Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15753 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15753 Anno 2013
Presidente: COSENTINO GIUSEPPE MARIA
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Bencivegna Antonio, nato a Roma il 7.8.1950
avverso la sentenza del 20.9.2011, della Corte d’appello di Roma, 2
sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.B.Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
udito per l’imputato, l’avv. Roberto Castagna, che ha concluso per

Data Udienza: 21/03/2013

l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Bencivegna Antonio è stato condannato, dal Tribunale di Roma il
25.11.2010 ,con le forme del rito abbreviato e dalla Corte di appello
della stessa città ,con la sentenza indicata in epigrafe, per il reato di
usura continuata in danno di Marco Dioguardi, alla pena di giustizia,

3

secondo l’accusa che di seguito di riporta.
Del reato di cui agli artt. 81 cpv,644 co 1 e 5 nn.3 e 4 cod.pen. perché in
tempi diversi e con più azioni esecutive di un medesimo disegna
criminoso, in corrispettivo di quattro prestazioni di denaro per un totale
di 18.000,00 erogati a favore di Dioguardi Marco, titolare di una impresa
di pulizia, si faceva dare e promettere interessi usurari pari al 10 %
mensile e al 120 % annuo per un totale di interessi già erogati pari ad

Con le aggravanti di aver commesso il reato in danno di persona che si
trovava in stato di bisogno e che svolgeva attività imprenditoriale. Fatti
commessi a Roma dal dicembre 2004 all’agosto 2010.
Con i motivi la difesa di Bencivegna deduce:
1.1

la violazione dell’art.606 co 1 lett. e) cod.proc.pen. per mancanza,

illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine al rigetto della
richiesta di rito abbreviato condizionato, con conseguente richiesta di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Lamenta il ricorrente che
nessuna motivazione è stata resa sul punto dalla Corte di merito che si è
limitata a riportarsi alla decisione del GUP che ,però, nulla aveva
motivato;
1.2 la mancata assunzione della prova decisiva della prova dichiarativa
posto che il giudice di merito di entrambi i gradi, dopo aver negato
rilevanza decisiva alla prova richiesta dalla difesa ha ritenuto insufficiente
la prova relativa agli importi effettivamente e complessivamente versati
dalla persona offesa e sugli interessi usurari.
1.3 la violazione degli artt.266,271 e 273 cod.proc.pen. perché le
modalità di esecuzione delle intercettazioni telefoniche le rendono
inutilizzabili: esse,infatti, sono state determinate dal suggerimento della
P.G. che ha messo a disposizione le apparecchiature e così in violazione
della specifica normativa relativa alle intercettazioni telefoniche;
1.4 la violazione dell’art. 644 cod.pen. perché la Corte non ha valutato gli
elementi a favore dell’imputato quali l’assenza di movimentazione
bancaria che denotini le restituzioni oltre misura e conversazioni
telefoniche relative ai prestiti.

2

euro 70.000, 00.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile ,perché basato su motivi generici o
manifestamente infondati, tutti puntualmente rigettati dalla Corte di
merito, con motivazione che non merita censure in punto di illogicità
manifesta, contraddittorietà o carenza.

2.1 In ordine al rigetto dell’abbreviato condizionato (poi riproposto come
abbreviato semplice) La Corte di merito ha infatti escluso la rilevanza
della prova dichiarativa cui, in origine, era stato subordinato il rito
abbreviato, condividendo, per altro verso, la motivazione del primo
giudice che ha ritenuto la prova richiesta ( escussione di numerosi testi)
inconciliabile con le finalità di speditezza che devono contraddistinguere
la scelta del rito premiale. La motivazione del provvedimento impugnato
è congrua ed appropriata e non merita censure.
2.2 E’ manifestamente infondato anche il motivo di ricorso relativo alle
intercettazioni telefoniche perché, come ben chiarito in motivazione, le
registrazioni sono state effettuate dal denunciante Dioguardi ,dopo aver
sporto denuncia ed informato la RG. operante della sua attività. Pertanto
è risultato infondato l’ipotizzato capzioso aggiramento delle rigorose
prescrizioni codicistiche in materia di intercettazioni, alle quali l’Autorità
inquirente si sarebbe sottratta illegittimamente, posto che non vi è alcun
elemento in atti per dubitare dell’assoluta autonomia e spontaneità
dell’attività di registrazione del Dioguardi. Va anche rimarcato che,
comunque, i motivi di ricorso non pongono in dubbio il contenuto delle
conversazioni e si limitano a rilevare i soli pretestuosi e non fondati
aspetti formali sicchè rimangono acclarati

“i macroscopici connotati

usurari de/preteso interesse del 10% mensile…” (vedi pag.2).

2.3 Del pari manifestamente infondati sono gli ulteriori motivi di ricorso,
tenuto conto che la Corte territoriale ha ritenuto del tutto illogiche le
dichiarazioni del Bencivegna sulla pretesa gratuità dei prestiti effettuati al
Dio guardi, oltre che prive di qualsiasi attendibilità logica, attesa la
ripetitività dei prestiti, il loro dilungarsi nel tempo ed il significativo
importo complessivo e comunque smentite dai riferimenti fatti

3

VA

dall’imputato al tasso del 10% e alla mora, quali desumibili dal testo
delle conversazioni registrate. ( vedi pag. 3)
3. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile

:ai sensi

dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di

a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del
dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2013

Il Consi

Il Presidente

colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento

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