Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15809 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15809 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MESSINI D’AGOSTINI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MENGOLI PAOLO nato il 05/10/1963 a CUTROFIANO

avverso l’ordinanza del 10/10/2017 del TRIBUNALE DI LECCE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D’AGOSTINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta
MARINELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Donato SABETTA, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10/10/2017, il Tribunale di Lecce, in sede di
riesame, confermava l’ordinanza depositata 1’11/8/2017 con la quale il G.i.p.
dello stesso Tribunale aveva applicato la misura cautelare della custodia in
carcere a Paolo Mengoli per i reati di cui agli artt. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309 (capo C) e 416 bis cod. pen. (capo G).
1

Data Udienza: 20/03/2018

N

2. Propone ricorso Paolo Niengoli, a mezzo dei proprio difensore di
fiducia, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza sulla base di tre motivi.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 309, comma 9, cod. proc.
pen. per mancanza di motivazione risultante dal testo del provvedimento
impugnato.
Il Tribunale non ha valutato il primo motivo di doglianza articolato dal
ricorrente nella richiesta di riesame, concernente la mancanza di autonoma

ritenuto di condividere la ricostruzione dei fatti operata dal Pubblico Ministero,
avuto riguardo all’individuazione di Paolo Mengoli quale lo “zio Pati” evocato in
varie conversazioni intercettate, con una arbitraria interpretazione degli
inquirenti, non “filtrata” né dal G.i.p. né dal Tribunale, che hanno altresì violato i
canoni interpretativi logico-giuridici nella valutazione del dialogo intercorso fra lo
stesso Mengoli, la moglie e Massimo Candido.
2.2. Violazione di legge e illogicità della motivazione sulla sussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza.
L’errata interpretazione di detto dialogo intercettato influisce anche in
ordine al profilo della gravità indiziaria, con un vizio ancor più evidente nella
ricostruzione da parte del Tribunale della vicenda della presunta lettera che
avrebbe indotto Mengoli a convocare Epifani, con una valutazione opposta a
quella del G.i.p.
2.3. Violazione di legge per la mancata motivazione in ordine alla
sussistenza delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura, soprattutto in
relazione al requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione nel reato:
“l’indagato compare sulla scena dell’indagine nell’aprile 2014 per uscirne
definitivamente nel luglio 2014”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato laddove ha denunziato il vizio di illogicità della
motivazione in ordine alla gravità indiziaria.

2. Il primo motivo, per contro, è infondato: esso é enunciato in termini
estremamente generici ed allo stesso si sovrappone una censura che riguarda
detta motivazione.
La circostanza che il G.i.p. ed il Tribunale del riesame abbiano recepito la
prospettazione del Pubblico Ministero non significa che i giudici abbiano omesso
di compiere un’autonoma valutazione delle sue richieste.

valutazione da parte del G.i.p., che non ha esplicitato le ragioni per le quali ha

3,

In proposito è stato efficacemente osservato che il concetto di autonoma
valutazione’ espresso dal legislatore «non può Che essere inteso Come
valutazione “non condizionata” che è cosa ben diversa da una valutazione “non
conforme” in quanto, se così non fosse, si dovrebbe giungere al paradosso di
sostenere che il Giudice potrebbe dimostrare la propria “autonomia” (così da
evitare vizi dell’emittendo provvedimento cautelare) solo non accogliendo (in
tutto od in parte) la richiesta del Pubblico Ministero o ricorrendo, pur in presenza
di fatti di palese evidenza e di univoca interpretazione, a motivazioni distoniche

condiviso risultato» (Sez. 2, n. 5497 del 29/01/2016, Pellegrino, Rv. 266336).
Nel caso di specie, il G.i.p. del Tribunale di Lecce, dopo avere riportato le
risultanze delle attività di indagine, in larga parte costituite dagli esiti delle
intercettazioni, ha dato dimostrazione di avere compiuto un’autonoma
valutazione della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, trattate in autonomi
capitoli dell’ordinanza.
Anche sulla “vicenda della presunta lettera”, lo stesso ricorrente ha
evidenziato che il G.i.p. ha dato una lettura diversa da quella proposta dal
Pubblico Ministero.

3. Proprio l’omessa valutazione di questa ultima circostanza costituisce il
primo tema con il quale l’ordinanza impugnata, nella sintetica motivazione, non
si è confrontata.
Lo stesso G.i.p. ha escluso un ruolo svolto da Mengoli in ordine alla
vicenda dello “sconfinamento” nell’attività di spaccio da parte di Angelo Greco e,
nel contempo, l’attuale vicinanza del ricorrente con Giuseppe Fiorito.
La difesa, inoltre, in sede di riesame ha contestato, anche a mezzo di
produzioni documentali inerenti al luogo ove è ubicata l’officina di Mengoli, che lo
“zio Pati” sia con certezza individuabile nel ricorrente, questione non esaminata
dal Tribunale.
Inoltre, quanto al reato

ex art. 416

bis cod. pen., dalla lettura

dell’imputazione risulta che la condotta contestata a Mengoli al capo G) differisce
da quella della partecipazione all’associazione finalizzata al narcotraffico, di cui al
capo C), solo in ragione del ruolo di collegamento con i Carabinieri di Sogliano
che lo stesso avrebbe rivestito nel sodalizio mafioso.
Detto ruolo, tuttavia, sarebbe dimostrato dal contenuto dell’unica
conversazione telefonica richiamata dalla difesa, intercorsa fra Mengoli, la moglie
Daniela e Massimo Candido riguardante il rapporto con il carabiniere Piero
Tramacere (per questo stesso reato colpito da una misura interdittiva), il cui
chiaro ed univoco significato non è stato adeguatamente motivato né nel

rispetto a quelle del Pubblico Ministero che però portino comunque al medesimo

provvedimento genetico né nell’ordinanza impugnata, che pure non si confronta
con le spiegazioni fornite dafi’indagato nell’interrogatorio di garanzia.
Il Tribunale del riesame, in particolare, sostiene che il disappunto
manifestato da Mengoli nella suddetta conversazione (“Piero lo sa che come
arrivano i nuovi me li deve portare in officina…”) presuppone che in passato lo
stesso avesse concordato con il carabiniere che questi “gli presentasse tutti i
nuovi arrivati, nel presumibile fine di allacciare rapporti amichevoli con i
medesimi inducendo in tal modo in loro un atteggiamento di favore nei confronti

La stessa espressione incerta (“presumibile fine”) denota una carenza
motivazionale: il quadro indiziario, così come rappresentato, risulta assai fragile,
considerato che – come detto – la prova della partecipazione di Paolo Mengoli
all’associazione mafiosa poggia su tale unico elemento probatorio.

4. Il Tribunale del riesame, dunque, dovrà rivalutare se sussistano o
meno i gravi indizi di colpevolezza per entrambi i reati ascritti a Paolo Mengoli e,
in caso affermativo, dare adeguata e logica motivazione sul punto, così come per
il profilo delle esigenze cautelari, valutando con compiutezza le circostanze
indicative della eventuale perdurante sussistenza di dette esigenze e quelle
rilevanti per la scelta della misura (il motivo di ricorso sul tema è in questa sede
assorbito dall’accoglimento della doglianza sulla gravità indiziaria).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame, con integrale
trasmissione degli atti, al Tribunale di Lecce (Sezione per il riesame delle misure
coercitive).
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1-ter disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20/3/2018.

Il Consigliere estensore
Pero Messini D’Agostini
Il Presidente
Dopribnico Gallo

del membro del sodalizio”.

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