Rv. 269970; Sez. 3, n. 35296
del 14/04/2016, Elezi, Rv. 268113).
In proposito è stato efficacemente osservato che il concetto di autonoma
valutazione espresso dal legislatore «non può che essere inteso come

conforme” in quanto, se così non fosse, si dovrebbe giungere al paradosso di
sostenere che il Giudice potrebbe dimostrare la propria “autonomia” (così da
evitare vizi dell’emittendo provvedimento cautelare) solo non accogliendo (in
tutto od in parte) la richiesta del Pubblico Ministero o ricorrendo, pur in presenza
di fatti di palese evidenza e di univoca interpretazione, a motivazioni distoniche
rispetto a quelle del Pubblico Ministero che però portino comunque al medesimo
condiviso risultato» (Sez. 2, n. 5497 del 29/01/2016, Pellegrino, Rv. 266336).
Nel caso di specie, il G.i.p. del Tribunale di Lecce ha riportato le
risultanze delle attività di indagine, in larga parte costituite dagli esiti di
intercettazioni telefoniche ed ambientali e dalle dichiarazioni di testi e
collaboratori di giustizia, il cui richiamo testuale o riassuntivo per relationem non
è di per sé censurabile, avendo poi fatto seguire le proprie valutazioni, con
contenuto grafico volutamente diverso, che danno anche il segno di un giudizio
autonomo.
Una conferma che il G.i.p. ha compiuto detta valutazione è data anche
dal fatto che la richiesta del Pubblico Ministero sia stata respinta integralmente
per due indagati e, quanto ad altri due indagati, per un capo d’imputazione. In
proposito, si è affermato che l’obbligo dell’autonoma valutazione deve ritenersi
assolto «quando l’ordinanza , benché redatta con la tecnica del cd. copia-incolla,
accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per
alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice costituisce di per
sé indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta
cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne» (Sez. 2, n. 25750
del 04/05/2017, Persano, Rv. 270662; Sez. 6, n. 51936 del 17/11/2016, Aliperti,
Rv. 268523; Sez. 2, n. 3289 del 14/12/2015, dep. 2016, Astolfi, Rv. 265807).
Il Tribunale, poi, ha compiuto una rielaborazione sintetica degli elementi
indiziari salienti, “combinando” in modo più chiaro fatti e giudizi, anche in questo
caso con una operazione legittima: infatti, secondo la costante giurisprudenza di
legittimità, anche a seguito delle modifiche apportate agli artt. 292 e 309 cod.
proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, l’ordinanza che decide sulla richiesta

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valutazione “non condizionata” che è cosa ben diversa da una valutazione “non

di riesame può integrare l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione di
quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di ‘motivazione mancante o
apparente (Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015, Campanella, Rv. 265212; Sez.
3, n. 49175 del 27/10/2015, Grosso, Rv. 265365; Sez. 5, n. 6230 del
15/10/2015, Vecchio, dep. 2016, Rv. 266150; Sez. 5, n. 3581 del 15/10/2015,
dep. 2016, Carpentieri, Rv. 266050).

3. In ordine ai restanti motivi, va ricordato che la insussistenza dei gravi

soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza
o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento
impugnato; al giudice di legittimità, pertanto, spetta solo il compito di verificare
se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 2, n. 31553 del
17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi,
Rv. 269884; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, Berlingeri, Rv. 266939; Sez. F, n.
47748 dell’11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 6, n. 11194 del
08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
Inoltre, la deduzione del vizio di motivazione, pur ammessa dal legislatore
anche per i ricorsi in materia cautelare, non può che risentire intensamente della
struttura del controllo di legittimità. In proposito si è acutamente osservato che
non può essere quella del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti
cautelari la sede dell’approfondita indagine probatoria che comporti la
rivalutazione e la discussione del valore probatorio specifico e collettivo dei
singoli elementi che compongono la provvista probatoria. Pertanto «il rilievo del
singolo dato probatorio (in ipotesi difensiva travisato o omesso o apprezzato in
termini di manifesta illogicità o contraddittorietà) non può avvenire direttamente
in sede di ricorso, ma deve passare necessariamente attraverso una specifica
deduzione scritta (o in sede di richiesta di riesame o in sede di memoria
tempestiva presentata al Tribunale in tempo utile per la decisione) che proprio
quel determinato elemento di fatto richiami e valorizzi. Perché è solo il Tribunale
che ha la competenza per l’apprezzamento adeguato di quell’elemento all’interno
del complesso probatorio che è a sua possibile conoscenza, un tale
apprezzamento essendo radicalmente incompatibile con la struttura del giudizio
di legittimità e con i limiti della cognizione di questa Corte suprema» (Sez. 6, n.
22333 del 06/06/2012, Lagravanese, Rv. 252885).
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indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in Cassazione

