Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15752 del 28/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 15752 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: D’ARCANGELO FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bonanno Fabio, nato a Melito di Porto Salvo il 13/12/1983

avverso la ordinanza del 23/11/2017 del Tribunale di Reggio Calabria

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D’Arcangelo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Antonio Speziale, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la
domanda di riesame ed ha confermato l’ordinanza applicativa della misura
coercitiva dell’obbligo di dimora emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari

Data Udienza: 28/03/2018

del Tribunale di Reggio Calabria in data 16 ottobre 2017 nei confronti di Fabio
Bonanno, gravemente indiziato dei delitti di cui agli artt. 110 cod. pen., 2, 4 e 7
legge 2 ottobre 1967, n. 895, aggravati ai sensi dell’art. 7 del D.L. 13 maggio
1991, n. 159 (conv. in I. 12 luglio 1991, n. 203), per aver, in concorso con
Alessio Falcormatà, Daniele Nucera e Saverio Palumbo, illegalmente detenuto e
portato in luogo pubblico una pistola di caratteristiche e calibro non potutesi
accertare, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di rafforzare
l’organizzazione di tipo mafioso avente sede nel territorio di Brancaleone; fatto

2. L’avv. Antonio Speziale e l’avv. Pietro Modafferi, difensori del Bonanno,
ricorrono avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo tre
motivi e, segnatamente:

la violazione di legge e la insufficienza, la illogicità e la apoditticità della

motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza;

la carenza di motivazione relativa alla aggravante della finalità

agevolativa di cui all’art. 7 del D.L. 13 maggio 1991, n. 159 (conv. in I. 12 luglio
1991, n. 203), fondata su un dato supposto e non dimostrato;

la violazione degli artt. 274 e 283 cod. proc. pen. in quanto il Tribunale

del riesame non aveva indicato un solo elemento concreto dal quale desumere, a
distanza di sei anni dai fatti contestati, i requisiti della attualità e della
concretezza delle esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.

2. Con il primo motivo il ricorrente censura la violazione di legge e la
insufficienza, la illogicità e la apoditticità della motivazione in ordine alla
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il provvedimento impugnato non solo aveva omesso di esprimere una
autonoma considerazione delle risultanze investigative, ma aveva operato anche
un travisamento delle intercettazioni in atti.
In sede di interrogatorio di garanzia, infatti, il ricorrente aveva escluso sia
il possesso dell’arma che lo sparo, attribuendo il rumore captato e registrato
nella intercettazione ambientale prog. n. 2332 del 02/03/2012 alle ore 02:05,
eseguita sulla autovettura in uso a Saverio Palumbo, ad un urto dell’auto con
una ringhiera, provocato dalla guida “un po’ alticcia del conducente della stessa”.

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commesso in Brancaleone in data 2 marzo 2012.

Nel c.d. brogliaccio di primo ascolto, inoltre, non risultava alcun riferimento
a quel rumore, di seguito definito come uno sparo, e la genesi dello stesso
poteva essere, comunque, riconducibile a plurimi fattori (lo scoppio di uno
pneumatico di una altra autovettura o di un petardo) ignorati dal Tribunale del
riesame.
Il titolo genetico ed il Tribunale del riesame avevano, pertanto, identificato
il rumore registrato con uno sparo sulla base di asserzioni apodittiche, fondate,

4. Il motivo si rivela, tuttavia, inammissibile in quanto si risolve nella
sollecitazione a pervenire ad una diversa ipotesi ricostruttiva del fatto.
La valutazione del peso probatorio degli indizi è, infatti, compito riservato al
giudice di merito ed, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata
unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità
della motivazione.
Il controllo di logicità deve, infatti, rimanere “all’interno” del provvedimento
impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione
degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali
delle vicende indagate.
Sono, pertanto, inammissibili le censure che, pure investendo formalmente
la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle
circostanze già esaminate dal giudice ed è, parimenti, preclusa al giudice di
legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati
di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del
merito (ex multis: Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha, del resto, motivato
congruamente la propria valutazione, evidenziando come la identificazione del
rumore registrato nel corso delle intercettazioni ambientali con uno sparo fosse
pienamente congruente con il tenore dei dialoghi intercettati e, come, per
converso, fosse implausibile la spiegazione alternativa fornita dall’indagato, in
ragione della elevata velocità dell’autoveicolo in quel frangente.

