Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15750 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15750 Anno 2013
Presidente: COSENTINO GIUSEPPE MARIA
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Piccolo Giuseppe, nato a Polistena il 21.7.1970
avverso la sentenza n.539 del 2012 della Corte d’appello di
Catanzaro, II sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale, Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 5.4.2012, la Corte di appello di

Catanzaro , confermava la sentenza del Tribunale di Lametia Terme
, in data 23.1.2009 , che aveva condannato Piccolo Giuseppe e

Data Udienza: 21/03/2013

Ferrari Angelo per la ricettazione di 18 bovini ,in concorso tra loro e
concesse ad entrambi le attenuanti generiche li condannava alla
pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 2000,00 di
multa (jm 1.1 I due imputati erano stati trovati, il primo pomeriggio
dell’11.6.2004, DAI Carabinieri, a bordo di un autocarro di proprietà
del Piccolo, condotto dal Ferraro mentre trasportavano , senza

attestanti la proprietà di

bovini recanti i marchi auricolari
Silvestri Renzo. La Corte territoriale

respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di
sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo e la possibilità di
modificare l’imputazione ai sensi dell’art.712cod.pen. e confermava
le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui ascritti, ed equa
la pena inflitta.
1.2 Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo
del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame
con il quale deduce la violazione dell’art.606 co 1 lett. b) ed e)
cod.proc.pen. in relazione agli artt.110,648 code pen. e la mancanza
ed illogicità della motivazione perché i fatti, in ragione del
brevissimo arco temporale in cui si sono svolti, pari a sole nove ore,
ben potevano ascriversi ad un furto perpetrato dallo stesso Piccolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti
nel giudizio di legittimità.
2.1è principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità quello secondo
cui l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare
l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e
con l’ulteriore specificazione che l’illogicità censurabile è quella evidente,
cioè di spessore tale da risultare percepibile

ictu ocull (Sez. un.,

29.9.2003, Petrella; conf. SU n. 6402/97 rv 207944; SU n. 24/99 rv
2

documentazione al seguito, i

214794; SU n. 12/2000 rv 216260). Con la sentenza n.12 del 23.6.2000
( rv 216260) imp. Jakani , le Sezioni Unite di questa Corte hanno deciso
che: “In tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è
normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria
valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti
gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla
sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomenta tivo che la

ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo
del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato
dell’intelletto costituente un sistema logico in sé compiuto ed autonomo,
il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale
della sentenza in sé e per sé considerata, necessariamente condotta alla
stregua degli stessi parametri valutativi a cui essa è “geneticamente”
informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri. ”
2.2

Alla luce dei predetti principi giurisprudenziali ,il ricorso deve

essere dichiarato inammissibile: ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen.,
con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che
lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del

dictum

della Corte

costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa,
si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così d iso in ma, il 21 marzo 2013
Il Cons

tensore

Il Presidente
( G.M.Cosentin )

sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno;

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