Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1575 del 04/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1575 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CATANZARO
nei confronti di:
RENDA GIUSEPPE GELTRUDE N. IL 28/08/1950
avverso la sentenza n. 112/2010 GIUDICE DI PACE di VIBO
VALENTIA, del 08/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 04/12/2015

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza il Giudice di pace di Vibo Valentia ha
assolto Renda Giuseppe Geltrude dal delitto di ingiurie in danno di Pugliese
Antonino perchè il fatto non costituisce reato;

Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro evidenziando una
illogicità della motivazione e una violazione di legge circa la dichiarata
assoluzione, con particolare riferimento alla valutazione delle dichiarazioni della
parte offesa, costituita parte civile e comunque delle risultanze processuali
nonché alla sussistenza della scriminante di cui all’articolo 598 cod.pen.;
– che risulta, altresì, pervenuta memoria, redatta nell’interesse della
persona offesa con la quale si evidenzia l’ammissibilità del proposto ricorso;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto il primo motivo si
sostanzia in una contestazione in punto di mero fatto sulla pur esistente
motivazione dell’impugnata sentenza, che ha condotto alla mancata affermazione
della fondatezza dell’assunto accusatorio; il Giudicante ha ritenuto
sostanzialmente inattendibile la deposizione della parte offesa e dei testi di
riscontro, con ciò adempiendo al necessario dovere di motivazione;
– che, del pari, non sussiste alcuna violazione di legge nell’applicazione
della scrirninante di cui all’articolo 598 cod.pen. in quanto la motivazione
dell’impugnato provvedimento ha chiarito, in punto di fatto, il contesto nel quale
le espressioni vennero adoperate e pertanto, con particolare riferimento all’uso
del termine “killer”, la sua riferibilità non alle caratteristiche personali della parte
offesa bensì alla sua attività processuale tesa a non consentire l’esplicazione di
contrastanti attività defensionali; non esula, evidentemente, dai presupposti
indicati dalla giurisprudenza di questa Corte (v. la stessa Cass. Sez. V 24 giugno
2014 n. 32053 citata dalla parte offesa) la condotta posta in essere dal
ricorrente, che non si è estrinsecata in un insulto secco, proferito fuori da atti
procedurali di pertinenza dell’imputato e senza collegamenti a specifiche e
concrete argomentazioni difensive;
1

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il

- che, per concludere, la ritenuta inammissibilità del ricorso non comporta
le conseguenze di cui all’articolo 616 cod.proc.pen. a cagione della natura
pubblica della parte ricorrente;
P. T. M.

Così deciso il 4 dicembre 2015.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

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