5. Con il secondo motivo il ricorrente censura la manifesta illogicità della
motivazione della ordinanza impugnata relativamente alla ritenuta sussistenza
della aggravante della finalità agevolativa, fondata, ancora una volta sulla
utilizzazione di un dato probatorio supposto e non dimostrato.

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peraltro, su mere congetture.

Avendo, inoltre, la predetta circostanza natura soggettiva, doveva essere
apprezzata la sussistenza del coefficiente soggettivo della stessa in relazione a
ciascun concorrente.

6. Tale motivo si rivela infondato in quanto il Tribunale del riesame ha non
illogicamente rilevato, alla stregua delle espressioni dei coindagati captate nella
predetta intercettazione ambientale, come la condotta criminosa contestata si
inserisse nel contesto di una “consapevole azione volta a perpetrare

degli indagati.

7. Con il terzo motivo il ricorrente censura la violazione degli artt. 274 e
283 cod. proc. pen. in punto di esigenze cautelari, in quanto il Tribunale del
riesame non aveva indicato un solo elemento concreto dal quale desumere, a
distanza di sei anni dai fatti contestati, i requisiti della attualità e della
concretezza delle esigenze cautelari.

8. Tale motivo si rivela fondato e deve essere accolto.
Nella motivazione della ordinanza impugnata in punto di esigenze cautelari,
infatti, la considerazione dell’ampio lasso di tempo decorso dalla commissione
del fatto e della sua incidenza in ordine alla concretezza ed alla attualità delle
esigenze cautelari è, infatti, stata integralmente preternnessa dal Tribunale del
riesame.
Del resto, anche quando si procede per i delitti aggravati ex art. 7 D.L. n.
152 del 1991, conv. in legge n. 203 del 1991, per i quali opera una presunzione
“relativa” di adeguatezza della custodia in carcere, la considerevole distanza
temporale tra i fatti contestati e l’applicazione della misura costituisce elemento
che impone pur sempre al giudice di dare adeguata motivazione della
sussistenza della pericolosità sociale dell’indagato in termini di attualità (Sez. 6,
n. 27544 del 16/06/2015, Rechichi, Rv. 263942; sent. n. 27545/2015 e n.
27546/2015, non massimata).
Tale presunzione, infatti, così come disposto dal medesimo art. 275, cod.
proc. pen., può trovare contrasto in “elementi dai quali risulti che non sussistono
esigenze cautelari”, che sono desumibili anche dal tempo trascorso dai fatti
addebitati (Sez. 4, n. 20987 del 27/01/2016, C., Rv. 266962).
Anche in tali casi sussiste, pertanto, l’obbligo del giudice della cautela di
motivare puntualmente, su impulso di parte o d’ufficio, in ordine alla rilevanza
del tempo trascorso sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari (Sez. 6,
n. 25517 del 11/05/2017, Fazio, Rv. 270342; Sez. 5, n. 52628 del 23/09/2016,

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danneggiamenti”, espressione del controllo intimidatorio del territorio da parte

Gallo, Rv. 268727), segnatamente ove si tratti di un rilevante arco temporale
non segnato da condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità
(Sez. 6, n. 29807 del 04/05/2017, Nocerino, Rv. 270738).

3. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere accolto limitatamente alle
esigenze cautelari e deve essere disposto il rinvio per nuovo esame al Tribunale
di Reggio Calabria – Sezione del Riesame- perché proceda a colmare, nella piena
autonomia dei relativi apprezzamenti di merito, la indicata lacuna della

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e
rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Reggio Calabria – Sezione del
Riesame-.
Così deciso il 28/03/2018.
Il Consigliere estensore
Fabrizio D’Arcangelo

motivazione della ordinanza impugnata.

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