Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15814 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15814 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MESSINI D’AGOSTINI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAGLIARA MASSIMILIANO nato il 27/05/1977 in SAN PIETRO VERNOTICO

avverso l’ordinanza del 13/10/2017 del TRIBUNALE DI LECCE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D’AGOSTINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta
MARINELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Francesco CASCIONE, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13/10/2017, il Tribunale di Lecce, in sede di
riesame, confermava l’ordinanza in data 13/9/2017 con la quale il G.i.p. dello
stesso Tribunale aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere a

1

Data Udienza: 20/03/2018

Massimiliano Pagliara limitatamente al reato di partecipazione all’associazione di
tipo mafioso denominata “Sacra Corona Unita” (capo 6).
Il Tribunale, invece, annullava l’ordinanza in ordine ai reati ex artt. 74 e
73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capi 24 e 29), per totale mancanza di
motivazione.

2. Propone ricorso Massimiliano Pagliara, a mezzo del proprio difensore di
fiducia, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza sulla base di tre motivi.
e), cod. proc. pen., in

relazione all’art. 292, comma 2 lett. b) e c), cod. proc. pen., stante l’assenza di
autonoma valutazione da parte del G.i.p. dei gravi indizi di colpevolezza e delle
esigenze cautelari.
Premesso che il Tribunale del riesame aveva una prima volta annullato
un’ordinanza di custodia cautelare emessa per gli stessi fatti, in ragione della
mancanza di autonoma valutazione e di una motivazione apparente, la difesa
sostiene che detto vizio, che ne comporta la nullità, è presente anche nel
successivo provvedimento, che presenta irrilevanti elementi di novità rispetto al
primo.
Dalla lettura dell’ordinanza genetica del 13/9/2017 non si riesce a
comprendere quali siano gli elementi indizianti a carico del ricorrente, valutati
autonomamente dal giudice per le indagini preliminari, limitatosi ad una mera
elencazione delle fonti di prova.
2.2. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., in
relazione all’art. 416 bis cod. pen.
L’ordinanza si basa su dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia che in
modo generico attestano la partecipazione di Massimiliano Pagliara alla
consorteria mafiosa, senza descrivere quale fosse il ruolo ricoperto dal ricorrente
nell’associazione mafiosa né indicare reati-fine posti in essere.
I collaboratori Simone Caforio e Giuseppe Passaseo hanno indicato nel
ricorrente il fratello di tale Piero, invero inesistente, mentre Sandro Campana ha
reso dichiarazioni generiche e inattendibili.
Le conversazioni intercettate non costituirebbero validi riscontri esterni
individualizzanti, non essendo neppure provato che il “Massimiliano” evocato
dagli interlocutori fosse da identificarsi proprio nel ricorrente.
2.3. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett.

b), cod. proc. pen., in

relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., atteso che il Tribunale non ha
motivato in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, a distanza di tre anni
e mezzo dai fatti contestati al ricorrente, peraltro detenuto ininterrottamente dal
28 luglio 2012.
2

2.1. Violazione dell’art. 606, comma 1 lett.

2.4. Con successiva memoria si deduce, a sostegno del primo motivo di
ricorso, ‘che in una situazione del tutto sovrapponibile a quella di Pailiara, il
Tribunale del riesame ha annullato anche la seconda ordinanza emessa dal G.i.p.
per mancanza di autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato limitatamente all’aspetto inerente alla valutazione

