Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15801 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15801 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DE SANTIS ANNA MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
GRASSO PIETRO n. a Catania il 31/3/1983
avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catania in data 4/7/2017

– visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
– Udita nell’udienza pubblica del 20/3/2018 la relazione fatta dal Consigliere Anna Maria De
Santis;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale,Felicetta Marinelli, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore dell’imputato, Avv. Alberto Del Fabro , che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Catania confermava la decisione del locale
Tribunale che aveva riconosciuto il Grasso colpevole della ricettazione di due assegni bancari
di provenienza furtiva, posti all’incasso su un conto corrente aperto presso Banca Montepaschi
con il falso nome di Grassi Pietro n. a Catania il 25/3/1982, condannandolo -previo
riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648, comma 2, cod.pen., con il vincolo della
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Data Udienza: 20/03/2018

continuazione- alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 400,00 di multa con il beneficio
della sospensione condizionale.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore, deducendo:
2.1 la violazione dell’art. 161 cod.proc.pen.con riguardo all’illegittima notificazione della
citazione a giudizio presso il difensore d’ufficio e conseguente erronea indicazione dell’imputato
come assente nonché correlata carenza della motivazione La difesa deduce, riproducendo
l’eccezione già sollevata e disattesa dalla Corte d’Appello, la nullità della sentenza di primo

a norma dell’art. 161, comma 4, cod.proc.pen. a mani del difensore, a seguito della relata
negativa dell’ufficiale giudiziario, il quale aveva attestato che il prevenuto risultava sconosciuto
al domicilio dichiarato di Via G. Impallomeni, 29. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale
ha ritenuto la ritualità della citazione nonostante risulti in atti che egli aveva ricevuto a mani
proprie, al domicilio dichiarato, la notifica dell’avviso ex art. 415bis cod.proc.pen. e
successivamente dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado, circostanze che la
Corte non ha valutato e in ordine alle quali ha omesso la dovuta motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Va preliminarmente ribadito che nel
giudizio di cassazione il vizio di motivazione non è denunciabile con riferimento a questioni di
diritto, poiché queste, se sono fondate e disattese dal giudice, motivatamente o meno, danno
luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge, mentre, se sono
infondate, il loro mancato esame non determina alcun vizio di legittimità della pronuncia (Sez.
1, n. 16372 del 20/03/2015 , P.G. in proc. De Gennaro, Rv. 263326; n. 49237 del 22/09/2016,
Emmanuele, Rv. 271451).
3.1 Quanto alla dedotta violazione di legge deve ritenersene l’insussistenza dal momento che
l’Ufficiale Giudiziario ha ritualmente attestato l’impossibilità di notificazione al domicilio
dichiarato di Catania, Via Impallomeni 29, alla data del 25/11/2013, dando atto che l’imputato
risultava ivi sconosciuto ” come da informazioni assunte presso la signora Grasso Pietra che vi
abita”. La difesa non fa cenno della circostanza e detta omissione rende la censura generica,
minando l’assunto defensionale di una superficiale ricerca del notificando o addirittura il
sospetto di un’infedele relazione.
Alla stregua della relata negativa dell’ufficiale giudiziario risulta, al contrario, che la persona
rinvenuta nel domicilio declinava qualsiasi rapporto non solo di coabitazione ma anche di mera
conoscenza con l’imputato, rendendo di conseguenza impossibile la notificazione. L’infedele
dichiarazione resa dalla sedicente Grasso integra una condotta di rilievo penale in ragione

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grado per essere stata eseguita la notifica della citazione a giudizio nei confronti dell’imputato

dell’induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione del verbale d’accesso che ha
natura di atto pubblico.
Questa Corte ha, infatti, precisato che commette il reato di falso ideologico in atto pubblico
mediante induzione in errore del pubblico ufficiale colui il quale riferisce o comunque indica
all’ufficiale notificante circostanze non vere, in tal modo determinando un’errata relazione di
notifica (Sez. 2, n. 3993 del 03/12/2009, Melis, Rv. 246426; Sez. 5, 17.04.2002 n. 20120 ;
18.02.04 n. 13992).

luogo alla relata negativa e al conseguente perfezionamento della citazione a mani del
difensore, assume irragionevolmente la nullità dell’atto, facendo carico all’organo notificante
della malafede del soggetto convivente che con il suo mendace comportamento ha precluso la
consegna dell’atto al domicilio dichiarato. Al contrario in siffatto caso, l’attestazione del p.u.
circa l’impossibilità di notificazione rende del tutto rituale il ricorso alla procedura ex art.
161,comnna 4, cod.proc.pen., non potendo darsi rilievo al falso ostativo giacchè costituisce
preciso onere del notificando garantire le condizioni per la fruibilità del servizio di notificazioni
al domicilio dichiarato, rendendo edotti i conviventi della possibilità di accesso dell’Ufficiale
Giudiziario e dei relativi fini.
4. Per altro verso deve rilevarsi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di
notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179
cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o
quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a
determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato; la medesima nullità non
ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità
di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc.
pen. e comunque la decadenza dalla possibilità di farla rilevare oltre i termini previsti dall’art.
180 (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004 , Palumbo, Rv. 229539; Sez. 5, n. 8826 del 10/02/2005,
Bozzetti, Rv. 231588; Sez. 2, n. 35345 del 12/05/2010, Rummo, Rv. 248401).
Nel caso in esame non consta una tempestiva eccezione e la notifica della citazione a giudizio
effettuata presso lo studio del difensore di ufficio non è stata, comunque, inidonea a
determinarne la conoscenza effettiva da parte dell’imputato, considerato che il legale ha svolto
con continuità l’ufficio di difensore nel corso del processo, senza nulla eccepire, interponendo
appello e successivamente ricorso quale difensore di fiducia del prevenuto (Sez. 5, n. 37555
del 06/05/2015, Romano e altri, Rv. 265680; circa il legittimo utilizzo del parametro
dell’esercizio effettivo dei diritti di difesa al fine di riscontrare il rispetto dei limiti di deducibilità
della nullità o la sussistenza di una causa di sanatoria della stessa rilevabile da circostanze
obiettive di fatto desumibili dagli atti del processo, in motivazione Sez. U, n. 58120 del
22/06/2017, Tuppi, Rv. 271771).
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3.2 La doglianza del ricorrente, ‘ungi dal prendere atto della falsa dichiarazione che ha dato

5. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo in considerazione dei
profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma il 20 marzo 2018

e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.

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