Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15749 del 28/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 15749 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Marjanovic Uros nato in Serbia Montenegro il 14/02/1991
alias Duta Vasile
avverso la sentenza del 23/01/2018 della Corte d’appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gianluigi
Pratola, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato
la sussistenza delle condizioni per disporre l’estradizione di Marjanovic Uros
richiesta dal Governo della Serbia, in esecuzione del mandato d’arresto
internazionale a fini estradizionali emesso dall’A.G. di Serbia in relazione all’ordine
di carcerazione del 31 gennaio 2013 emesso dalla Prima Corte Primaria di Belgrado
(Serbia) per l’esecuzione della pena di anni tre di reclusione, inflittagli con la
sentenza n. K 3173/10 del 9 dicembre 2011 dell’Alta Corte di Belgrado (passata
in giudicato il 22 marzo 2012) per violazione della legge sugli stupefacenti (art.

Data Udienza: 28/03/2018

246, comma 1, codice penale serbo), segnatamente per detenzione di 22
confezioni contenenti complessivamente 6,74 grammi di eroina.

2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso Uros Marjanovic, a mezzo
del difensore Avv. Antonio Gugliotta, e ne ha chiesto l’annullamento per violazione
di legge processuale in relazione all’art. 705, commi 1 e 2 lett. c) e c-bis), cod.
proc. pen. Al riguardo, il ricorrente rileva che la Corte d’appello ha disposto la
consegna del Marjanovic senza valutare la sussistenza delle condizioni per

omettendo di verificare se le sue condizioni di salute consentano l’estradizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Giova premettere che, nel maggio 2013, la Serbia ha firmato la
Convenzione Europea di Estradizione del 13 dicembre 1957. Ne discende che,
trattandosi di estradizione esecutiva per l’estero nel regime di consegna
disciplinato dalla Convenzione europea di estradizione, è inibita ogni rivalutazione
del materiale probatorio che ha fondato la decisione esecutiva emessa dall’autorità
giudiziaria straniera, dovendo il giudice nazionale compiere un esame solo formale
del titolo esecutivo straniero (Sez. 6, n. 40036 del 02/11/2010, Malaj, Rv.
248524).

3. D’altra parte, la Corte territoriale ha esplicitato, con motivazione adeguata,
tutti presupposti per l’estradizione richiesti dalla citata Convenzione.
3.1. Preliminarmente, la Corte distrettuale ha rilevato che l’arresto del
consegnando è stato convalidato l’applicazione nei suoi confronti della misura
cautelare della custodia in carcere; che Marjanovic non ha dato il consenso
all’estradizione; che l’A.G. richiedente ha inviato tempestivamente la richiesta di
estradizione e che gli atti trasmessi sono stati tradotti in lingua italiana.
2.2. Indi, il Collegio capitolino ha rilevato come il fatto descritto nella sentenza
corrisponda al reato di traffico di stupefacenti punito dall’art. 246, comma 1, del
codice penale serbo e come sussista nella specie il requisito della doppia
incriminazione, trattandosi di fatto riconducibile all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990,
n. 309; come non vi siano dubbi circa l’identificazione dell’estradando quale autore
del reato; come non emergano elementi per ritenere integrata la violazione del
divieto di bis in idem; come non vi siano ragioni per ritenere che Marjanovic possa
essere sottoposto a discriminazioni ovvero ad un procedimento in violazione dei
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adottare la decisione, con particolare riguardo alla fondatezza dell’accusa, nonché

diritti fondamentali; come sussistano, pertanto, le condizioni per disporre
l’estrazione, spettando comunque al Ministro della Giustizia la valutazione circa
l’opportunità di dare o meno corso all’estradizione.

4. E’ inammissibile il rilievo concernente lo stato di salute.
4.1. Preliminarmente, va posto in luce come i motivi di salute non
costituiscano – secondo la disciplina della Convenzione europea di estradizione motivo ostativo alla consegna, potendo rappresentare causa di incompatibilità

disposto degli artt. 714, comma 2, e 275, comma 4-bis, cod. proc. pen.) ovvero,
nei casi più gravi, ragione di non trasportabilità del consegnando.
4.2.Tanto premesso, la deduzione si appalesa del tutto generica, là dove lo
stesso ricorrente non ha rappresentato, né tanto meno documentato (né nel corso
dell’udienza celebrata dinanzi alla Corte d’appello il 25 ottobre 2017, né con il
ricorso dinanzi a questa Corte), la sussistenza di condizioni cliniche danti luogo ad
una situazione di incompatibilità con la misura in atto ovvero di intrasportabilità.
D’altronde, dall’incartamento processuale emerge soltanto che il consegnando
è stato sottoposto, in data 18 gennaio 2018, ad un accertamento diagnostico, di
cui neanche il ricorrente ha rappresentato gli esiti.

5. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese
del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare
in duemila euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc.
pen.

Così deciso in Roma il 28 marzo 2018

della custodia cautelare in carcere disposta a fini estradizionali (giusta il combinato

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