2. La doglianza inerente alla mancanza di autonoma valutazione da parte
del G.i.p. della sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari è stata
accolta dal Tribunale del riesame limitatamente ai reati di cui agli artt. 74 e 73
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capi 24 e 29), mancando, “anche graficamente, la
motivazione”.
Il Tribunale, dunque, ha valutato nella sua interezza l’eccezione proposta
dalla difesa (“manca, invece…”), implicitamente disattesa quanto alla
motivazione relativa alla gravità indiziaria ed alle esigenze cautelari per il delitto
ex art. 416 bis cod. pen., per il quale vi è stata una chiara integrazione delle
succinte (ma non assenti) argomentazioni dell’ordinanza genetica.
Dall’esame di detta ordinanza l’eccezione inerente alla mancanza di
autonoma valutazione da parte del G.i.p. della richiesta cautelare del Pubblico
Ministero risulta infondata.
Va ricordato che, secondo il diritto vivente, il requisito introdotto all’art.
292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 impone
al giudice di esplicitare le ragioni per cui egli ritiene di poter attribuire al
compendio indiziario un significato coerente all’integrazione dei presupposti
normativi per l’adozione della misura, ma non implica la necessità di una
riscrittura “originale” degli elementi indizianti o di quelli riferiti alle esigenze
cautelari (Sez. 6, n. 13864 del 16/03/2017, Marra, Rv. 269648; Sez. 3, n. 2257
del 18/10/2016, dep. 2017, Burani, Rv. 268800; Sez. 3, n. 28979 del
11/05/2016, Sabounjian, Rv. 267350; Sez. 5, n. 11922 del 02/12/2015, dep.
2016, Belsito, Rv. 266428; Sez. 1, n. 5787 del 21/10/2015, Calandrino, Rv.
265984).
Detto obbligo non è violato per il solo fatto che il giudice riporti – pure in
maniera pedissequa – atti del fascicolo per come riferiti o riassunti nella richiesta
del pubblico ministero, riguardando tali elementi esclusivamente i profili
espositivi del fatto (Sez. 6, n. 46792 del 11/09/2017, Hasani, Rv. 271507; Sez.

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delle esigenze cautelari.

2, n. 13838 del 16/12/2016, dep. 2017, Schetter, Rv. 269970; Sez. 3, n. 35296
del 14/04/2016, Elezi, Rv. 268113).
In proposito è stato efficacemente osservato che il concetto di autonoma
valutazione espresso dal legislatore «non può che essere inteso come
valutazione “non condizionata” che è cosa ben diversa da una valutazione “non
conforme” in quanto, se così non fosse, si dovrebbe giungere al paradosso di
sostenere che il Giudice potrebbe dimostrare la propria “autonomia” (così da
evitare vizi dell’ennittendo provvedimento cautelare) solo non accogliendo (in

di fatti di palese evidenza e di univoca interpretazione, a motivazioni distoniche
rispetto a quelle del Pubblico Ministero che però portino comunque al medesimo
condiviso risultato» (Sez. 2, n. 5497 del 29/01/2016, Pellegrino, Rv. 266336).
Nel caso di specie, il G.i.p. del Tribunale di Lecce ha riportato le
risultanze delle attività di indagine, in larga parte costituite dagli esiti di
intercettazioni telefoniche ed ambientali e dalle dichiarazioni di testi e
collaboratori di giustizia, il cui richiamo testuale o riassuntivo per relationem non
è di per sé censurabile, avendo poi fatto seguire le proprie valutazioni, con
contenuto grafico volutamente diverso, che danno anche il segno di un giudizio
autonomo.
Una conferma che il G.i.p. ha compiuto detta valutazione è data anche
dal fatto che la richiesta del Pubblico Ministero sia stata respinta integralmente
per due indagati e, quanto ad altri due indagati, per un capo d’imputazione. In
proposito, si è affermato che l’obbligo dell’autonoma valutazione deve ritenersi
assolto «quando l’ordinanza , benché redatta con la tecnica del cd. copia-incolla,
accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per
alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice costituisce di per
sé indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta
cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne» (Sez. 2, n. 25750
del 04/05/2017, Persano, Rv. 270662; Sez. 6, n. 51936 del 17/11/2016, Aliperti,
Rv. 268523; Sez. 2, n. 3289 del 14/12/2015, dep. 2016, Astolfi, Rv. 265807).
Il Tribunale, poi, ha compiuto una rielaborazione sintetica degli elementi
indiziari salienti, “combinando” in modo più chiaro fatti e giudizi, anche in questo
caso con una operazione legittima: infatti, secondo la costante giurisprudenza di
legittimità, anche a seguito delle modifiche apportate agli artt. 292 e 309 cod.
proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, l’ordinanza che decide sulla richiesta
di riesame può integrare l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione di
quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o
apparente (Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015, Campanella, Rv. 265212; Sez.
3, n. 49175 del 27/10/2015, Grosso, Rv. 265365; Sez. 5, n. 6230 del
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tutto od in parte) la richiesta del Pubblico Ministero o ricorrendo, pur in presenza

