Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15807 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15807 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DE SANTIS ANNA MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
ARTURI GIOVANNI n. a Coriglíano Calabro il 13/7/1979
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro, Sezione per il Riesame dei
provvedimenti coercitivi, in data 28/11/2017

-visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
-Udita nell’udienza camerale del 20/3/2018 la relazione fatta dal Consigliere Anna Maria De
Santis;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Felicetta Marinelli, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale del Riesame di Catanzaro, in riforma del
provvedimento del Gip del Tribunale di Castrovillari, sostituiva la misura della custodia
cautelare in carcere applicata nei confronti dell’Arturi per il delitto di estorsione in danno di
Terranova Natale con quella degli arresti domicílíarí.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’indagato a mezzo del difensore, deducendo con unico
motivo la mancanza di motivazione in relazione all’eccepita inutilizzabilità degli esiti della
1

Data Udienza: 20/03/2018

perquisizione personale eseguita dai CC di S. Marco Argentano. Rileva la difesa che nel
verbale redatto dalla P.g. è riportata una mera formula di stile senza alcuna specificazione in
ordine all’assolvimento dell’onere informativo posto a salvaguardia del diritto di difesa e il
Tribunale cautelare ha omesso di valutare l’eccezione e di darne conto in motivazione.
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Va preliminarmente ribadito che nel giudizio di cassazione il vizio di motivazione non è
denunciabile con riferimento a questioni di diritto, poiché queste, se sono fondate e disattese

violazione di legge, mentre, se sono infondate, il loro mancato esame non determina alcun
vizio di legittimità della pronuncia (Sez. 1, n. 16372 del 20/03/2015 , P.G. in proc. De
Gennaro, Rv. 263326; n. 49237 del 22/09/2016, Emmanuele, Rv. 271451).
Nella specie, l’eccezione di inutilizzabilità degli esiti della perquisizione personale è
palesemente destituita di pregio sia in ragione dell’avvenuto avviso della facoltà di farsi
assistere risultante dal relativo verbale che del consolidato principio secondo cui l’eventuale
illegittimità della perquisizione per l’omissione dell’avviso all’indagato di farsi assistere da un
difensore non inficia la validità dell’arresto in flagranza, operato all’esito dell’esecuzione
dell’atto, e del conseguente sequestro obbligatorio di cose costituenti corpo del reato (Sez. 4,
n. 16094 del 21/01/2009, Corja e altro, Rv. 243634; Sez. 3, n. 19000 del 13/01/2015, Cuffari,
Rv. 263556). Questa Corte ha, infatti , evidenziato che l’inosservanza delle formalità prescritte
dalla legge ai fini della legittima acquisizione della prova nel processo non è, di per sè,
sufficiente a rendere quest’ultima inutilizzabile, per effetto di quanto disposto dal primo comma
dell’art. 191 cod. proc. pen.. Ed invero, quest’ultima norma, se ha previsto l’inutilizzabilità
come sanzione di carattere generale, applicabile alle prove acquisite in violazione ai divieti
probatori, non ha, per questo, eliminato lo strumento della nullità, in quanto le categorie della
nullità e dell’inutilizzabilità, pur operando nell’area della patologia della prova, restano distinte
e autonome, siccome correlate a diversi presupposti, la prima attenendo sempre e soltanto
all’inosservanza di alcune formalità di assunzione della prova – vizio che non pone il
procedimento formativo o acquisitivo completamente al di fuori del parametro normativo di
riferimento, ma questo non rispetta in alcuni dei suoi peculiari presupposti – la seconda
presupponendo, invece, la presenza di una prova “vietata” per la sua intrinseca illegittimità
oggettiva, ovvero per effetto del procedimento acquisitivo, la cui manifesta illegittimità lo pone
certamente al di fuori del sistema processuale (Sez. U, n. 5021 del 27/03/1996, Sala, Rv.
204644).
Nella specie, pertanto, anche a voler in via di ipotesi accedere alla tesi difensiva che postula la
violazione

degli artt. 356 cod.proc.pen. e 114 Disp. Att., manterrebbe piena validità il

provvedimento di sequestro delle banconote provento del reato trovate in possesso del

2

stu

C

dal giudice, motivatamente o meno, danno luogo al diverso motivo di censura costituito dalla

ricorrente, esito che, peraltro, non sostanzia da solo il quadro di gravità indiziaria giacchè
l’azione delittuosa nella parte terminale è caduta sotto la diretta percezione degli operanti.
4. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo in considerazione dei
profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione.
P.Q.M.

e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2018
Sentenza a motivazione semplificata

Il consigliere estensore
Anna Maria e S ntis

Il Presidente
Omenico Gallo

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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