4. In relazione al delitto ex art. 416 bis cod. pen., i tre collaboratori di
giustizia hanno reso le dichiarazioni accusatorie, indicando nel ricorrente un
affiliato al sodalizio, negli anni 2010 (Giuseppe Passaseo e Davide Tafuro) e
2015 (Sandro Campana) e non vi è alcun concreto elemento dal quale desumere
che – diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito – gli stessi si
riferissero alle condotte delittuose, assai risalenti nel tempo, per le quali Pietro
Solazzo era stato condannato per il medesimo titolo di reato (fine anni ’90 ed

finale massimo, alla pronuncia della sentenza di primo grado).
Le dichiarazioni di Sandro Campana, in particolare, sono state precise ed
hanno fatto anche riferimento ad episodi specifici.
In ogni caso, secondo costante giurisprudenza, «in tema di reati
associativi, il “thema decidendum” riguarda la condotta di partecipazione o
direzione, con stabile e volontaria compenetrazione del soggetto nel tessuto
organizzativo del sodalizio: ne consegue che le dichiarazioni dei collaboratori o
l’elemento di riscontro individualizzante non devono necessariamente riguardare
singole attività attribuite all’accusato, giacché il “fatto” da dimostrare non è il
singolo comportamento dell’associato bensì la sua appartenenza al sodalizio»
(così, di recente, Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Musacco, Rv. 269658; in
senso conforme v. Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rechichi, Rv. 264380; Sez.
5, n. 17081 del 26/11/2014, Bruni, Rv. 263699; Sez. 2, n. 23687 del
03/05/2012, D’Ambrogio, Rv. 253221).
Nel caso di specie, poi, le dichiarazioni dei tre collaboratori non solo
consentono un riscontro reciproco delle rispettive propalazioni sulla base del
criterio della cosiddetta convergenza del molteplice (sul quale, anche da ultimo,
v. Sez. 2, n. 16183 del 01/02/2017, Fiore, Rv. 269987, in motivazione), ma
sono anche riscontrate dalle numerose conversazioni intercettate, alle quali
l’ordinanza impugnata ha attribuito un particolare rilievo, dandone una
interpretazione tutt’altro che illogica, che la difesa ha contestato in modo assai
generico.
Peraltro, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti
intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto,
rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in
relazione alle massime di esperienza utilizzate, non può essere sindacata in sede
di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della
motivazione con cui esse sono recepite (Sez. U., n. 22471 del 26/2/2015,
Sebbar, cit.; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D’Andrea, Rv. 268389; Sez. 3, n.
35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650).

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eventualmente primissimi anni 2000, dovendosi avere riguardo, come termine

5. La gravità indiziaria per il reato ex art. 74 d.P.R. n. 3 0
. 9 del 1990 è
stata contestata con l’ultimo motivo di ricorso con argomentazioni del tutto
generiche che non si confrontano con le risultanze delle numerosissime
conversazioni intercettate, richiamate e commentate nell’ordinanza impugnata,
interpretate anche in questo caso in modo ragionevole dal Tribunale, secondo il
quale, nel sodalizio dedito allo spaccio di sostanza stupefacente, costituitosi in
Cellino San Marco, il ricorrente rivestiva un ruolo centrale: “partecipa a tutte le

i contatti con i rivenditori al minuto”.

6. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della
somma di € 2.000, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle norme di
attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al
direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1-ter disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20/3/2018.

Il Consigliere estensore
Pie o Messini D’Agostini

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Il Presidente

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decisioni relative all’approvvigionamento ed alla politica commerciale e tiene […]

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