15/10/2015, Vecchio, dep. 2016, Rv. 266150; Sez. 5, n. 3581 del 15/10/2015,
dep. 2016, Carpentieri, Rv. 266050).
La valutazione ora espressa non può essere condizionata dal fatto che in
una o più situazioni analoghe lo stesso Tribunale si sia eventualmente
determinato in modo diverso.

3. In ordine al secondo motivo, va premesso che la insussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in Cassazione
soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza
o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento
impugnato; al giudice di legittimità spetta solo il compito di verificare se il
decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017,
Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884;
Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, Berlingeri, Rv. 266939; Sez. F, n. 47748
dell’11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo,
Rv. 252178).
Le deduzioni della difesa sono infondate.
I tre collaboratori di giustizia hanno reso le dichiarazioni accusatorie in
modo autonomo indicando tutti nel ricorrente un affiliato di Alessandro
Monteforte.
Le dichiarazioni di Sandro Campana sono state precise ed hanno fatto
anche riferimento ad episodi specifici.
In ogni caso, secondo costante giurisprudenza, «in tema di reati
associativi, il “thema decidendum” riguarda la condotta di partecipazione o
direzione, con stabile e volontaria compenetrazione del soggetto nel tessuto
organizzativo del sodalizio: ne consegue che le dichiarazioni dei collaboratori o
l’elemento di riscontro individualizzante non devono necessariamente riguardare
singole attività attribuite all’accusato, giacché il “fatto” da dimostrare non è il
singolo comportamento dell’associato bensì la sua appartenenza al sodalizio»
(così, di recente, Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Musacco, Rv. 269658; in
senso conforme v. Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rechichi, Rv. 264380; Sez.
5, n. 17081 del 26/11/2014, Bruni, Rv. 263699; Sez. 2, n. 23687 del
03/05/2012, D’Ambrogio, Rv. 253221).
Le dichiarazioni dei tre collaboratori non solo consentono un riscontro
reciproco delle rispettive propalazioni sulla base del criterio della cosiddetta

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convergenza del molteplice (sul quale, anche da ultimo, v. Sez. 2, n. 16183 del
01/02/2017, FiOre, Rv. 269987, in motivazione), ma sono ‘anche riscontrate dall’e
quattro conversazioni tra presenti intercettate, che la difesa ha escluso possano
costituire riscontri esterni con argomentazioni assai generiche.

4. Fondato, invece, è il motivo proposto in tema di esigenze cautelari.
Il G.i.p. si è limitato a richiamare i precedenti penali e giudiziari del
ricorrente e la presunzione prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.,

