Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 158 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 158 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Trapanotto Paolo avverso il decreto 16.7.2011 del GIP del
Tribunale di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in Camera di consiglio la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
lette le conclusioni del Procuratore Generale nella persona del dott. Alfredo
Montagna, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
osserva:
1- con decreto del 16.7.2011 il GIP del Tribunale di Messina disponeva de plano
l’archiviazione del procedimento nei confronti di Giuseppe Scandurra per i reati
di cui agli artt. 612, 646 e 640 c.p., instaurato a seguito di denuncia-querela
proposta da Paolo Trapanotto, nonostante la tempestiva opposizione di
quest’ultimo alla richiesta di archiviazione da parte del PM.
Il Trapanotto ricorreva contro detto decreto lamentandone la nullità per violazione
dell’art. 410 co. 3 0 c.p.p. per omessa fissazione dell’udienza camerale.
2- Il ricorso è inammissibile.
Alla stregua di diffuso orientamento giurisprudenziale di questa S.C., in presenza
di opposizione della persona offesa il GIP può disporre l’archiviazione con
provvedimento de plano ricorrendo due condizioni e cioè l’infondatezza della

Data Udienza: 27/11/2012

notizia di reato e l’inammissibilità dell’opposizione medesima dovuta o alla
mancata indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva e dei relativi
elementi di prova (cfr., ad es., Cass. n. 11524 dell’8.2.2007, dep. 16.3.2007; Cass.
n. 16505 del 21.4.2006, dep. 15.5.2006; Cass. n. 47980 del 1°.10.2004, dep.
10.12.2004; Cass. n. 23624 del 1 0 .4.04, dep. 20.5.04; Cass. n. 10682 del 5.2.2003,
dep. 7.3.2003; Cass. S.U. n. 2 del 14.2.96, dep. il 15.3.96) o al fatto che i nuovi

dell’accertamento penale.
Altro è — invece — la ritenuta superfluità delle ulteriori indagini, di per sé inidonea
a negare il contraddittorio mediante fissazione dell’udienza camerale (cfr., da
ultimo, Cass. Sez. III n. 9184 del 14.1.09, dep. 2.3.09)
In altre parole, il giudizio di inammissibilità dell’opposizione della parte offesa
alla richiesta di archiviazione può riguardare, oltre agli aspetti strettamente
formali, come la tempestività e la ritualità dell’opposizione, la pertinenza e
specificità degli atti di indagine richiesti, con riferimento sia al tema, sia alla fonte
di prova, restando — invece – preclusa una valutazione prognostica (effettuata de

plano, come nel caso di specie) della loro rilevanza ai fini della fondatezza della
notizia di reato, che va invece effettuata in sede di udienza camerale (cfr., ancora,
Cass. Sez. IV n. 34676 del 22.6.2010, dep. 24.9.2010).
Nel caso di specie il GIP, nel provvedere de plano, ha espressamente e
motivatamente escluso la specificità e la pertinenza dei nuovi atti di indagine
sollecitati dal Trapanotto: in particolare, ha negato la pertinenza di atti di indagine
intesi a cercare la presenza dei dipinti oggetto di appropriazione (secondo
l’impostazione accusatoria) da parte dello Scandurra, poiché ciò che è in
contestazione è la natura indebita della condotta lamentata dal querelante, non il
relativo fatto storico in sé.
Si tratta di rilievi in punto di diritto corretti, così come lo è l’affermazione — che
pure si legge nel decreto impugnato — secondo cui l’interrogatorio dell’indagato
non costituisce strumento di indagine, ma di garanzia e di difesa (cfr. Cass. Sez.
III n. 23930, del 27.5.10, dep. 22.6.10; Cass. Sez. VI n. 1783 del 19.12.05, dep.
17.1.06).
Infine, per quanto concerne le ulteriori indagini, esse sono state richieste in
maniera del tutto generica.

atti di indagine, pur sollecitati, tuttavia non hanno pertinenza e specificità ai fini

La motivazione resa dal GIP è immune da vizi logico-giuridici e non è scalfita
dalle censure mosse dal ricorrente.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della
Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in euro
1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 27.11.12.

principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

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