base della “continuità criminale in chi è già stato condannato per il delitto di cui
all’art. 416 bis c.p.”, senza ulteriori valutazioni.
Secondo un recente (anche se controverso) indirizzo della giurisprudenza
di legittimità, affermatosi successivamente all’entrata in vigore della legge 16
aprile 2015, n. 47, la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari,
prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. – da coniugare, dopo detta
novella, con gli estremi dell’attualità e della concretezza del pericolo di
reiterazione ex art. 292, comma 2 lett. c), cod. proc. pen. – può essere superata
ove si registri il decorso di un rilevante lasso temporale tra le condotte ascritte
ed il momento applicativo della misura cautelare, dovendo il fattore tempo
entrare nella valutazione cui è chiamato il giudice della cautela nel riscontrare, in
concreto, l’attualità del pericolo di recidiva: occorre pertanto «valorizzare quegli
elementi che, oggetto di deduzione difensiva o comunque contenuti in atti, siano
in modo conducente idonei a revocare in dubbio la ripetibilità del contributo
causale offerto dall’indagato e quindi la sua pericolosità, altrimenti presunta dalla
norma» (così Sez. 6, n. 29807 del 04/05/2017, Nocerino, Rv. 270738; in senso
conforme v. Sez. 6, n. 25517 del 11/05/2017, Fazio, Rv. 270342; Sez. 6, n.
20304 del 30/03/2017, Sinesi, Rv. 269957; Sez. 1, n. 13593 del 09/11/2016,
dep. 2017, Curcio, Rv. 269510; Sez. 5, n. 52628 del 23/09/2016, Gallo, Rv.
268727; Sez. 5, n. 36569 del 19/07/2016, Cosentino, Rv. 267995; Sez. 6, n.
12669 del 02/03/2016, Mamone, Rv. 266784; Sez. 4, n. 20987 del 27/01/2016,
C., Rv. 266962; Sez. 6, n. 42630 del 18/09/2015, Tortora, Rv. 264984; Sez.
6, n. 27544 del 16/06/2015, Rechichi, Rv. 263942; in senso difforme – quanto
all’obbligo di valutare il fattore temporale nel reato ex art. 416 bis cod. pen. – v.
Sez. 5, n. 47401 del 14/09/2017, Iannazzo, Rv. 271855; Sez. 5, n. 52303 del
14/07/2016, Gerbino, Rv. 268726; Sez. 5, n. 48285 del 12/07/2016, Girardo,
Rv. 268413; Sez. 5, n. 44644 del 28/06/2016, Leonardi, Rv. 268197; Sez. 5, n.
32817 del 10/06/2016, Muscolino, Rv. 267700; Sez. 2, n. 11029 del
20/01/2016, Franco, Rv. 267727; Sez. 1, n. 17624 del 17/12/2015, dep. 2016,
S., Rv. 266984: secondo questo secondo orientamento, in sostanza, deve

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mentre l’ordinanza impugnata ha giustificato l’operatività della presunzione sulla

risultare che il partecipe abbia positivamente rescisso i vincoli che lo tenevano
legati al Sodalizio criminale O si sia effettivamente ed irreversibilmente
allontanato dal gruppo criminale).
Nel caso di specie, ritiene il Collegio che il significativo intervallo
temporale fra la condotta ascritta a Massimiliano Pagliara, detenuto dal luglio
2012, e l’applicazione della misura della custodia in carcere, se di per sé non sia
decisivo al fine di valutare insussistenti le esigenze cautelari, non possa neppure
essere del tutto trascurato, poiché per il reato

ex art. 416 bis cod. pen. –

stata indicata nel maggio 2014.
Sul punto sussiste il vizio motivazionale del provvedimento impugnato.
L’ordinanza impugnata, dunque, va annullata limitatamente a detto
aspetto, dovendo il giudice di rinvio compiere un nuovo esame, alla luce dei
rilievi che precedono, in ordine alla perdurante sussistenza delle esigenze
cautelari previste dall’art. 274, comma 1 lett. c), del codice di rito.

5. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle norme
di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa
al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione delle
esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli
atti, al Tribunale di Lecce (Sezione per il riesame delle misure coercitive).
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1-ter disp.
att. cod. proc. peri.
Così deciso il 20/3/2018.

Il Consigliere estensore
jijo Messini D’Agostini
!Ct. (Aie ypbt. _I’Ar/JYt

Il Presidente
menico Gallo

secondo l’imputazione provvisoria – la data di cessazione della permanenza è

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